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Vera storia di Renato Carosone: le canzoni, l’amore per la moglie Lita e il segreto del figlio Pino

La vera storia di Renato Carosone è raccontata in parte nel film tv di Rai1 Carosello Carosone con Eduardo Scarpetta. Ripercorriamo le tappe salienti del successo e della vita privata del compositore, pianista e cantante che ha regalato all’Italia e al mondo canzoni napoletane eterne come Tu vuò fà l’americano, Torero, Pigliate ’na pastiglia, Caravan Petrol e O’ sarracino.
A cura di Daniela Seclì
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Giovedì 18 marzo, Rai1 celebra il genio di Renato Carosone con il film Carosello Carosone. Diretto da Lucio Pellegrini, vede l'attore Eduardo Scarpetta (qui trovate l'intervista) nei panni del protagonista. Con successi immortali come Tu vuò fà l’americano, O’ sarracino e tanti altri, Renato Carosone ha accompagnato gli italiani del secondo dopoguerra, che si stavano rimboccando le maniche per tentare una rinascita. Ripercorriamo le tappe salienti della carriera e della vita privata del Maestro che si rivolgeva alla musica chiamandola "Madre mia".

Gli esordi e gli anni lontano dall'Italia

Renato Carosone, all'anagrafe Renato Carusone, è nato a Napoli il 3 gennaio del 1920, da Antonio e da Carolina Daino. Era il primogenito. Dopo di lui, la coppia ha avuto altri due figli: Olga e Ottavio. Sin da bambino, Renato ha mostrato un'inclinazione per la musica e in particolare per il pianoforte. Non sorprende, dunque, che i suoi studi siano andati in quella direzione. Crescendo, infatti, si è diplomato al Conservatorio San Pietro a Majella a Napoli. Dopo avere conseguito il diploma, è partito per l'Africa Orientale Italiana. Inizialmente, non ottenne grandi soddisfazioni. Gli italiani che erano lì per lavoro, non riuscivano ad apprezzare la musica della compagnia in cui Carosone suonava. Molti dei musicisti tornarono in Italia. Lui decise di restare ancora un po' in Eritrea, dove trovò l'amore.

La vita privata: il matrimonio con Italia Levidi

La famiglia di Renato Carosone. Foto per gentile concessione di Sandrino Aquilani e Carosone.it
La famiglia di Renato Carosone. Foto per gentile concessione di Sandrino Aquilani e Carosone.it

Carosone decise di non darsi per vinto. Si recò ad Asmara e venne incaricato di suonare il pianoforte in un'orchestra. Al Circolo Italia, dove si esibiva, conobbe la talentuosa e affascinante ballerina Italia Levidi, che da tutti veniva chiamata Lita. L'artista se ne innamorò perdutamente e fu, dunque, molto felice di vedersi ricambiato. I due convolarono a nozze il 2 gennaio 1938, in Eritrea. In particolare, la cerimonia si tenne a Massaua. A questo punto, la vita privata di Carosone si tinge di un piccolo mistero. Tutti, infatti, sono convinti che solo un anno più tardi, il 28 maggio del 1939, sia nato il loro figlio Giuseppe detto Pino. In realtà Pino, diventato poi un ingegnere elettronico, ha svelato solo in occasione della realizzazione della fiction Carosello Carosone, che sebbene lui porti il cognome dell'artista – Carusone – non è figlio di Renato. Pino Carusone è nato dalla relazione di Lita con un altro uomo. Quando il compositore conobbe la donna che poi sarebbe diventata sua moglie, Pino aveva già cinque anni. Carosone, però, lo accolse come fosse figlio suo e gli diede il suo cognome, senza svelare mai la verità.

I più grandi successi di Renato Carosone

Alla fine della guerra, Renato Carosone, la moglie Lita e il piccolo Pino tornarono finalmente in Italia. L'artista venne chiamato a esibirsi in un prestigioso locale di Napoli insieme al chitarrista Peter Van Wood e al batterista Gegè Di Giacomo. Così, nacque il Trio Carosone. Stavolta, la sua musica venne apprezzata e in breve tempo ottenne il grande successo che da sempre meritava. Fondamentale fu l'incontro con il paroliere Nicola Salerno, conosciuto come Nisa. Fu così che nacquero quelle canzoni che ancora oggi sono nel cuore degli amanti della musica napoletana sparsi nel mondo. Videro la luce, brani come Tu vuò fà l’americano, Torero, Pigliate ’na pastiglia, Caravan Petrol, O’ sarracino. Seguirono tournée talmente intense che l'artista disse "il nostro tempo libero era quando dormivamo". Portò la cultura e il brio della canzone napoletana in giro per il mondo, suonò a Cuba, a Caracas e persino alla “Carnegie Hall” di New York.

Perché decise di ritirarsi

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Intanto, gli anni '60 erano alle porte e con loro nuove influenze musicali e l'idolatria per i Beatles. Carosone, nel pieno del successo, stupì tutti annunciando nel corso della trasmissione "Serata di gala" di volersi ritirare. Era settembre del 1959, quando spiegava: “Preferisco ritirarmi ora sulla cresta dell’onda, che dopo assalito dal dubbio che la moda jè-jè e le nuove armate in blue jeans possano spazzare via tutto questo patrimonio accumulato in tanti anni di lavoro e di ansie”. Intendeva ritirarsi prima che il pubblico che tanto lo amava, si stancasse di lui. In un'intervista a Oggi, assicurò di aver seppellito "il personaggio che avevo cominciato a fare di me fin dall’età di diciassette anni". Si diceva pieno di gioia all'idea di poter finalmente festeggiare Natale e Pasqua con la sua famiglia. Nella sua autobiografia intitolata "Un americano a Napoli", approfondì ulteriormente le ragioni della sua scelta: "Ero stanco di una vita ingabbiata dalla routine". Restò lontano dalle scene per quindici lunghi anni. Poi, cedette alle insistenze e tornò con un grande show trasmesso dalla Rai "Bentornato Carosone". E seguirono nuovi album e anche la partecipazione al Festival di Sanremo.

La malattia e la morte il 20 maggio 2001

A causa dell'enfisema polmonare, Renato Carosone vide vacillare le sue condizioni di salute. Era il 20 maggio 2001, quando l'Italia si svegliò con la triste notizia della sua morte. Il cantautore si era spento nel sonno. Al suo funerale, gli resero omaggio non solo i volti più rappresentativi del panorama musicale italiano, ma anche le tantissime persone cresciute con la sua musica. Gegè Di Giacomo raccontò a Repubblica:

"Siamo rimasti amici anche quando non abbiamo più suonato insieme. L'ultima volta l'ho sentito dieci, quindici giorni fa e ad un certo punto non ha parlato più, mi ha lasciato al telefono perché non si era sentito bene. La sua opera è destinata a restare nel tempo. Anzi, l'ha già vinta la battaglia del tempo: tutti ne riconoscono la grandezza, anche jazzisti e rockettari di oggi. Come solo i veri artisti riescono a fare, piace a giovani e vecchi, aristocratici e popolani".

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