Vittorio Brumotti a Fanpage.it: “Così mi hanno aggredito a San Severo”
Questa sera a Striscia la Notizia andrà in onda il video completo dell’aggressione a Vittorio Brumotti nel quartiere San Bernardino di San Severo, in provincia di Foggia. Le immagini sono scioccanti: un pugno in pieno volto che è costato al biker un trauma facciale, una ferita profonda e trenta giorni di prognosi. A fanpage.it, Vittorio Brumotti racconta quei momenti e il senso del suo lavoro: “Alla fine dei conti, sono felice quando mi arrivano, attraverso i social e Striscia, più di 500 segnalazioni al giorno perché significa che stiamo lavorando bene”. Tra le notizie recenti, l’arresto del latitante Cosimo Gallace: “Noi con Striscia avevamo denunciato la presenza della statua di Sant’Agazio di fronte al municipio di Guardavalle, donata proprio dalla famiglia Gallace, poi rimossa”.
Vittorio, come stai?
Sto bene, ci vuole ben altro per buttarmi giù.
Proviamo a ripercorrere quello che è successo.
Eravamo da cinque, sei giorni sul posto ed ero lì per pedalare e raccontare una serie di cose ma, nel frattempo, mi avevano segnalato che nel quartiere San Bernardino di San Severo c’era questa piazza di spaccio. Non potevo far capire che ero lì a lavorare su altro e nel frattempo abbiamo mandato avanti i nostri collaboratori per vedere se e come avveniva lo scambio di droga con i pusher. E lì è successo qualcosa di diverso dagli altri luoghi.
Cosa?
I pusher e le sentinelle lavoravano liberamente, alla luce del sole, senza paura. Ti si avvicinavano normalmente: “Che vuoi? Vuoi fumo? Cocaina? Eroina?”.
E poi?
Ci svelano la casa dove troviamo ingenti quantità di droga, bilancini e strumenti classici che utilizzano i pusher. Operano vicino al bagno, così, in caso di arrivo delle forze dell’ordine, buttano via tutto con lo sciacquone. Di solito noi troviamo dai quattro ai cinque grammi, in quel caso c’era una tavola imbandita di ogni ben di Dio. A quel punto, abbiamo deciso di intervenire. Quando interveniamo lo facciamo per riappropriarci degli spazi pubblici. Io non vado in quei luoghi a istigare, non sono un provocatore: ci tengo all’incolumità mia e degli altri.
E come si presentava il posto?
Era un quartiere con tante case recintate e alcune avevano anche le telecamerine a ogni piano. Nei miei giri per il mondo, non ho visto questa organizzazione da nessun’altra parte. Quando sono uscito allo scoperto li ho trovati con i pitbull senza museruola. Eravamo io, armato di telecamera, con il mio operatore, e a un certo punto abbiamo visto arrivare gente da tutte le parti.
E ad attaccarti è stato lo spacciatore?
No, chi mi ha attaccato non è neanche lo spacciatore. Io sono rimasto calmo, ma mi sono ritrovato davanti questo personaggio con la tuta del Milan. Gli sono andato incontro con il mio modo di fare, con il sorriso, quando uno di loro è andato a prendere un pietrone per lanciarmelo in faccia. Così, scappando ho provato a rifugiarmi in una delle macchine della polizia, che purtroppo non era aperta. E proprio mentre scappavo questa persona mi ha colpito al volto con un anello, come si vedrà nelle immagini in onda stasera a Striscia la notizia.
Dalle immagini, c’era tanta polizia…
C’erano una trentina di agenti. Tutto è successo così velocemente, che neanche loro probabilmente sono riusciti a rendersene conto.
Cosa rispondi a quelli che dicono che un po’ te le cerchi?
Non sono un provocatore. Sono proprio i bravi cittadini, esasperati da queste situazioni di degrado, a contattarci perché non si sentono sicuri. E allora io intervengo per loro, per riappropriarci insieme di quegli spazi, anche solo per 5 minuti. L’unica cosa che mi fa male è vedere alcuni ragazzini, tanti giovani, che seguono cattivi esempi di persone come fossero eroi, veri duri. Chi fa quel lavoro lì o muore ammazzato o marcisce in galera o scappa come un topo.
È mai successo che qualcuno dei protagonisti di questi video ti abbia cercato per chiederti scusa?
Mai. In genere, li faccio sempre contattare, chiedendo le scuse al posto di proseguire con le denunce, ma hanno sempre fatto peggio. Anche ai processi, quando a volte mi presento, i parenti mi attaccano ancora. “Porgi l’altra guancia” è il mio stile di vita, continuo ad andare avanti così.
Per quel che vale, hai la nostra solidarietà.
La mia solidarietà invece va a quei giornalisti di penna dei piccoli paesi che firmando un piccolo trafiletto si espongono contro le mafie, senza nessuna tutela. Sono loro i veri outsider, rischiano licenziamenti, ritorsioni per loro e per le loro famiglie, consumano le scarpe come diceva Indro Montanelli, a girare e a stare sul campo.