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Raffaella Carrà, ventata di “novità”

Il Fatto Quotidiano invita “la più amata dagli italiani” alla sua festa. Lei si schiera coi giovani e contro la tv moderna, che tuttavia ha ben contribuito a creare: a Carramba, per fortuna, mancava solo la volgarità.
A cura di Andrea Parrella
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Il Fatto Quotidiano festeggia il suo genetliaco. Il sottoscritto crede sia, da semplice lettore, al momento, tra i più affidabili organi di stampa che il paese possa vantare nel complesso. Prende posizioni, condivisibili o meno che siano, ed ha una spiccata tendenza all'insubordinazione e la sfiducia ai poteri e alle istituzioni, velleità fondamentali per il pedigree di un giornale che si rispetti. A qualcuno non piace che sia politico, ma è così, non c'è nulla di strano e le basi dell'orientamento non permettono di intravedere ombre in quella totale devozione alla costituzione, unico e imprescindibile credo della linea editoriale.

Il Fatto è anche tra i principali contestatori del servizio pubblico fornito dalla Rai e, in generale, del malfunzionante sistema televisivo italiano. Ha appoggiato Michele Santoro nella battaglia di Servizio Pubblico e partecipa con le sue firme al sostegno di una tv che faccia della qualità e dell'informazione i filtri imprescindibili per tentare una rinascita. Ma vengo al punto: perché Raffaella Carrà sarebbe "madre putativa" di questa rinascita?

Ieri campeggiava sulle pagine del giornale la sintesi del suo intervento alla festa annuale del Fatto. Era lì con Gianni Boncompagni per sperare che in Rai si possa tornare a lavorare in un certo modo, annunciando il suo ritorno a breve sul piccolo schermo. Ha incentivato la solita promozione dei giovani (una parola che piace tanto a chi non lo è più) definendoli più bravi di quanto lo fossero ai suoi tempi. Eppure qualcosa non torna. C'è forte tolleranza nei confronti dell'idea passatista e nostalgica che tutto prima, anche la televisione, fosse meglio dell'oggi, in ogni sua sfaccettatura. A forza di sentirlo quasi lo si crede, anzi ci si crede e basta.

Il nodo al pettine arriva nel chiedersi il ruolo che in questi fasti abbia avuto Raffaella Carrà. Ha vissuto un periodo fortunato della nostra televisione, è vero, ed ha saputo affiancare dei grandi personaggi con l'educazione e la grazia che la contraddistinguono. Ma quelli del Fatto si ricordano che la Carrà è stata tra le inventrici della tv del dolore e ci ha fatturato su per ben sette anni? Carramba è o non è l'antenato dei pianti in diretta? E questo cosa avrebbe di meritorio?

E' seriamente complicato riuscire ad immaginarsi l'apporto che la Raffaella nazionale potrebbe garantire alla riforma della tv con questo suo desiderio espresso di realizzare un programma in Rai per scoprire nuovi talenti. La gentilezza e il perbenismo glieli riconosciamo, apprezzandoli; più dubbi sono riservati al suo ruolo di ipotetico pigmalione per il piccolo schermo che sarà. E' bene che quelli del Fatto lo comprendano, salvo che la Carrà non sia un semplice e inappropriato mezzo per giungere ad un pubblico più ampio. Ma questo ci si tiene lontani dal crederlo, perché contravverrebbe  alla loro natura.

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