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Brunetta attacca ‘Che tempo che fa’: “Marchettificio di sinistra”

L’ex Ministro Renato Brunetta attacca, in un articolo su Il Foglio, il programma condotto da Fabio Fazio evidenziando lo squilibrio tra ospiti di sinistra e di destra nell’ultima stagione. La conclusione è che eluda le regole fondamentali del servizio pubblico e che sia un marchettificio.
A cura di Andrea Parrella
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E' un Renato Brunetta al vetriolo quello che attacca Fabio Fazio e la scuderia di Che tempo che fa, la trasmissione di Rai3 dagli ascolti record che lui descrive (non troppo lontano dalla realtà il suo ritratto) come culla della sinistra italiana, il salotto del conduttore dell'ultimo Festival di Sanremo (e pure del prossimo, secondo quanto confermato dai palinsesti Rai 2013/2014). L'attuale capogruppo alla camera del Pdl non lesina attacchi diretti, tra i quali va evidenziato un raffinatissimo vaffanbicchiere a Michele Serra, autore di punta della trasmissione e firma della celebre L'Amaca su Repubblica.

L'ex ministro, nell'articolo pubblicato da Il Foglio, fa un elenco degli ospiti dell'ultima stagione del programma rubricando ognuno di essi nella lista di uno schieramento politico e notando, con un po' di malizia (come se non fosse già evidente), che la prevalenza netta è della schiera proveniente, come dice lui, dal "Mar Rosso":

 In 60 puntate, dal 30 settembre 2012 allo scorso 26 maggio, i personaggi ospiti del programma sono così distribuiti: Partito democratico (inclusi due membri del governo Letta in quota Pd) 15. Sinistra ecologia e libertà (incluso il presidente della Camera) 3. Popolo della libertà (incluso un membro del governo Letta) 2 (due). Contando Cgil e Fiom (due) siamo 20 alla sinistra, 2 al Pdl. Questo senza contare per esempio Massimo Mucchetti, che al tempo era un giornalista “indipendente” e poi è diventato senatore del Pd, e Luigi Manconi, qualificato come sociologo e poi senatore Pd, e lasciando perdere per il momento gli intellettuali e gli uomini di spettacoli, pescati casualmente tutti nel Mar Rar Rosso.

Il presupposto del pezzo, titolato spassosamente "Inchiestina (con slide) sulla banda Fazio e sul marchettificio di ‘Che tempo che fa'", non ha solo come obiettivo quello di evidenziare la tendenza politica della squadra del programma, quanto più che altro indirizzare la questione sul versante del mancato rispetto delle regole, in base ad un criterio, quello del  servizio pubblico "il quale dovrebbe essere l’essenza della Rai, ed è normato da precise disposizioni che dovrebbero garantire la ‘par condicio', anche fuori dai periodi elettorali". Poi l'indirizzo principale della questione si sposta proprio su Michele Serra:

Piace qui ricordare questo suo aforisma: “Mi descrivo così: sono un giornalista dalla raffinata vena ironica. Sono anche autore televisivo di trasmissioni di successo. Un esempio? ‘Che tempo che fa’”. La raffinata vena ironica c’è senz’altro, e siccome se l’è presa tutta lui, noi ci accontentiamo di un prosaico e santoriano vaffanbicchiere. Comodo fare lo spiritoso con il canone di quelli che poi prendi per i fondelli con i tuoi moraleggiamenti del birignao.

Per non risparmiare proprio alcun membro della compagine, l'ex Ministro accusa di partigianeria anche Massimo Gramellini, vicedirettore de La Stampa ed ospite fisso del sabato sera di Fabio Fazio da oramai due anni. Arringa tentando di spostare l'attenzione ancora sull'irregolarità, l'asimmetria del programma rispetto ai presupposti base del servizio pubblico:

Gramellini è nel cast di una trasmissione dove il medesimo Fazio l’ha omaggiato di una pubblicità con un’intervista adorante che ha lanciato il suo romanzo (5 marzo 2012). (Il 17 febbraio del 2013 sarà lui a ricambiare intervistando Fazio e la Littizzetto sul loro successo a Sanremo, sempre a “Che tempo che fa”). Forse non è conflitto di interesse, ma senz’altro marchetta democratica. Il tempo che fa è roba loro, altro che servizio pubblico, e l’hanno fregato, con l’aria di fargli un piacere, a chi paga il canone.

In conclusione,  l'inchiesta di Brunetta porta alla luce poche notizie, nemmeno un fatto di cui non fossimo a conoscenza. Che la trasmissione di Fazio possa essere l'esemplificazione più pregnante di un raduno di centrosinistra solipsista, un po' chiuso in se stesso, che se la canta e se la suono in maniera auto-assolutoria non c'era un solo spettatore che non l'avesse notato. Chi lo guarda, lo guarda per questo. Sarebbe stato più interessante se si fosse chiesto per quale motivo piaccia a così tante persone incondizionatamente e se quella che lui definirebbe una asimmetria del servizio pubblico non sia figlia di altre asimmetrie che sono state citate più volte, fino alla nausea. In ultima istanza, è (quasi) universalmente riconosciuto che forse sia meglio una televisione che esprime il proprio parere, in luogo di una ansiosa di paventare formale par condicio e destinata ad essere, nella maggior parte dei casi, solo brutta.

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