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Squid Game, il segreto del suo successo: Netflix ha trovato la nuova Casa di Carta

Una incredibile parabola ascendente, spinta dal basso proprio come fu per La Casa di Carta, senza pubblicità – almeno in Italia, tanto è vero che non c’è ancora il doppiaggio in italiano: “Squid Game” è il nuovo successo di Netflix. Il segreto della serie tv è un mix di nostalgia, morti spettacolari e gente comune.
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Squid Game è la nuova serie tv di cui tutti stanno parlando. È incredibile la parabola ascendente che ha avuto questa nuovissima produzione: una vera e propria spinta dal basso, proprio come fu per La Casa di Carta, senza un minimo di battage pubblicitario da parte di Netflix – almeno in Italia, tanto è vero che non è ancora disponibile con il doppiaggio in italiano (e forse è stato meglio così). Dal 17 settembre, nel giro di due settimane, Squid Game non è soltanto diventata la serie tv più vista nel nostro Paese, ma in più di 90 dove il servizio è disponibile. Compreso negli Stati Uniti d'America: non era mai accaduto che una serie coreana arrivasse al primo posto nella Top 10 di Netflix.

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Perché tutto questo successo?

Squid Game è una serie violenta, a tratti anche brutale, ma non perde mai di vista il contatto con la dimensione agrodolce, tragicomica, che verte quasi tutta sulle spalle del suo protagonista: Seong Gi-hun. È un uomo divorziato costretto a vivere a casa di sua madre, con una figlia che vede poco e male, una ex moglie che non lo rispetta e non perde mai occasione per giudicarlo. Vive di momenti, di espedienti e di scommesse. È l'anti-eroe perfetto. In Squid Game, è uno dei 456 concorrenti (anzi: è proprio il numero 456!), tutti selezionati con accuratezza tra disperati e pieni di debiti, che si ritrovano in questa serie di giochi d'infanzia che si riveleranno letali per gli sconfitti. Ed è qui il segreto del successo: unire sangue e morti spettacolari alla nostalgia. Nessuno lo aveva fatto prima d'ora così bene.

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La spiegazione del finale

Una serie tv così finisce quasi per scriversi da sola una volta che indovini tutti i personaggi di contorno. Sono principalmente emarginati dalla società, inetti, immigrati, truffatori, ladri di polli, criminali finanziari, gente povera. Poi c'è la critica alla società super competitiva che in Corea del Sud, sulla base di una replica del modello occidentale, sta cominciando a diventare insostenibile. Senza fare spoiler, basta pensare al finale di Squid Game, che spiega benissimo questo concetto. Quando lo spettatore si ritroverà faccia a faccia con l'ideatore del gioco, si scoprirà il reale motivo dell'allestimento di questa sorta di "Takeshi's Castle" della morte. "C'è una cosa che accomuna chi non ha soldi a chi ne ha troppi: per entrambi, vivere non è divertente". Il finale è chiuso, ma ci sono – li chiamerei ‘buchi', ma sorvoliamo per questa volta – numerose cose lasciate in sospeso. Inoltre, il grande successo non può che aver già convinto Netflix a mettere in produzione una nuova stagione, a dispetto di quanto dichiarato dal regista: "Penso sia stancante pensare adesso a una seconda stagione". Quando c'è Netflix di mezzo, non c'è stanchezza che tenga. Sono loro, i re del bingewatching. 

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Gennaro Marco Duello (1983) è un giornalista professionista. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa di Napoli. Lavora a Fanpage.it dal 2011. Ha esordito nella narrativa nel 2022 con il romanzo Un male purissimo (Rogiosi). California Milk Bar - La voragine di Secondigliano (Rogiosi, 2023) è il suo secondo romanzo.
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