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Scrubs, quella serie geniale che non faceva ridere tutti

Nel 2001 arrivava su Mtv e Fox la serie di Bill Lawrence con Zach Braff che, ricca di surrealismo e nonsense sempre al limite con la demenzialità, divise il pubblico tra appassionati religiosamente legati al verbo di “Scrubs” e chi ha fatto molta fatica a capirne lo spirito.
A cura di Andrea Parrella
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Sarà capitato ad ognuno di noi di essere colpiti da una risata contagiosa per qualcosa e riscontrare, incredibilmente, che il nostro vicino trovasse del tutto insulso ed indifferente ciò che ci stesse facendo sbellicare. E sarà capitato anche l'esatto contrario, lasciandoci ugualmente basiti davanti alla constatazione che esistesse qualcosa in grado di far morire dal ridere qualcuno lasciandoci contemporaneamente indifferenti. La comicità in generale, quindi anche quella televisiva e cinematografica, si muove in equilibrio precario su un filo, come se esistessero diversi tipi di risata e come se l'uno non possa che disprezzare o rinnegare l'altro. D'altronde se una cosa non mi fa ridere, viene quasi logico mi chieda come possa far ridere qualcun altro.

Un effetto molto divisivo sulla risata scaturita l'ha sempre avuto un prodotto televisivo come Scrubs, la serie creata e diretta da Bill Lawrence, della durata effettiva di nove stagioni (i puristi e il regista stesso dicono otto, considerando la nona stagione qualcosa di completamente diverso), in onda in Italia su Mtv e sulla Fox dal 2001 al 2010. L'accoglienza che è stata sempre riservata alla serie con Zach Braff è certamente un riferimento di come, lambendo il territorio della demenzialità, stuzzicando il nonsense con una certa insistenza, si possa finire per avere schiere di fedelissimi e, al contempo, indifferenza assoluta da chi non sia presidposto ad accogliere un certo tipo di ironia. Un simile effetto In Italia, a voler trovare un termine di paragone, l'ha generato negli ultimi anni la comicità di Maccio Capatonda, personaggio divenuto un mito assoluto per molti, una sorta di vate del web, a causa di una demenzialità dai tratti molto raffinati; ma anche un comico meramente demenziale per chi non ne abbia seguito l'evoluzione, non vedendo un notevole spessore alla base.

Scrubs, al netto di alti e bassi, non ha mai perso la bussola, seguendo rigorosamente una trama incentrata sull'avvicendarsi di gag, modi di dire, gesti ed espressioni in costante contatto con il surrealismo spinto, quasi come se la serie fosse il campo in cui il creatore Lawrence avesse deciso di trasportare ogni qualsivoglia pazzia gli balenasse nel cervello. E infatti la forma di Scrubs è decisamente psicotica, aldilà di una trama credibile gli sketch sono una chiara traduzione dei voli pindarici che il nostro cervello potrebbe concepire e ai quali spesso non abbiamo coraggio di dare voce. Solo con il passare degli anni la reputazione della serie è cresciuta, fino a far sì che Scrubs venisse in parte affiancato a quella che è senza ombra di dubbio la sit più riuscita e fortunata della storia televisiva, ovvero "Friends".

Quanto alla trama, "Scrubs" era ambientato in un ospedale (come molte serie nate negli stessi anni, vedi Grey's Anatomy e Dr.House), esattamente il Sacro Cuore, dove un gruppo di specializzandi, i protagonisti John Dorian, Turk ed Elliot, cercavano di farsi strada acquisendo esperienza per diventare medici. A loro si univa Carla, l'infermiera che poi sposerà Turk, il severo dottor Cox, il direttore Bob Kelso e l'avvocato timido Ted, senza dimenticare la presenza fondamentale dell'inserviente, interpretato da Neil Flynn, di cui non si conoscerà mai il nome in tutta la serie e che renderà speciale il suo personaggio in base a quanto si racconta del modo in cui nascessero le sue gag, a quanto pare del tutto improvvisate. Il finale, per chi ha amato questo gioiellino da quasi 250 episodi, resta una pietra miliare della storia recente del piccolo schermo.

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