Carlo Verdone: “Non riesco più a inventare nuovi personaggi. Oggi tutti uguali, tutti calciatori”
Dal 5 novembre è disponibile su Amazon Prime Video la serie Vita da Carlo, scritta e diretta da Carlo Verdone. Ospite nella redazione di Fanpage.it, il noto regista ha spiegato com'è nata l'idea per questa serie in streaming, ricordando il momento in cui gli è stata davvero proposta la candidatura a sindaco di Roma con proiezioni dell'80%. Una vita dedita al cinema, paralizzata dall'incapacità di non saper dire di no. Una riflessione partita dagli anni d'oro dei film con i suoi personaggi più amati (come Mimmo, Furio, Moreno, Ivano, etc..), che lo hanno consacrato al grande pubblico, fino ad arrivare al presente, un momento in cui ha sentito di dire basta a quel genere perché la sua maschera comica era ormai cambiata.
"Lo famo strano? No, lo famo sindaco". Fa ridere, ma la serie è tratta da una storia vera, la tua.
Ci sono tante cose in questa serie che appartengono veramente a me. Tante cose sono successe, tante cose sembrano scritte, inventate e non lo sono, sono vere. Io credo che la forza della serie sia anche il modo come recito io, non recito da attore, recito da uno dentro casa che si muove come io mi muovo, come io ragiono… Ho cercato proprio di eliminare ogni gestualità teatrale, ogni tempo teatrale, è tutto così vero, è tutto così..
Ti hanno veramente proposto di fare il sindaco di Roma, quando è successo?
So venuti in quattro portando dei sondaggi e io in conferenza stampa ho detto “avevo il 70% delle preferenze”, in realtà la persona che era venuta da me m’ha detto: “Carlo non ti ricordi bene, avevi l’80%”.
Ti ha accarezzato l'idea di candidarti?
Assolutamente no, nella vita si può fare un lavoro solo. Io so fare questo, basta. Gli altri possono essere degli hobby, come la fotografia. La passione per la medicina è un hobby, basta con la storia dell'ipocondria, per favore, io sono un appassionato di medicina e farmacologia privato.
L'80% dei romani voleva sindaco non un politico ma uno stimato regista. Ti sei mai chiesto il perché?
Penso mi vedono come una brava persona, io spero di esserlo. Con tutti i miei difetti, serio lo sono sempre stato con i miei amici, i miei figli, i miei parenti. Non mi sono mai sentito arrivato, non sono mai stato presuntuoso, non sono mai stato invidioso, sono solo sempre stato affascinato e innamorato della mia città.
Nella serie rimarchi una tua grande difficoltà, quella di non saper dire di no.
Mia madre me lo diceva sempre, prima che si ammalasse, nel lontano ‘82-’83: "Dici troppi sì, troppi sì a tutti”. Però sono fatto così, sono nato generoso e ogni tanto lo vado a pagare, perché poi quando arriva la sera penso a cosa ho fatto per me e deduco che non ho fatto niente, ho fatto tutto per gli altri.
Un attore non può fare il politico, ma a quanto pare i politici spesso si improvvisano attori.
Beh, ci sono dei politici che sono degli attori fantastici. Il governatore De Luca mi fa molto ridere, ha dei tempi da grande teatro napoletano, veramente straordinari. Io ho tentato di imitarlo da solo, a casa mia, non ci sono mica riuscito. I suoi tempi sono talmente anarchici che non c’è una logica, è solo sua, quindi è un grande interprete.
A interpretare i tuoi figli Paolo e Giulia ci sono Filippo Contri, che fa teatro e viene dal Grande Fratello, e Caterina De Angelis, figlia di Margherita Buy. Perché hai scelto proprio loro?
Esteticamente assomigliavano abbastanza ai miei figli. Sono due ragazzi che potrebbero avere un bel futuro davanti, in questo momento mi piace molto dirigere i giovani, perché se riesco a lanciare qualcuno per me è una grandissima soddisfazione. Abbiamo bisogno di ricambio generazionale, abbiamo bisogno di giovani attori, abbiamo bisogno di rinnovare tutto. Quindi fare con loro quello che Sergio Leone fece con me, nel lontano 1979, rappresenta una soddisfazione immensa.
Spazio anche all'amore: ti innamori di una farmacista. Credibile come nota autobiografica.
Sì, è successo davvero, tanti tanti anni fa, ma fu una cosa leggera. Più che altro tornava bene la farmacia per poter sciorinare la mia sapienza medica e e perché era molto plausibile che la farmacista potesse essere un personaggio che in qualche modo mi interessava, soprattutto se nella vita ha i modi e la grazia che ha Anita Caprioli (l'attrice che interpreta Annalisa, ndr).
Ti vengono richiesti "i personaggi" comici, mentre tu vorresti un cinema più d'autore. Come si fronteggia l'aspettativa del pubblico?
Io ho immaginato un produttore che mi chiede di fare "i personaggi" perché "la gente vò ridere” e io che gli rispondo che la mia maschera è cambiata, sto avanti con l'età, non è più giusto. È arrivato il tempo in cui ho voglia di fare finalmente un film d'autore, non comico. Se io rifaccio i personaggi me scavo la tomba, è finita quell'epoca. Con Grande grosso e Verdone, e con una grande performance mia e di Claudia Gerini, termina quella fase, c'è un momento per dire basta. Se vogliamo scherzare, in salotto te li faccio pure. ma in generale penso di aver dato il massimo che potevo dare, i film coi personaggi quelli sono.
Fatichi a vederti in un film con nuovi personaggi, ma è anche un problema di ispirazione?
La società attuale non ti dà più quelle sollecitazioni che ti arrivavano un tempo. Adesso c’è l’omologazione, sono tutti uguali: taglio di capelli uguali, tatuaggi uguali, colori uguali, scarpe uguali, sembrano tutti dei calciatori. Manca anche una certa creatività perché non c’è più aggregazione e condivisione. Tutti siamo a guardare il cellulare con la testa bassa e questo porta a parlare di meno, di conseguenza anche a creare di meno. Alla fine i personaggi nascevano soprattutto dalla periferia, quelli forti come Ivano, Moreno Vecchiarutti, i protagonisti di Troppo forte e Gallo Cedrone, perché la periferia è sempre stata un grande teatro della vita. Oggi siamo tutti più soli.
La periferia rispetto al centro città resta una priorità anche della tua immaginaria campagna elettorale. Perché?
Bisogna partire da lì per mettere a posto Roma, ma anche Napoli e tante altre città che hanno problemi. Il centro in qualche modo resta in piedi per i turisti, sono le periferie a soffrire le incurie, dove le persone non hanno i servizi, le strade sono rotte, i mezzi non arrivano. Chi riuscirà per primo a metterle a posto, a dare loro una dignità, allora sì che sarà un sindaco ben ricordato.
Credi in Roberto Gualtieri come nuovo sindaco di Roma?
Le premesse ci sono, vediamo cosa fa. Se riesce ad abbattere un po' di burocrazia, che è quella che rovina questo Paese e soprattutto questa città, già parte bene. Poi ci sarebbero la situazione stradale e anche dei trasporti, della manutenzione della città, insomma tutti temi prioritari.
La tua vita sembra un film, del quale per la prima volta fai fatica ad essere regista. Ci si stanca mai di essere Carlo Verdone?
Certo. Quando ho una serie di appuntamenti tutti in fila in un solo giorno, ecco io là divento matto, perché non ce la faccio più. Qualcosa dentro di me mi dice: “Fermati Carlo, non andare avanti così perché poi la pressione ti schizza avanti”. Con questo non mi lamento della mia vita, che è stata bellissima, mi ritengo una persona molto fortunata. Però c’è l’altra faccia della medaglia, che tu dai tutto per il tuo pubblico e alla fine resta molto poco per te, molto poco.
Vita da Carlo non ha un finale compiuto. Ci possiamo aspettare una seconda stagione?
Dipende da come va la serie, se la serie andrà bene, come tutti speriamo, ci sarà probabilmente una seconda stagione.