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Alla scoperta di FIL, un elogio alle teche Rai

Raitre da spazio ad un’idea saggia di riutilizzo delle teche Rai. Il lunedì sera, Felicità Interna Lorda propone lucidi ritratti di vicende socio-culturali che hanno caratterizzato la nostra storia: ci riesce facendo parlare le immagini, sfruttando il patrimonio più grosso che la Rai si ritrovi.
A cura di Andrea Parrella
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Non si vogliono fare confronti con l'uso istituzionale che si fa solitamente delle teche Rai e delle risorse di cui il servizio pubblico potrebbe disporre. Ciò che fu Dadada e oggi è il preserale di Raiuno Techetè, consiste in un esperimento popolarmente riuscito dell'uso prettamente finalizzato all'intrattenimento di tutto il materiale storico presente negli archivi. Se è attendibile dire che il risultato piaccia al pubblico, appare altrettanto vero che i documenti vengano usati come tappabuchi e soprattutto, come dice da tempo Aldo Grasso, che manchi un filo narrativo stabile nella composizione di questi collage, assemblati sulla base di una pura associazione di idee, per parole chiave. Cosa ben diversa vale per FIL-Felicità Interna Lorda (lunedì, Raitre, 23h10) il quale pare estremamente meditato e pesato nell'utilizzo dei documenti a disposizione. Viene scelto un argomento di natura sociale riguardante la nostra storia e il soggetto viene sviscerato per mezzo di filmati sapientemente collegati l'un l'altro, coadiuvati dal collante dei ragionamenti di Fausto Paravidino, uno dei tre autori del programma (gli altri due sono Peter Freeman e Roberto Torelli). Noto ai più come drammaturgo è capace a sintetizzare, con un eloquio raro ed enigamtico, concetti semplici intrisi di un sostrato di teatralità molto forte. Senza girarci attorno, pare un programma che funziona.

Non è solo ben scritto, ma percepisce furbescamente argomenti molto vicini al telespettatore,  sensibilizzandolo. Si è parlato di ambiente nella prima puntata, ieri invece è stata la volta di un excursus sul progresso (stasi?) della situazione sanitaria in Italia, dal dopoguerra ad oggi. Le immagini parlavano in luogo della narrazione: interviste a medici condotti degli anni '50, prima e dopo la "dismissione" della loro funzione, passando per confronti dialettici tra studenti di medicina Ciellini e Marxisti su questioni prettamente deontologiche; e ancora la legge sull'aborto, l'evoluzione dell'azione medica in direzione di un approccio preventivo più che curativo, la bonifica dei centri di igiene mentale in luoghi terapeutici (compresa una commovente intervista di Zavoli ad una donna sottomessa a gratuiti trattamenti di igiene, malata di quella che lei definiva una semplice delusione d'amore). In cocnlusione si parlava delle evoluzioni più recenti, compresi gli scandali che hanno caratterizzato i rapporti con le aziende farmaceutiche.

Per il nostro paese la sanità è ancora un elemento fortemente defaiante (sanità intesa non solo come assenza di malattia, Paravidino lo rammenta). Lo è in virtù della disorganizzazione, gli sprechi e, in certi casi, l'impossibilità di azione per motivi esogeni "manontroppo" al sistema. Questo problema, che pare francamente irrisolvibile, ci pone in una condizione di incolmabile svantaggio nei confronti degli altri stati europei, abili ad averci staccato ed essere andati in fuga permanente. Il livello del servizio sanitario, al pari dell'istruzione, è il primo indice di qualità di vita. Non è disfattismo, piuttosto constatazione. Il nostro sistema quasi costringe pochi medici ad essere eroi: ma fare il dottore è anche e "soltanto un mestiere", giusto per citare parole celebri, nonostante questo mestiere richieda un'etica fuori dal comune. Lunga vita a FIL, con un abile ready made ha elaborato un affresco vivo di questa situazione, l'ha fatto lavorando per sottrazione, limando, attingendo da un enorme risorsa che andrebbe sfruttata di più: le teche Rai.

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