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Trasmettere il film Diaz in tv sarebbe un vero Servizio Pubblico (INTERVISTA A FEDERICO MAURO)

E’ arrivata la sentenza definitiva sul caso Diaz a undici anni di distanza, la giustizia è parziale. Il resto del dovere spetta al ricordo e trasmettere Diaz in Tv sarebbe il primo passo. Abbiamo intervistato Federico Mauro, art director di Fandango, e gli abbiamo chiesto come ha reagito la rete di fronte a questa inspiegabile indifferenza mediatica.
A cura di Andrea Parrella
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La Polizia accoglie la sentenza della magistratura con il massimo dovuto rispetto e ribadisce l'impegno a proseguire nel costante miglioramento del percorso formativo relativo al complesso campo dell'ordine e della sicurezza pubblica. Esprimo apprezzamento e orgoglio per la maturità, l'onestà, la dedizione e l'entusiasmo con cui quotidianamente il Paese viene servito dalle donne e dagli uomini delle forze di polizia.

L'ha detto il capo della polizia Antonio Manganelli.

Presentazione del Film Diaz

Si potrebbe partire da queste parole per dire tutto ciò che c'è da dire sugli 11 anni ormai trascorsi. Se da 11 anni di mezzo silenzio si riesce a tirare fuori una sintesi di questo tipo, l'amarezza sfocia nello sconforto. Non è più rabbia, forse le vittime la rabbia non riescono più a provarla. Mi ricordo di quel G8 perché avevo tredici anni. In una bella e soleggiata mattina d'estate vedevo ai Tg il racconto di qualcosa della quale non afferravo l'importanza.

Non capii cosa fosse quel G8 e non ho mai capito, di riflesso, cosa fosse la scuola Diaz, cosa rappresentasse. Per molti anni quelle quattro lettere sono state relegate ad un riverbero da telegiornale, un trafiletto di stampa, da citare perché non se ne denunci l'omissione e pure perché non lo si noti. Non so se sia stata la mia scarsa attenzione a ridimensionarne l'importanza, oppure se l'attenzione globale abbia impedito che il tema meritasse ogni giorno una prima pagina. Qualche anno fa ho capito fortuitamente, senza meriti, d'occasione, cosa fosse la Diaz. Ed ho potuto concludere che la colpa non sia stata esattamente della mia disattenzione, ma che una certa disinformazione ci fosse stata.

Perché si capisse tutto prima serviva un film e non è giusto che ogni volta serva un film per raccontare ciò che non viene raccontato da chi dovrebbe farlo. Diaz – don't clean up this blood, ci è semplicemente riuscito. Si parla da mesi dei meriti del film di Daniele Vicari e si parla da mesi pure del fatto che, in controtendenza, non sia ancora previsto che qualcuno ce lo farà vedere in Tv, che qualche rete ne abbia acquistato i diritti al grido di #DiazinTv. Beninteso, dovesse pur cambiare questo stato delle cose, quando Diaz andrà in Tv sarà troppo tardi, troppo tardi perché chi meritasse di conoscerlo prima lo conoscesse.

Le parole di Manganelli sono colpevolizzabili storicamente, attribuibili non a lui personalmente, ma ad una colpa che viene da lontano e che solo come ultima conseguenza ha generato le sua dichiarazione fredda, glacialmente lacerante, priva di scusa alcuna. Diaz deve assolutamente andare in televisione perché l'approccio di quell'edizione speciale dei telegiornali si ricordi per le prossime volte che verrà utilizzato, e si condanni. Diaz deve andare in Tv perché un regista non sia più costretto a fare quello che l'informazione non fa. Diaz deve andare in Tv perché si sappia e perché lo sappiano pure quelli che non hanno firmato questa petizione virtuale.

Sabato 7 luglio, 11.09: in un momento successivo alla stesura di questo articolo, il capo della Polizia Antonio Manganelli ha fatto corrispondere alle nuove nomine dei vertici azzerati dalle sentenze, le doverose scuse reclamate dal suddetto articolo. E' motivo di consolazione che le abbia espresse e non ci spiace affatto che Manganelli abbia, in parte, vanificato il senso dello scritto. Ecco le sue parole:

Sono orgoglioso di essere il capo di donne e uomini che quotidianamente garantiscono la sicurezza e la democrazia di questo Paese. Ora, di fronte al giudicato penale, e' chiaramente il momento delle scuse ai cittadini che hanno subito danni e anche a quelli che, avendo fiducia nell'istituzione-polizia, l'hanno vista in difficolta' per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalita' ed efficienza

Intervista a Federico Mauro, art director di Fandango
(a cura di Eleonora D'Amore)

Abbiamo pensato di integrare la lacuna derivata dall'assenza della pellicola Diaz in tv intervistando Federico Mauro, art-director della Fandango, ovvero la casa di produzione cinematografica che lo ha sostenuto e diffuso. La sua opera è iniziata dal web ed in particolare sul suo sito www.federicomauro.eu, sul quale è possibile trovare foto, video e contenuti esclusivi del film, un grido alla libertà di promozione in un clima di totale indifferenza mediatica. A Federico ho voluto chiedere come la rete ha reagito di fronte alle prime immagini e al messaggio di Diaz – don't clean up this blood e soprattutto perchè, secondo lui, la Rai come tante altre emittenti televisive sta tardando ad acquisirne i diritti per l'eventuale messa in onda.

ED: Ad oggi potremmo parlare di necessità storica e civile di vedere in tv un film come Diaz e tu lo sai bene, avendo diffuso immagini/clip/contenuti esclusivi in esclusiva sul web nella totale indifferenza degli altri mezzi di comunicazione/informazione. Come ha reagito la rete? 

FM: Quando abbiamo pensato a come promuovere Diaz sapevamo perfettamente che non si trattava "solo" di un film. Tutte le nostre normali attività di comunicazione dovevano quindi essere ripensate. Anche perché avevamo un'esigenza diversa: raccontare e soprattutto far ricordare quello che era successo dieci anni prima. Il G8 di Genova rientrava, inoltre, per Fandango in un progetto editoriale più ampio, iniziato un anno prima, con la pubblicazione del Libro DIAZ PROCESSO ALLA POLIZIA di Alessandro Mantovani e con la realizzazione del documentario Black Block di Carlo Bachsmidt presentato alla mostra del Cinema di Venezia. Diaz è stata la sintesi di questo progetto. Inoltre con Daniele Vicari e Domenico Procacci volevamo che del film si sapessero molte cose che secondo noi erano importanti. Volevamo far capire che il film era basato su atti processuali e che c'era stato una fase di lavorazione e di ricostruzione minuziosa e fedele. Per questo abbiamo pensato alle clip sulla lavorazione, a materiale di backstage, ad interviste. E poi abbiamo anche pensato che sarebbe stato interessante introdurre i personaggi e le storie raccontate nel film. Sapevamo inoltre che il film non avrebbe avuto vita facile sui media tradizionali, ma devo dire che, oltre alla Rete che ha saputo da sé alimentare e diffondere i contenuti che proponevamo, ci sono state delle partnership editoriali molto interessanti con Il Fatto Quotidiano e con Repubblica. Abbiamo fatto vedere loro il film ed è piaciuto molt, e quando è stato chiaro che non era una visione partigiana ma una coerente e rispettosa ricostruzione dei fatti allora è stato tutto molto più semplice. C'è anche da dire che l'ottima accoglienza ricevuta a Berlino (ed il relativo Premio del Pubblico) ha anche aiutato il film per quello che riguarda la sua natura e pertinenza squisitamente cinematografica.

ED: Secondo te cosa impedisce alla Rai di procedere all'acquisizione dei diritti Tv?

FM: Il direttore di Rai3 Di Bella si è dichiarato interessato all'acquisizione della pellicola. Il Tg3 Web ha anche lanciato una bella iniziativa sulla necessità di poter veder Diaz in tv. Non so cosa impedisca alla RAI di acquistarlo. Non ho letto né sentito alcuna motivazione o dichiarazione ufficiale in merito. Certo è che, dopo questa sentenza, il film assume un ulteriore valore giudiziario, storico e di importanza civile. E credo che la Rai debba dare giusta dignità ad un film come questo. Sarebbe una cosa da vero Servizio Pubblico.

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