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Toto Cutugno: “Non mi sento amato in Italia, mai considerato un vero cantautore”

Ospite del programma di Rai3 “La mia passione”, il cantautore si è raccontato a Marco Marra, non negando un certo risentimento per il modo in cui è da sempre stato accolto dalla critica italiana: “mi hanno sempre accusato di fare canzoni popolari e ruffiane”.
A cura di Andrea Parrella
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Il rapporto con l'Italia di Toto Cutugno è sempre stato complicato. Paradossalmente, l'autore celebre soprattutto per una canzone che celebre il popolo italiano, e che con la sua musica si è attestato come uno degli artisti italiani che ha venduto di più nel mondo, ha sempre riconosciuto qualche difficoltà ad essere accolto ed apprezzato adeguatamente dal pubblico e soprattutto dalla critica italiana. Una cosa che, pur se con una certa riluttanza, ha ribadito anche nell'intervista rilasciata a Marco Marra nel programma "La Mia Passione", andato in onda su Rai3:

Non sono mai stato considerato un cantautore vero. Non mi sento amato in Italia, se vuoi la verità. Perché mi hanno sempre accusato di fare canzoni popolari e ruffiane. Una volta a Sanremo un giornalista mi chiese ‘senta, lei ha fatto Figli, Le Mamme, quand'è che fa una canzone sulle nonne?'. Lo mandai a quel paese, mi vieni a prendere in giro quando Le Mamme l'ho scritta per mia madre che non c'era più e Figli l'ho scritta per Nico, mio figlio appena nato. Cioè, ma voglio dire, andate a vedere il succo di quello che uno scrive.

Toto Cutugno appartiene anche alla storia della manifestazione canora più nota d'Italia, il Festival di Sanremo, manifestazione alla quale ha partecipato, da solo, in coppia o in gruppo, per 15 volte, vincendo una volta, arrivando sei volte al secondo posto e due al terzo. Il suo successo internazionale lo ha visto spopolare in Canada, in Russia e in tutti quei paesi nei quali ha trovato grandi comunità di italiani all'estero che hanno contribuito al suo successo. La stessa "L'Italiano" è nata proprio in occasione di un suo concerto in Canada. Lui stesso ha raccontato di aver dato vita alla celebre canzone proprio durante un suo concerto, accennando quel motivo che sarebbe poi diventato un pezzo memorabile della storia della musica italiana.

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