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Zoro 2011, su La7 il racconto di una rivoluzione aggirata

Diego Bianchi ci racconta e si racconta, ad un anno e più di distanza, come è cominciata, come si è sviluppata ed è stata arginata l’indignazione popolare che ha portato, nel 2011, all’apparente capolinea politico di Berlusconi.
A cura di Andrea Parrella
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Zoro

Good times for a change, si conclude sulle note degli Smiths Finale di partita di Zoro, all'anagrafe Diego Bianchi, autore e protagonista dello splendido documentario andato in onda ieri sera su La7 (di cui ci aveva già parlato in un'intervista a fanpage.it). E' un finale piuttosto amaro, coincide con le immagini della "festa" nelle strade di Roma, nei pressi del Quirinale, in quel giorno di novembre di un anno fa in cui Berlusconi rassegnava le sue dimissioni. L'apparente sobrietà che si trasformava progressivamente in gioia incontrollabile, quella dei tanti che si sentirono liberati da un peso che li attanagliava da anni.

Il documentario ripercorre tutta la scorsa annata, correndo appresso ad un treno che si percepiva avrebbe portato ad una pagina svoltata, passando dalle elezioni dei sindaci "arancioni" al trionfo dei referendum su acqua e nucleare, non dimenticandosi delle questioni "macro" (gli scontri estivi e post industriali di Manchester) che hanno fatto maturare il clima di insofferenza, concretizzatosi in Italia con l'atto dimostrativo di un crollo di governo pilotato. Lo sguardo di Zoro, aldilà della sua tecnica narrativa dall'efficacia disarmante (ti dice tutto facendo finta di parlare tra sé e sé), si concentra su una spaccatura evidente nell'Italia del 2011, dove un popolo sfociato in una rivolta sincera ed autentica, viene ricompensato con un contentino che, in fin dei conti, pare non avere nulla a che fare con la gente scesa in strada.

Almeno non pare che la rabbia di chi si sia incazzato sul serio abbia dato i frutti sperati, a fronte del governo subentrato che tutto pare, fuorché autentico. Ad un anno di distanza da tutto questo, la storia raccontata è di un'attualità disarmante, se non altro perché la si guarda sapendo ciò che è successo dopo. La liberazione non c'è stata, questo è il solo fatto che si può ascrivere sotto la voce certezze. Diego Bianchi è stato capace di narrarci quell'impercettibile sensazione di incompiutezza che ha invaso, dopo il momento stesso in cui è accaduto, l'animo di chi per anni ha creduto la caduta di Berlusconi come la soluzione ai problemi. Rendere la sensazione senza sentenziare e pontificare non è cosa da poco.

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