Renato Cestiè oggi titolare in palestra, ieri ragazzo nella terza C
Si chiama Renato Cestiè ma in molti lo conoscono ancora come il bel Massimo della terza C, innamoratissimo di Sharon e con la passione per la palestra. Una passione che non l'ha mai abbandonato e che è diventata nel tempo la sua fonte di sostentamento quotidiano, soprattutto da quando il mondo della recitazione gli ha fatto capire che avrebbe fatto facilmente a meno di lui. Il perchè pare sia legato proprio a quella serie (I ragazzi della terza C appunto) che lo ha reso tanto famoso e amato dal pubblico, una serie che alla fine è arrivato addirittura a maledire a causa della penalizzazione inflittagli. Stando alle sue parole, rilasciate al settimanale DiPiù, il periodo successivo alla chiusura non è stato dei migliori:
lo e gli attori più importanti dei Ragazzi della Terza C, come Fabrizio Bracconeri, Sharon Gusberti e Fabio Ferrari, non potevamo camminare per strada senza essere travolti dall'affetto del nostro pubblico. Però poi, all'improvviso, decisero d'interrompere la serie, e noi attori ci ritrovammo per strada. […] Mi presentavo ai provini e la risposta era sempre la stessa: "Sa, Cestiè, noi cerchiamo un attore con caratteristiche particolari. E lei è troppo identificabile con il personaggio di Massimo Conti dei Ragazzi della Terza C. Sarebbe poco credibile nel ruolo che vorremmo affidarle". Con il tempo ho finito addirittura per maledirla, quella serie.
E pensare che Renato Cestiè aveva iniziato a recitare sin da bambino, aveva solo 8 anni quando Mario Bava lo volle nel film Reazione a catena, consacrandolo sul grande schermo per oltre 20 anni e precisamente fino al 1994, anno di uscita dell'ultima pellicola La primavera negli occhi, la 29esima nella lista dei suoi lavori televisivi e cinematografici, tra i quali spiccano illustri collaborazioni con i fratelli Taviani, Mario Gariazzo, i fratelli Risi e Neri Parenti. Una carriera ricca di soddisfazioni, sebbene dalla durata limitata, che gli ha lasciato un bel pò di amarezza:
Già, perché con il passare degli anni mi rendevo conto che il successo raggiunto mi stava sfuggendo di mano. Soprattutto cominciavo a capire che il mondo del cinema e quello della televisione stavano cambiando. E io ero fuori moda: non ero bravo a fare pubbliche relazioni, non amavo le serate mondane e, con il mio carattere diretto e sincero, non sapevo. Accattivarmi le simpatie di registi e produttori. Non facevo gruppo, insomma, e, mi perdoni il termine, non ero ruffiano, non supplicavo. Le uniche cose che mettevo a disposizione del cinema erano il mio nome e la mia capacità di recitare. Ma, evidentemente, non bastavano più.
Oggi è titolare di una palestra, ha una splendida moglie e un figlio. Si dice contento e soddisfatto della vita che conduce, anche se l'amore per la recitazione non l'ha mai abbandonato: "Insomma, sono stato uno stupido a dire basta per orgoglio. Ma poi quando vedo in TV quegli attori o quei presentatori che a 60 anni si ostinano a restare aggrappati a un successo marginale, magari accettando piccoli ruoli al cinema o conducendo programmi in qualche emittente locale, mi dico che forse ho fatto bene io a mollare in tempo, a puntare tutto sulla palestra".