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Saviano: “Fiction italiana buonista”, Fiorello: “Ho sempre raccontato verità scomode”

Il giornalista, nella sua consueta rubrica “L’antitaliano”, critica la fiction italiana e l’attore replica su twitter: “Basta generalizzare, ho raccontato l’Italia scomoda”.
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Un duello inedito sulle colonne de L'Espresso, quello tra Roberto Saviano e Beppe Fiorello. Toni pacati e nel rispetto dei ruoli e delle categorie, quando l'attore replica a Roberto Saviano che, nella sua rubrica "L'antitaliano", riflette sul buonismo della fiction italiana, rea di essere una serie di "acritiche agiografie di santi e padri della patria". Il confronto con le blasonate serie televisive americane è inevitabile, seppur palesemente impari. Ma nella relazione che lega il prodotto alla fotografia di un dato momento di vita del paese, l'esempio si fa calzante. Ad esempio "24", la popolare serie che racconta le gesta di Jack Bauer (Kiefer Sutherland) impegnato nella lotta al terrorismo, gode dell'influenza della presidenza di George W. Bush e, nonostante la velata propaganda, per Roberto Saviano resta una produzione che si è guadagnata un posto nella storia. Così come "Homeland" ed il suo Nicholas Brody (Damien Lewis), il Marines tornato in America dopo otto anni di prigionia in Iraq, convertitosi all'Islam e al servizio di al-Qaida, è figlio dell'America di Barack Obama.

E in Italia? Roberto Saviano esprime la sua opinione con sferzante chiarezza:

Mi sorge invece il dubbio che nulla resterà delle tante acritiche agiografie di santi e padri della patria diffuse in Italia a mezzo fiction negli ultimi anni. Ritratti buonisti, senza chiaroscuri e sfumature – che dovrebbero costituire il senso di ogni narrazione – immortalmente liquidati dalla geniale caricatura di “Padre Frediani” che gli amanti di Boris, ricorderanno. Con amaro piacere.

Beppe Fiorello non ci sta e replica a Roberto Saviano a mezzo twitter, postando uno screenshot dall'app "Note" del suo tablet, direttamente all'account ufficiale de L'Espresso. L'interprete delle più importanti fiction italiane degli ultimi dieci anni, rivendica in particolare (per sé e per quanti hanno lavorato ai vari progetti, dai registi alla Rai fino ad una menzione anche per Giancarlo De Cataldo) di aver lottato "affinché scomode verità andassero in onda". Il riferimento è alla storia di Graziella Campagna, assassinata dalla mafia a soli 17 anni per aver scoperto che una lavanderia era in realtà utilizzata come copertura per affari criminali. Una storia raccontata proprio in una delle sue fiction, "La vita rubata" e che affrontò, secondo quando scritto da Beppe Fiorello, la censura del Ministero della Giustizia.

Quella censura però non venne denunciata da nessuno. Soltanto io, il regista, la stessa Rai e De Cataldo (che non c'entrava nulla con il progetto) lottammo affinché quella scomoda verità andasse in onda. Furono oltre sette milioni i telespettatori che poterono constatare quanto accadde alle spalle di una famiglia che non c'entrava nulla con il sistema Mafia e perse atrocemente una figlia di diciassette anni. […] Solo per dire che la Fiction italiana ha delle eccellenze, e mi piacerebbe però far notare che in America oltre alle due serie citate nell'articolo (24 e Homeland ndr), ce ne sono (in maggioranza) di totale buonismo, violenza e inutilità sociale. Difendo il mio mestiere perché lo faccio con passione e verità, ma non nascondo che la nostra fiction ha realmente bisogno di trovare una strada nuova. Io ci sto lavorando.ù

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