Torna Pechino Express, quel “qualcosa di diverso” che salva il reality
Orfana com'è del reality nudo e crudo, ruspante come lo erano tutti quelli della schiera originaria, da qualche tempo va diffondendosi in televisione l'abitudine alla ricerca di format alternativi, fondati su criteri diversi ma uguali, che il trash spinto di una volta si orientino a sublimarlo, guardarlo con interesse antropologico. Ad esempio, da due anni a questa parte, così come in altri paesi del mondo, è molto di moda ritenere Pechino Express "qualcosa di diverso", una sorta di reality che guarda a sinistra (da non intendere in un'accezione "parlamentare", ma culturale. La tv italiana è solita fare questa distinzione, palesemente distorta: il guardabile è di sinistra, il resto no). In poche parole quella che dovrebbe essere l'attenuante al trash di cui sopra e che mette il telespettatore in condizioni di dire che non sia uguale a tutti gli altri. Al punto da beccarsi una denominazione differente: lo chiamano Adventure Game.
Ieri è partita la seconda edizione di Pechino Express, condotta da Costantino della Gherardesca. C'era grande aspetativa per la ripartenza del programma, atteso com'era dai molti spettatori rimasti orfani alla fine dell'autunno dell'anno scorso. Le differenze si notano a primo impatto, i ritmi sono differenti, è differente soprattutto il linguaggio della conduzione (una nota di merito che al conduttore va indispensabilmente riconosciuta). Non è ancora chiaro lo spessore dei concorrenti (ecco la scheda completa delle otto coppie le coppie di concorrenti), ammesso che ce ne siano di interessanti forse è presto dirlo dopo una sola puntata. Fatto sta chegli ascolti di ieri sera si sono dimostrati altamente soddisfacenti.
Personalmente, e non credo di essere stato il solo, mi sono sempre chiesto come funzionerebbe Pechino Express, quanti passaggi gratuiti reali si beccherebbero i concorrenti, se non avessero un operatore con telecamera appresso che fa capire agli autoctoni di essere protagonisti di un programma televisivo. Quella situazione richiede che la credibilità, la capacità di stare davanti alla camera dei protagonisti sia esponenzialmente maggiore. Sarebbe di certo molto più complesso da realizzare, ma in compenso molto più intrigante, se le telecamere fossero nascoste.
A ragione si potrà dire che la visione di Pechino Express, specie con il cast di questa seconda edizione, sia preferibile a molti obbrobri gratuiti visti nel recente passato, e non solo recente. E' quanto mai vero. Tuttavia, guardandolo ieri sera la sensazione personale mi ha riportato al ricordo, negli intenti, di quei film erotici trasmessi a fine anni '90 sulle reti locali, equivalente censurato di veri e propri porno, nei quali di fatto non veniva mostrato nulla perché censurati. Ecco, l'operazione televisiva del reality di sinistra pare esattamente questa, la ricerca di un surrogato del reality originale costruito per essere "guardabile". Detto in soldoni: un reality vedo/non vedo.