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The Voice, la carenza d’affetto di Troiano e l’ormone di Pelù

Qualunque sia la motivazione, il trasporto di Fabio Troiano verso i concorrenti è una cifra distintiva di questo talent, forse la più imbarazzante. A seguire c’è il giovanilismo della Carrà, che gli italiani adorano. Infine gli ormoni di Pelù. La terza puntata di The Voice.
A cura di Andrea Parrella
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The Voice è andato in onda, ieri, con la sua terza puntata. Poche differenze, anzi praticamente nessuna, rispetto a ciò che avevamo già visto negli episodi precedenti: gli stessi vestiti per i giudici, le audizioni alla cieca con la sedia girevole, essenza indispensabile del format, ma soprattutto l'entusiasmo del conduttore, Fabio Troiano, l'infinito trasporto col quale assiste insieme alle nonne, le zie e le mamme dei concorrenti, alle esibizioni. In certi casi, ieri sera, per svolgere al meglio il suo compito, è parso quasi più accanito dei parenti stessi. Memorabili (l'aggettivo è da prendere con le pinze) due momenti: il primo fa riferimento a Troiano stesso, che con un "Dai dai dai dai dai dai!" incita una concorrente prima che cominci a cantare, con la madre che reagisce guardandolo visibilmente stranita, quasi a dire "Sì vabbè, ma ora non esageriamo". Ma è stato soprattutto da Oscar assistere a due parenti di una cantante indignati di fronte al fatto che nessuno dei quattro giudici volesse girarsi: davanti al televisore,  gesticolando, dicevano cose tipo "Ma te guarda questo/E daje ò, girate no?"

La terza full immersion in The Voice ci consegna un'altra (lieta) certezza: la Carrà pare avere la stessa età da quindici anni. Il sottoscritto non sa, effettivamente, quanti anni abbia la nostra Raffaella nazionale (e francamente non ha intenzione di andare a scoprirlo, per quanto basterebbe un clic). Come accadeva ai tempi di Carramba, e per qualunque altra apparizione televisiva dei tempi recenti, lei pare voler cercare un'ostinata contemporaneità: appena parte un pezzo leggermente ritmato, ed uscito discograficamente nell'ultimo decennio, zia Raffa piglia e comincia a dimenarsi con movenze che erano retrò pure ai tempi del primo long playing degli Sugarhill Gang. Però lei, oggi come ieri, non dà il minimo sentore di essere fuori luogo, in quanto è quel senso di inopportuno la cifra distintiva di uno dei personaggi più noti della televisione italiana, quel senso di stare dentro alle cose senza rendersene conto che, a tratti, a me pare l'avvicini tremendamente alla sensazione che scaturiva Mike Bongiorno quando conduceva non importa quale dei suoi programmi.

Infine, tra le ultime constatazioni della terza puntata (ecco il riassunto) rientra quella che, forse, quattro puntate di "blind edition" rischiano di essere troppe e noiose. Ma soprattutto, ultimo ma non in ordine di importanza, l'ormone di Piero Pelù ha condizionato le scelte del 70% della squadra di cui sarà coach vocale. Evviva la voce!

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