Ti lascio una canzone: ometti e barbie che scimmiottano in lacrime
Come avete passato la vostra infanzia? Quali erano le vostre preoccupazioni, quali i vostri problemi? Si litigava, si rideva, si socializzava, a volte si finiva in punizione, altre volte sgridati dai genitori o bacchettati dai maestri. Un'epoca felice dove tutto è concesso, dove la vita è ingenuità e spontaneità. Situazione diametralmente opposta a quella di un adulto che oggi deve fare i conti con i problemi della vita quotidiana, dalla crisi economica alla mancanza di un'occupazione. La scuola spesso vi portava a detestare i "professori" che, in qualità di educatori-domatori, tenevano rinchiusi in "gabbia" i poveri malcapitati, gli studenti. Eppure c'è chi queste piccole emozioni non ha potuto provarle, e per colpa di chi? Di un sistema perverso, delle logiche commerciali, dei signori della tv che non guardano in faccia a nessuno. Ma la colpa principale rimane in mano ai genitori: mandano allo sbaraglio i loro figli con la scusa di farli emergere (ma a 7 anni?), di lasciarli cantare (ma non possono farlo a casa?), di far trasparire le loro emozioni (quali?).
Un gioco al massacro per i più piccoli che si trovano all'improvviso sotto i riflettori, criticati, guardati da tutti e quindi "giudicati" a colpi di pseudo-voti, pongo-regolamenti e pseudo-percentuali. Personalmente ho sempre detestato e criticato duramente tutti quei programmi che "giocavano" con la spontaneità dei più piccoli per acchiappare ascolti e fare cassa. Fino a quando era Mediaset a farlo (ad esempio con Chi ha incastrato Peter Pan?), poteva passare, si tratta in fondo di una tv commerciale che deve soddisfare i propri investitori, ma quando è la Rai a superare ogni limite, non c'è più spazio a giustificazioni. Basta con questo scempio, basta giocare con i più piccoli per fare breccia sul pubblico. "Io Canto" è riuscito a sfornare qualche talento, la conduzione di Gerry Scotti è sicuramente gradevole ma sempre di una gara tra giovanissimi si tratta. Sulla scia del successo del programma di Canale 5, anche Ti lascio una canzone ha cambiato volto: da gara di canzoni a talent show (qui la Clerici contro Io Canto). Un mix tra Amici e X Factor. Un minestrone riscaldato da far paura.
Ti lascio una canzone che è riuscito a far piangere una bambina, situazione subito commentata da Pupo che ha parlato di "condizione psico-pedagogica", come per dire lasciamola piangere, tanto fra un po' dimenticherà tutto. Altro che volemose bene, altro che clima di festa, questa è una sfida tra "ometti" e "barbie" che scimmiottano sul palco e che si atteggiano a grandi (come direbbe il collega Carmine Castoro nel suo libro "Maria De Filippi ti odio"), cantando brani da grandi e vestendosi come delle vere e proprie star. Anzichè perdere del tempo a rinforzare le casse in rosso della Rai (un esercito di duemila precari è a rischio a Viale Mazzini), perchè non lasciarli a casa a studiare? Perchè non lasciare che si divertano con i propri amici? Fa ribrezzo – consentitemelo – vedere piccoli ed ingenui bambini, vittime dei loro genitori e della logica dello share, vestiti come se dovessero presenziare una serata di gala. Già "vecchi" e già vittime di un sistema che concede facilmente pseudo-popolarità a giovani promesse della musica, semplicemente illudendoli e giocando con i loro sogni: peccato che dopo due mesi non li ricorderà più nessuno. E quando i riflettori si spegneranno e i bambini non saranno più al centro dell'attenzione, chi spiegherà loro che è tutto finito o che sono "poco talentuosi"?
Un sistema che continua a far credere che la musica passi dalla tv: non c'è niente di più falso. Ci sono cantanti che fanno televisione ed altri che fanno musica e – sia chiaro una volta per tutte – sono due lavori diversi. Non può un "democraticissimo" televoto (come direbbe Vittorio Feltri) decidere chi ha talento e chi no, chi merita il successo e chi no. In ogni caso gli italiani hanno preferito le lacrime delle "lettere" di Maria De Filippi! Chi è causa del suo mal pianga sè stesso, diceva mia nonna.