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After Life 2, la recensione: la Fase 2 ha bisogno di Ricky Gervais

Ricky Gervais scrive, dirige e interpreta la seconda stagione della sua prima apprezzata serie – disponibile dal 24 aprile su Netflix – mantenendo intatta la velocità di crociera. “After Life 2” è sincero, come il sapore di un buon whisky delle Highlands scozzesi. Il pubblico più adulto della piattaforma sarà felice di goderselo d’un fiato in questa ‘Fase 2’ della pandemia.
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"Odio certe scemenze da pappemolli. Parlano di mascolinità tossica e dicono che gli uomini possono piangere. Ma possono anche sbronzarsi, calarsi e sbattersi una puttana da dietro in un vicolo. Ognuno ha il suo". "Mentiva per farmi comportare bene. Per farmici provare. Le donne sono migliori degli uomini. Cercano sempre di portarci ai loro standard". Questi due concetti antitetici su uomini e donne, sulla vita in generale, sono entrambi espressi in "After Life 2". E questo dice tutto dell'importanza che riveste questa serie che affronta, anche stavolta con estrema lucidità e franchezza, gli argomenti di discussione più scomodi.

Ricky Gervais scrive, dirige e interpreta la seconda stagione della sua prima apprezzata serie – disponibile dal 24 aprile su Netflix – mantenendo intatta la velocità di crociera. Un taglio mai scontato, un racconto profondamente umano che si sposta ulteriormente lungo tutto il carosello di personaggi che ruotano intorno al mondo di Tony. Dopo essere stato a un passo dal suicidio, il giornalista disilluso non ha ancora superato la morte di Lisa ma sembra finalmente aver trovato un punto di contatto con gli altri. Prima non desiderava altro che la morte di qualsiasi essere vivente, incluso se stesso, solo perché sopravvissuti al cancro di Lisa. Adesso Tony cerca di rendersi utile ai personaggi del suo micro-mondo.

Ecco perché, nei primi tre episodi dei sei disponibili diffusi alla stampa, Ricky Gervais affida i suoi pensieri più taglienti e affilati al resto dei suoi stra-ordinari personaggi. Sulla stessa lunghezza d'onda e sullo stesso ritmo della prima stagione – e questo è forse l'unico vero punto di debolezza – vediamo passare in rassegna le vicende del postino Pat e della prostituta Daphne, del cognato Matt, mollato dalla moglie, in cura dal bizzarro e inefficace psichiatra (lo straordinario Paul Kaye a cui sono affidati i pensieri sull'orgoglio della mascolinità tossica in apertura), fino al rapporto che Tony sviluppa con l'infermiera Emma, stuzzicata dall'interesse di un terzo incomodo, il bel Simon interpretato da Bill Ward.

"After Life 2" è sincero, come il sapore di un buon whisky delle Highlands scozzesi. Il pubblico più adulto di Netflix sarà felice di goderselo d'un fiato in questa ‘Fase 2'.

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