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Se “Quelli che..” muore tra le braccia di Savino e la colpa non è sua

Parte la nuova stagione di “Quelli che il calcio”, supposizioni sul perché il programma sia identico (al massimo peggio) alle edizioni precedenti e perché Nicola Savino rischi di passare per rottamatore di programmi Rai.
A cura di Andrea Parrella
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Il presupposto con il quale Victoria Cabello e il suo staff furono gentilmente messi alla porta dalla Rai alla fine della scorsa stagione di Quelli che… fu l'esigenza di "un ritorno al calcio". Domande che sorgono spontanee, quella solita, prevedibile, ovvero quale calcio può offrire la Rai, non avendone prima delle sei del pomeriggio? Proviamo a darci darci delle risposte. Anzitutto parlare di calcio senza immagini, senza sostanza, equivale a parlare di musica senza ascoltarla, quanto di più insensato possa esistere (gli unici motivi per cui si sopportano i tremendi dopopartita o talk sportivi è perché il più delle volte guardi le immagini senza sentire quanto si dica in studio).

Per compensare all'assenza del calcio parlando di calcio hai bisogno di un'idea geniale. Quanto a Quelli che.. l'ultima grande intuizione che si muovesse in questa direzione ci fu il primo anno di gestione Ventura in cui vennero a mancare i diritti, ovvero quella stupenda idea del team Maifredi, che riproponeva i gol in versione "live". Alla Cabello e ai suoi autori un'illuminazione del genere era mancata e dunque, lo scorso anno e quello ancora prima, avevano fatto egregiamente quanto in loro potere: indirizzare quelle due e passa ore verso l'intrattenimento. Il programma riusciva, senza fuochi d'artificio, ma riusciva. E il pubblico si è affezionato alla Cabello, basta la reazione di ieri su Twitter per capirlo. 

Guardare la prima puntata di ieri di Quelli che il calcio, beninteso, non ha suscitato sdegno, ma la legittima impressione è che questa sterzata verso il giuoco del pallone non sia stata fatta, semplicemente perché non v'è modo. La grandezza di questo format è quella di dimostrarsi "spremibile" fino all'ultimo, prodigo e apparentemente inesauribile. Il tempo lo logora, ma sta sempre là. Il dubbio legittimo è che la scelta di rete sarebbe stata comprensibile se Quelli che il calcio si fosse trasformato in una sorta di surrogato della Domenica Sportiva: sarebbe morto immediatamente, ma almeno avremmo messo fine all'accanimento terapeutico. Il problema non è Savino, semplicemente Nicola Savino non è la soluzione al problema; scegliere lui per un ritorno al calcio solo perché è un tifoso interista e conosce il 4-4-2 (come ha spiegato i microfoni di Fanpage intervistato da Micol Ronchi) è errato a monte e forse è solo una copertura per la vera motivazione.

La cifra d'intrattenimento di Savino e della squadra di autori è paritaria, della stessa scuola, al massimo inferiore, a quella della Cabello (e questo solo perché il pur bravo Nicola non ha in tv quel di più che ha alla radio). A pensar male si ritorna sempre a quella sorta di ricompensa che Rai2 dovrebbe a Savino per aver messo fine a L'Isola dei Famosi nonostante la sua onorevole gestione. Ma per la verità più passa il tempo e più diventa concreta l'idea che il conduttore sia vittima sacrificale di rete, utilizzato per portare i programmi in pensione senza farli soffrire. un tagliatore di teste involontario che somministra, altrettanto involontariamente, una cospicua dose di anestetizzante alla vittima in questione.

P.s. I dati Auditel della prima puntata, che sono in linea con la scorsa edizione e quindi buoni, direbbero poco perché si tratta della prima puntata e dicono altrettanto meno perché ieri, nella stessa fascia oraria, non c'erano ancora i contenitori di Rai1 e Canale 5  togliere pubblico potenziale. A Nicola Savino si augura che restino stabili e, perché no, crescano.

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