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“Quelli della notte” nasceva 30 anni fa, io ne ho 27 e me lo ricordo comunque

il 29 aprile di 30 anni fa andava in onda la prima puntata di “Quelli della notte” in televisione. Io ne ho 27, di anni, ma tra repliche notturne in Rai e, ammissione di colpa, puntate scaricate da Emule, rivendico il diritto nostalgico di celebrarlo come se in quel 1985 ci fossi stato. Divertendomi, e pure molto.
A cura di Andrea Parrella
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Nel 2015, così come sempre, è molto facile farsi affascinare dalle immagini granulose e anziane della televisione di una volta. Non c'è niente di più letale della nostalgia, colpisce in maniera trasversale, senza cinismo che tenga. Oggi ricorrono i 30 anni dalla prima puntata di "Quelli della notte" e io, che di anni ne ho 27, quella puntata me la ricordo comunque (e il non sense non è casuale).

Ignoro il perché, ma trovo che la televisione di Renzo Arbore abbia avuto a che fare con tutti quelli che ne abbiano sposato un principio che a me pare fondamentale, l'idea del punto di incontro dove trovava dimora la libertà di dire cose anche grevi e dure, ma pur sempre travestite dell'approccio con cui anche le cose serie vanno prese, ovvero il deliberato cazzeggio, l'ironia amara. "Quelli della notte" io l'ho visto nelle repliche in tv, ma ancora più spudoratamente, lo ammetto e faccio ammenda, scaricato da Emule (o chissà cos'era) quando ero già negli anni in cui avevo la capacità di tramutare la spontanea simpatia infantile provata nei confronti di Arbore per la sua erre moscia, in una simpatia derivante da un tentativo di comprensione di quella voluta incomprensibilità, che è sempre stato il filtro di tutto quanto abbia fatto artisticamente.

Soprattutto mi sono sempre obbligato a seguire una liturgia nella visione del programma, lo guardavo di sera perché sapevo che, aldilà del contenuto, era importante rispettare il principio che mi era sempre parso basilare, appunto ritrovarsi. E' successa la stessa cosa con "Indietro Tutta" ed è accaduto anche, con sommo piacere, nei sabato notte di "Meno siamo meglio stiamo", nel decennio scorso, quando Arbore contestava velatamente a Milly Carlucci di sforare troppo con "Ballando con le stelle", quando sotto sotto si leggeva nei suoi occhi il piacere intimo di fare un programma all'una di notte, con la consapevolezza che fosse atteso da migliaia di persone, nonostante l'orario.

Mi sento in diritto a ricordare "Quelli della notte" perché è un appuntamento che amerei dover rispettare, ogni sera, tutt'oggi, perché è un inestimabile patrimonio della televisione italiana. La critica ha speso fiumi di parole per il programma, ne sono emerse esegesi politiche, semiotiche e persino religiose. Ma per rendere l'idea dello smottamento ideologico che creò al tempo, basta leggere uno stralcio di quanto affermò la Scuola Postcatastrofica Italiana esaltò il programma affermando che fosse "Un'espressione alta della nostra civiltà post industriale, post-agraria, post-letteraria, post-verbale. L'afasia dei suoi personaggi è solo apparente, in un mondo in cui non esistono oggetti veri, ma solo simulacri, il discorso inconcludente è l'unico possibile. Quelli della notte sono il simulacro di un simulacro, simulano di simulare, invece simulano sul serio". 

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