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Renzo il Magnifico sostiene Bollani.. e viceversa

In occasione della giornata mondiale del jazz proclamata dall’Unesco, Rai Tre si concede il lusso di puntare su due cavalli di razza che mai dovrebbero restare parcheggiati. Gli ascolti confermano che si siano trainati a vicenda. Perché valgono così tanto?
A cura di Andrea Parrella
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Ogni esito in termini qualitativi sulla programmazione serale di ieri, negativo o positivo, prevede gli si sommi un elogio a priori per averla pensata, per il buon gusto di averla proposta. Prescindiamo dai complimenti a Raitre. In Tv è sempre stato più facile meravigliarsi del buono che del contrario: oggi vale più che mai. La giornata mondiale del Jazz viene onorata dalla rete con Arbore e Bollani, in sequenza.

Il secondo fu una tra le tante scoperte televisive del primo. Era il 2005 e Stefano Bollani proponeva le geniali imitazioni di cantautori celebri a Meno siamo meglio stiamo, delizioso amarcord arboriano del sabato notte di Rai Uno (ogni sabato la Carlucci terminava sempre più in ritardo il suo Ballando con le stelle, Arbore con la sua ironia commentò, in linea col titolo della trasmissione, che più tardi gli avesse ceduto il testimone meglio sarebbe stato). La formula di Sostiene Bollani ha la specialità di vantare Bollani stesso. Dice cose con cognizione di causa, è divulgativo ma mai didascalico, accattivante nel raccontarci la storia della musica in pillole, almeno per ora non si guarda l'ombelico mentre è davanti alle telecamere. Si preoccupa dello spettatore. Forse la durata non è sufficiente e  il motivo non è l'ingordigia, ma solo l'impressione che lunedì sera, così come nella serie autunnale del programma, il discorso faticasse a chiudersi in meno di un'ora, lasciando insoddisfatti rispetto all'organicità. Ma no, probabilmente è invece solo ingordigia, sintomo che la brevità sia infine un elemento positivo.

Renzo Arbore è figura monumentale difficilmente discutibile. Forse la pluralità di consensi, e il quantitativo cospicuo di elogi continui rifilatigli in modalità bipartisan, non rendevano necessario l'ennesimo speciale sulla sua carriera. Soprattutto non si comprende molto come mai si sia utilizzato il marchio "Sfide" per parlarne. Resta sempre affascinante conoscerne le vicende, esilarante scoprirne gli aneddoti, ma l'accanimento celebrativo apre ad una considerazione: perché non fa più Tv? Quando tornerà alla ribalta? secolari interrogativi senza risposta. Sarebbe strano, ecco la considerazione, che non gli sia concesso; se è vero che alla Rai abbiano deciso di non scoprire e sperimentare, come Arbore ha fatto meglio di chiunque altro, è malauguratamente vero che da tempo siano così ciechi da preferire alti compensi per grandi nomi anziché "razzolare nell'inconsueto": sarebbe proprio il caso di Arbore, oramai un brand nazionale che non sbaglierebbe manco se lo volesse e al quale par difficile credere che la Rai direbbe di no. Allora l'altra ipotesi è che a lui manchi la voglia o che sia affetto da una fisiologica fase calante di stimolo e creatività (capita  a tutti, sono grandi quelli che lo ammettono).  In questo caso, a malincuore, si avrebbe qualche motivo di contestazione, in quanto la sua enormità nel nostro panorama storico recente vive in simbiosi con la sua assenza.

La puntata di Sfide è stata niente affatto noiosa e tanto meno fastidiosa, ma la cosa migliore resta il pretesto con cui sia stata realizzata, quel regime di improvvisazione, condizione senza la quale il jazz non potrebbe esistere, sotto cui la combriccola di Indietro tutta è nata e cresciuta. Renzo il Magnifico dice di aver sempre scelto di cambiare quando si è trovato sulla cresta dell'onda. Vogliamo ricordarglielo, affinché riesca ad evitare, con l'uscita di scena o un clamoroso ritorno, la deriva auto – celebrativa di cui pare si stia recentemente inebriando. I dati auditel non sono infelici, sintomo che Arbore abbia "sostenuto" Bollani e viceversa. In sintesi, cento e più di questi lunedì.

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