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Zero, la serie italiana di Netflix che dà voce all’invisibilità

Disponibile dal 21 aprile su Netflix, “Zero” è la nuova serie italiana prodotta da Fabula Pictures, che ha come protagonisti tutti ragazzi di seconda generazione. Una serie, il cui interprete principale, Omar, scopre di avere un superpotere: quello dell’invisibilità. Unendo i fumetti alla realtà della periferia milanese, Zero per la prima volta dà voce ai giovani che vogliono affermarsi, giovani che rivendicano il loro senso di appartenenza e che finalmente riescono ad emergere nella coltre di invisibilità da cui erano coperti. Ecco perché non potete perdervela.
A cura di Ilaria Costabile
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Se un giorno doveste scoprire di avere un superpotere quale vorreste? È una domanda alla quale Omar, il protagonista di Zero, la nuova serie italiana disponibile da mercoledì 21 aprile su Netflix, non si era mai posto, ma con la quale all’improvviso si è trovato a dover fare i conti.

Finalmente è arrivata sulla piattaforma streaming la serie annunciata già nel 2019 e ispirata al romanzo dello scrittore Antonio Dikele Distefano, “Non ho mai avuto la mia età”. Una serie importante perché ha come protagonisti ragazzi neri di seconda generazione, quindi nati e cresciuti in Italia, la cui voce per la prima volta si fa sentire, cristallina e potente in prodotto che parli di loro, ma rivolto a tutti. Perché, come ha spiegato l’ideatore della serie, Distefano, non è giusto parlare di “diversity” perché la tanto abusata diversità, dovrebbe essere semplicemente normale.

Ed è così che Zero fonde la realtà con la fantasia, ispirandosi al mondo del fumetto, di cui ricalca perfettamente la struttura: come ogni supereroe che si rispetti, anche il protagonista di questa storia vive con un grande vuoto e senso di colpa da dover colmare, grazie al quale, però, riuscirà a scoprire nuove e potenti parti di sé.

Omar, un bravissimo Giuseppe Dave Seke alla sua prima esperienza attoriale, è un rider (mai come quest'anno un simbolo) che vive con suo padre e sua sorella Awa (Virginia Diop) nel Barrio, un quartiere alla periferia di Milano. È un ragazzo timido, riservato che fa confluire nei fumetti, che realizza con passione, tutto il suo mondo, finché un giorno non è costretto ad aprire gli occhi perché proprio quel quartiere che è sempre stato solo un luogo, sta per diventare “la sua casa”, e necessita di essere salvato da chi vuole appropriarsene, come un manipolo di imprenditori senza scrupoli che puntano a danneggiare il Barrio.

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La trama è leggera, semplice e si snoda negli otto episodi che compongono la serie, mostrandoci le peripezie di Omar e il suo alter ego fumettistico, per l’appunto Zero, che per la prima volta impara a vivere le sue emozioni, scoprendo che sono proprio loro a far accendere la miccia del suo superpotere: l’invisibilità. Dall’amore per Anna, la canonica principessa bianca dei quartieri alti interpretata da Beatrice Grannò, alla condivisione di un obiettivo con i ragazzi del Barrio, la sua nuova famiglia, i suoi primi amici, questo giovane eroe contemporaneo riceve la spinta necessaria per uscire fuori dalla coltre di nebbia che lo aveva sempre nascosto e mostrare la sua personalità, nonché la sua incredibile voglia di darsi da fare per un “qualcosa di più grande”.

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Zero ci racconta la periferia, ci fa ricredere su quei falsi miti che forse abbiamo sempre, inconsciamente, avallato e per cui quel senso di comunità così potente e aggregante, non arriva in certi luoghi dove ognuno pare vivere per sé. Nel Barrio, che poi è la Barona milanese, invece, si avverte questo senso di appartenenza e Sharif (Haroun Fall, 25 anni, torinese), Momo (Richard Dylan Magon, palermitano, rapper e cantante R&B), Inno (Madior Fall, modello delle compagne di Emporio Armani e di Dolce & Gabbana) e Sara (Daniela Scattolin, già vista in diversi videoclip e film) ne sono la piena incarnazione. Nati e cresciuti lì, amici ma quasi fratelli, vogliono a tutti i costi salvare quel posto che li accolti e li ha fatti sentire protetti.

Sara, Inno, Zero, Sharif e Momo
Sara, Inno, Zero, Sharif e Momo

Qui sta la forza di Zero, realizzata da Menotti e Stefano Voltaggio, nella capacità di individuare nel luogo da sempre “ai margini” delle città la vera essenza di una casa, nell’aver dato voce a dei giovani che ci sono sempre stati, ma che per una annosa abitudine non sono mai stati considerati come avrebbero dovuto. Una serie, decisamente giovane, ma rivolta anche ad un pubblico più adulto, che si propone proprio questo: rendere l’invisibile visibile, usare il potere dell’invisibilità per essere più forti e capaci di sovrastare ogni tipo di egemonia.

Il racconto procede spedito, gli episodi si rincorrono l’un l’altro della durata di poco più di 20 minuti ciascuno, e anche questo è simbolo di immediatezza e velocità. Ma grande protagonista della storia è la musica. La colonna sonora scritta da Yakamoto Kotzuga detta il tempo della narrazione, un tempo veloce, che si conta nei brani degli artisti più amati del momento nello scenario musicale italiano, tra rap, urban, trap e R&B: daMahmood a Emis Killa, da Tha Supreme feat Mara Sattei e Coez a Madame; ma non mancano brani internazionali da Lil Wayne a Alborosie, da Amadou and Mariam feat. Manu Chao con Sénégal Fast Food.

Awa, il padre di Zero e Omar
Awa, il padre di Zero e Omar

Vediamo come Omar-Zero, quindi, prende coscienza di se stesso, dei suoi sentimenti, della sua forza da sempre nascosta, prende coscienza del suo ruolo e del suo potere. Un potere che, si scoprirà nel corso del racconto, non è estraneo ad altri membri della sua famiglia. Riaffiorano segreti, ricordi del passato che affollano la mente, insieme alla paura di non farcela, di scoprire una verità scomoda, come quella offertagli della misteriosa e sinistra Vergine, interpretata da Roberta Mattei. La serie si conclude improvvisamente, con una sterzata inaspettata verso uno scenario non ancora inesplorato che si chiama a gran voce una seconda stagione, sperando in un successo capillare nei 190 paesi in cui è distribuita dalla piattaforma con la produzione di Fabula Pictures.

Zero è la voce della novità, la voce al ritmo sostenuto del rap di una generazione che vuole farsi ascoltare, una generazione di giovani- a prescindere che essi siano di seconda generazione o meno- che vogliono dimostrare di poter fare la loro parte, di poter sconfiggere gli stereotipi e di poter vivere secondo le regole dell'inclusione, della condivisione dimostrandoci che, come sempre, è solo insieme che si ottengono i risultati che contano.

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