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Attore di “Striscia” rischia il carcere: “Pagò tangente per denunciare caso di corruzione”

Un “infiltrato” chiamato dall’inviato Vittorio Brumotti a smascherare un caso di corruzione rischierebbe ora a sua volta due anni di prigione. Il reato contestato è il pagamento di una tangente per superare l’esame della patente C: l’avvocato difensore sostiene che non ci sarebbe stato dolo, perché lo scopo sarebbe stato denunciare le irregolarità di un’autoscuola.
A cura di Valeria Morini
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Una nuova vicenda giudiziaria coinvolge "Striscia la Notizia", a pochi giorni dalla comunicazione che gli ex inviati Fabio e Mingo compariranno presto in aula per contestare il licenziamento da parte del tg satirico (per presunti servizi truccati). Si parla ancora di tribunale, in merito al caso di un "infiltrato" chiamato a smascherare un caso di corruzione per conto del programma, che ora rischierebbe di essere condannato per lo stesso reato.

L'inchiesta fa parte di un maxi processo su "patenti facili" (un caso risalente al 2011) che si sta tenendo a Torino. Secondo Repubblica.it, la procura del capoluogo piemontese avrebbe chiesto una pena di due anni di carcere per un uomo di Settimo Torinese, ingaggiato da "Striscia" in un servizio condotto dall'inviato Vittorio Brumotti (che non è coinvolto nel processo). All'uomo verrebbe contestato il fatto di aver contattato un'autoscuola sospetta e offerto una tangente per ottenere illecitamente la patente C. L'attore sbagliò volutamente nove risposte del quiz su dieci all'esame, venendo comunque promosso (l'intera scena venne filmata con una videocamera nascosta) e a quel punto Brumotti si rivolse alla polizia per denunciare il fatto.

La giustizia torinese, però, ritiene che chiunque corrompa qualcuno commette un reato, anche se lo scopo è smascherare irregolarità altrui. Una tesi duramente contestata dall'avvocato difensore Antonio Mencobello:

L'unico problema di questa storia è che il mio assistito, una volta che le forze dell'ordine furono informate, sostenne anche la prova pratica di guida. Avrebbe dovuto rifiutarsi. Ma in questo modo avrebbe rovinato le indagini e il servizio. In ogni caso, non c'è corruzione perché non c'è il dolo.

Il pubblico ministero Andrea Padalino, invece, ribadisce che un caso di corruzione consumata non sarebbe giustificato da alcuna esigenza. Il video ripreso dall'uomo, peraltro non sarebbe stato trovato negli archivi di Mediaset, ma una copia custodita dalla polizia è stata proiettata al processo. La sentenza è prevista per il prossimo 24 novembre.

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