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Finalmente “Tredici” è finita: chi muore, chi sopravvive nella serie che non rivedremo mai più

Verrà la morte e avrà la faccia impassibile di Clay Jensen: finalmente è finita “Tredici”, una delle serie più sopravvalutate della storia di Netflix. Quando debuttò nel 2017 sembra potesse aprire una finestra sui problemi dell’adolescenza, poi per fortuna è arrivata SKAM a far vedere a tutti come si fa.
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Frustrante. Se c'è una parola giusta da utilizzare, quella è frustrante. Guardare "Tredici" fino alla quarta stagione ha rubato fin troppo tempo all'esistenza di chi scrive, così tanto da dover dedicare una ‘cassetta' ad ognuno dei protagonisti, dietro e davanti la macchina da presa. Quando debuttò nel 2017 sembrava potesse in qualche modo aprire una finestra sui problemi dell'adolescenza, su quel perbenismo e quel malcostume tipico degli ambienti borghesi scolastici americani. Forte del successo del bestseller di Jay Asher dal quale è tratto, la prima stagione riesce a colpire e a far parlare di sé grazie al suo meccanismo: tutto è concentrato su Hannah Baker, la storia del suo suicidio, che ci viene raccontato da lei stessa in sette musicassette in cui spiega i tredici motivi del suo folle gesto.

Già all'epoca guardando "Tredici" ci sentivamo in "Beverly Hills 90210". E non era esattamente un buon segnale, visto che a 30 anni di distanza oggi si produce sull'argomento un capolavoro privo di qualsiasi retorica come "SKAM Italia". Così, "Tredici" perdeva via via i suoi pezzi continuando ad allungare un brodo già di per sé messo su con un dado e nulla più. L'ultima stagione prova addirittura a evolversi, raccontando l'ultimo anno delle High School e lasciando quindi i temi forti dell'adolescenza – bullismo, omofobia, violenza di gruppo – per entrare in una dimensione psicologica e paranoica, suggerendo allo spettatore di dubitare fino alla fine di ciò che sta guardando. L'unico dubbio resta quello a monte: perché abbiamo perso tutto questo tempo dietro a una serie come questa.

Ecco come finisce "Tredici"

Giusto per alleviare le pene e offrire un giusto servizio a chi non ha intenzione di perdere tempo, ecco come si chiudono le storie principali dei protagonisti rimasti in gioco. Tutta la stagione è incentrata sul funerale di uno dei personaggi, ma di chi si tratta lo scorpriremo soltanto alla fine. È Justin Foley (Brandon Flynn), che collassa al ballo della scuola dell'ultimo anno dopo essersi riconciliato con Jessica Davis (Alisha Bao). Scopriremo nell'episodio finale che Justin è risultato positivo all'HIV e che il virus velocemente non gli ha lasciato scampo. Justin è morto quindi di AIDS. Clay Jensen, l'assoluto protagonista della serie, troverà la sua pace interiore scegliendo di andare alla Brown University e lasciarsi il peggio alle spalle. Finale positivo anche per Tony (Christian Navarro) che si mette in viaggio per l'Università del Nevada. Jessica (Alisha Boe) scriverà un saggio sulla storia degli ultimi anni, sarà così convincente che le darà accesso alla prestigiosa Berkeley. A Zach (Ross Butler) viene offerto il posto di coach di football proprio dalla Liberty High School: offerta rifiutata, perché nel suo futuro c'è una scuola di musica. E tutti vissero felici e contenti, pare. Tranne noi.

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