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The Voice Of Italy: poche luci e poche ombre, manca un Morgan

Il nuovo talent di Rai2, condotto da Fabio Troiano, ha pregi e difetti. E’ nel complesso una buona idea che manca del quid per irrompere sulla scena mediatica, ma conserva elementi di novità interessanti: la centralità della voce, la musica dal vivo, l’assenza di “casi disperati”.
A cura di Andrea Parrella
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Chiariamolo subito:  The Voice Of Italy (qui la nostra diretta dell'intera puntata) va in onda in una serata potenzialmente drammatica per i dati d'ascolto, l'unico elemento che a conti fatti tiene in piedi un programma. Basti pensare che per l'esordio, contemporaneamente, c'erano le suore capitanate da Elena Sofia Ricci su Rai1, Benvenuti al Sud su Canale5 e Servizio Pubblico su La7. Un campo minato in cui non serve un titolo di studi scientifici per immaginarsi lo spazio ristrettissimo di pubblico nel quale il talent di Rai2 dovrebbe andare ad incunearsi. Detto ciò, augurandoci che la rete non applichi nei confronti di The Voice Of Italy lo stesso criterio che ha utilizzato per (uno su tutti) Rai Boh di Facchinetti, cerchiamo di capire i pregi e i difetti di questo nuovo ed ennesimo talent importato (più che importante).

L'idea c'è – Sappiamo bene che il panorama del reality show sembra aver esaurito le fonti dopo un decennio di luci e ombre (più le prime che le seconde). Anche quello del talent, passato sotto forme molteplici, pare lentamente avviarsi verso il tramonto. E The Voice racchiude in sé l'ultimo scampolo di novità, il solo mancante rispetto al già visto, che poteva rendere un format atipico, se paragonato agli altri. I giudici ci sono, le frasi dette per esaltare un concorrente preso e per giustificarsi dinanzi ad uno scartato sono le solite, il pubblico di parenti o folli scalpitanti pure non manca. Ciò che rende il format sui generis è certamente l'oggetto centrale della sua nomenklatura: la voce. Non vedere un artista mentre agisce sul palco può essere limitante da un lato, al contempo annulla logiche basate sull'estetica.

I giudici – Il valore emerito di Riccardo Cocciante e Raffaella Carrà non può essere messo in discussione, previo condanna diretta presso la corte di cassazione. Anche Noemi e Piero Pelù fanno la loro parte. Eppure risulta necessario sottolineare quanto l'impostazione di questa tipologia di programmi, in Italia, soffra di un grosso termine di paragone, che è quel XFactor targato Morgan. La narrazione della trasmissione Sky aveva infatti come luogo d'approdo, punto di fuga, snodo primario, proprio l'ex cantante dei Bluvertigo, abile a saperci mettere del suo e fugare nel modo più intelligente la banalità. In questo format nessuno dei quattro "coach" pare avere quella stessa abilità dialettica, né tanto meno la presenza scenica. Magari si commette un errore, ma in casa nostra questo topos televisivo dovrà sempre confrontarsi con uno scomodo termine di paragone: The Voice Of Italy, ammesso che lo cerchi, il suo Morgan non ce l'ha.

Musica dal vivo e niente fenomeni da baraccone – Non ci si vorrebbe illudere a vuoto, ma sulla base di ciò che si è visto ‘stasera sembra che due rivoluzioni, apparentemente irrilevanti, possano elevare il peso specifico di The Voice (ecco la gallery della trasmissione). Prima di tutto ci sono dei musicisti che accompagnano i concorrenti in gara, abbandonando l'inascoltabile prassi della base. Non solo, addirittura chi ha voluto ha potuto suonare sul palco con uno strumento. In seconda istanza, e si ritiene preziosissimo questo elemento, The Voice Of Italy ha, per forza di cose (ma comunque c'è riuscito) eliminato quella fastidiosa e inopportuna prassi dei fenomeni da baraccone, che peraltro hanno sempre rischiato di contaminare le selezioni per il il valore che taluni personaggi potessero avere ai fini del semplice intrattenimento. Si parla di quei personaggi palesemente inopportuni e inadatti fatti passare alle prime selezioni per l'apporto dato nel sottoporsi a derisione del pubblico.

The Voice per la rinascita di Rai 2 – In sostanza, pur non essendo nulla di trascendentale, The Voice è un buon programma popolare e potrebbe essere lo slancio per una rinascita della seconda rete Rai, da più di due anni vessata da logiche politiche ed economiche che hanno condizionato una vera e propria emorragia di contenuti. Dovesse piacere al pubblico, aprirebbe scenari interessanti. Un Post Scriptum va fatto per Fabio Troiano, non giudicabile perché non ancora pervenuto, troppo impegnato a sperare insieme alla famiglia di ogni concorrente che i giudici si girassero. Vedremo nelle prossime puntate. E invece che fine ha fatto Carolina Di Domenico?

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