Santoro travolto dalla crisi dei talk: ascolti a picco per Servizio Pubblico
Da diversi anni, all'inizio di ogni stagione televisiva, si lamenta una crisi dei talk show, la mancanza di domanda necessaria rispetto ad un'offerta in costante crescita. Perché il dato direttamente proporzionale è che ad un aggravarsi dell'emergenza corrisponde un aumento incondizionato dei programmi serali che si occupano di politica e attualità. Il perché è presto detto, lo spiegava Michele Santoro in un post Facebook di qualche sera fa, nella quale faceva intuire questa sarebbe stata l'ultima stagione per Servizio Pubblico: "Cosa ci può essere di meno costoso e di più facile da realizzare di un talk? Un altro talk. Così assistiamo all’incredibile paradosso di un calo della domanda del pubblico a cui corrisponde un’incredibile moltiplicazione dell’offerta. La televisione italiana è quella che nel mondo più sviluppato produce a più basso costo un minuto di programmazione, vende a più basso costo un minuto di pubblicità e fa meno ricerca". E' la spiegazione di un esperto del settore, che fa luce sul punto in maniera piuttosto incontrovertibile.
Il tonfo di Santoro
Ma quella stessa crisi, ovviamente, non poteva non abbattersi sullo stesso Santoro, andato in onda ieri con la prima puntata della nuova stagione di Servizio Pubblico. Se Massimo Giannini ha visto il suo Ballarò perdere un milione di spettatori dalla prima alla seconda puntata (con un discreto rialzo per Floris nello stesso lasso di tempo), anche Michele Santoro non può dirsi soddisfatto del risultato di una puntata che ha tentato di presentare alcune novità, condire il talk con elementi innovativi e, soprattutto, puntare su un tema forte che riesce sempre ad avere un suo ritorno, ovvero Napoli. Eppure, nonostante maggiore quantità di cronaca, più servizi, la Guzzanti con un discorso sulla trattativa Stato-Mafia, il risultato di share e di telespettatori non è nemmeno lontanamente paragonabile all'esordio del 2013: 5.78% di share, pari a 1.203.000 telespettatori. La flessione, rispetto all'anno scorso, è di quasi il 50%, considerando che nel 2013 il risultato fu del 11,43% di share media con quasi 2,5 milioni.
Quale futuro per i talk show?
La precisazione in merito ad un paragone che non è del tutto pertinente e può fare riferimento ad eventuali diverse concorrenze tra un esordio di stagione e l'altro sarebbe assolutamente ragionevole da segnalare. Tuttavia il calo è talmente evidente che, se pure si volesse arrotondare per difetto la consistenza della caduta, sarebbe impossibile negarla. Le prime settimane di questo autunno comunicheranno tante cose a chi la televisione la fa e la guarda. La dispersione del pubblico a causa della frammentarietà dell'offerta televisiva, con una quantità di canali nettamente superiore agli anni scorsi, non è un fenomeno da cui si torna indietro, ma è certo che chi la tv la fa, cercherò ogni strumento pur di riportare su di sé l'attenzione del pubblico.