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Alberto Angela rivela: “Nel 2002 ho rischiato di essere ucciso”

“Furono 15 ore terribili, da condannati a morte”. Il divulgatore scientifico, conduttore di “Meraviglie – La penisola dei tesori” attualmente in onda, ha rivelato che mentre si trovava in Africa per una puntata di Ulisse è stato rapito e picchiato da alcuni criminali nel profondo Niger: “Abbiamo rischiato di essere uccisi”.
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"Nel 2002 ho rischiato di essere ucciso". È il racconto di Alberto Angela, protagonista di una intervista esclusiva al settiamanale "DiPiù". Il divulgatore scientifico, conduttore di "Meraviglie – La penisola dei tesori" attualmente in onda, ha rivelato che mentre si trovava in Africa per una puntata di Ulisse è stato rapito e picchiato da alcuni criminali nel profondo Niger.

La rivelazione di Alberto Angela

"Furono 15 ore terribili, da condannati a morte". I lettori più grandi ricorderanno quella che fu una notizia che campeggiò a lungo nella cronaca nazionale. Era il 2002 quando Alberto Angela fu rapito da criminali del niger, derubati di ogni cosa, dalle attrezzature ai soldi, dalle fedi nuziali ai cellulari e i bagagli.

Ero con i sei operatori della mia troupe tra il Niger e l’Algeria, nel deserto, per girare una puntata di Ulisse, il piacere della scoperta. Dal nulla è uscito un veicolo velocissimo, dal quale sono scesi tre individui con turbante e occhiali da sole ma anche kalashnikov e pistole alla mano, intimandoci di fermarci. Ci hanno legato, picchiato per ore, interrogandoci e divertendosi a terrorizzarci. Prima ci hanno chiesto droga e alcol, poi ci hanno chiesto invece se fossimo delle spie. Abbiamo trascorso delle ore come dei condannati a morte, cercando di farci coraggio a vicenda. Sono state 15 ore terribili, da condannati a morte. Siamo stati tutti percossi, minacciati e poi derubati di tutto.

Quando Alberto Angela e la troupe rientrarono in Italia, all'aeroporto di Fiumicino ad accogliergli c'erano non soltanto i familiari ma anche alcuni dei funzionari Rai dell'epoca: "La notte è stata un po' da condannati a morte, pensavamo di non farcela, visto che a un certo punto ci avevano messo in fila come per fucilarci". Poi ci fu la liberazione, il giorno dopo.

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