Perché il finale di Game of Thrones 8 è il miglior finale della storia delle serie tv
Non si può piacere di certo a tutti. Un adagio che il buonsenso ci consiglia di attuare in qualsiasi situazione, compreso il finale di serie di Game of Thrones, o de Il Trono di Spade (come preferite?). Forse bastava curare qualche piccolo dettaglio per evitare la caciara della petizione da più di un milione di firme su Change.org, una roba assurda fino a qualche decennio fa, ma che nell'era del populismo non sorprende anche se fa riflettere e crea un pericoloso precedente: qualsiasi opera finzionale di grande successo, d'ora in avanti, può essere spernacchiata, derisa e calunniata sulla base del proprio gusto soggettivo. E allora, penso, che forse bastavano un paio di episodi in più, lasciando le cose esattamente come sono e ci sarebbero state la metà di quelle firme offensive. Un paio di episodi in più solo al fine di inserire qualche spiegone in più. Perché alla fine tutto si riduce a questo: le persone pretendono gli spiegoni perché hanno perso la fantasia.
Scusate la partenza estremamente critica, adesso proviamo a mettere un po' di contenuto a fuoco, al fine di spiegarmi meglio: l'ottava stagione di "Game of Thrones" è stata una bomba. Il finale di serie è stato una bomba. La velocità con cui sono state districate tutte le questioni lasciate in sospeso sono state una bomba. Le questioni rimaste insolute? Tutto all'immaginazione. Siamo a Westeros e questo è il Trono di Spade; se avessi chiesto arringhe e spiegazioni, al massimo avrei dato uno sguardo a Perry Mason. Tralasciando l'inattaccabile piano tecnico, il finale di Game of Thrones gode di una serie di momenti altissimi.
Il primo: la risoluzione del conflitto. Quanti hanno letto gli spoiler giunti da Reddit, purtroppo, hanno finito per rovinarsi la sorpresa: ma la perfetta malinconia con cui Jon Snow colpisce a tradimento la sua amata Daenerys, in un perfetto anticlimax ("Tu sei la mia Regina, ora e per sempre"), è forse il momento più alto di tutta la serie. Ripescando le parole di Maestro Aemon a Jon Snow nella prima stagione, il discorso che viene ripescato anche in puntata sul "dovere che è la morte dell'amore", è una risoluzione perfetta: "Cos'è l'onore paragonato all'amore di una donna? E cos'è il dovere paragonato allo stringere tra le braccia una nuova vita? O al sorriso di un fratello? Siamo umani e quando non c'è un prezzo da pagare, l'onore risulta facile. Invece nella vita di un uomo, da un giorno all'altro, arriva il momento in cui c'è il bisogno di compiere una scelta. E fa male". Queste le parole del Maestro Aemon in quella prima stagione, che riecheggiano nella mente di Jon Snow mentre pugnala al cuore la sua amata Daenerys. Ma è lo spettatore che ha il dovere di compiere questo sforzo, perché la serie in questo caso non ammette didascalie.
Il secondo: una sceneggiatura che ha previsto le polemiche, e le ha chiuse con una serie di godibili battute. Tyrion Lannister, imprigionato, cerca di far ragionare Jon Snow (e lo spettatore medio) sulla possibilità che l'unica cosa da fare sia togliere di mezzo Daenerys, ormai in preda a una presunzione di giustizia assoluta. Per farlo, fornisce l'elenco dei massacri compiuti nelle precedenti stagioni e dice lucidamente: "Erano tutti malvagi". Erano malvagi anche gli innocenti di Approdo del Re e saranno malvagi anche gli innocenti di domani. Ancora Tyrion, quando bisogna decidere il nuovo Re, si lascia andare a un monologo che è un auto-incensamento di tutta la serie: "Cosa unisce le persone? Le armate? L'oro? Le bandiere? Le storie. Non c'è nulla al mondo di più potente di una storia meravigliosa. Le storie sono più forti di qualsiasi altra cosa al mondo". La storia di Game of Thrones resterà negli anni a venire: "tra dieci anni ne parliamo", dice Tyrion per convincere Jon Snow che tutto è finito per il meglio.
Il terzo: la rivincita degli Stark e il principio di giustizia. Che chiude il discorso con i Lannister e che ristabilisce gli equilibri, rimette in pace il cuore e salva il principio di giustizia. Ogni violenza gratuita e crudele è stata lavata con il sangue. Alcuni personaggi hanno avuto la loro occasione di redenzione ed hanno comunque pagato con la morte, vedi Jaime Lannister che decide di morire tra le braccia di Cersei, dandole assoluzione e redenzione anche per lei: "Siamo solo io e te, il resto non conta". Vedi la stessa Daenerys, che si è macchiata di una violenza gratuita nel quinto episodio: non poteva esserci finale diverso per lei. Gli Stark, dicevamo. Sansa ha dimostrato di essere la fiera discendente della famiglia più importante del Nord, saggia e risoluta: la giusta ricompensa per gli eventi che l'hanno trasformata da "piccolo uccellino" al fiero lupo che è oggi. Arya ha incontrato e compiuto il suo destino: not today. Ora per lei, la scoperta di un nuovo mondo (ci vorrebbe uno spin-off tutto per lei). Jon Snow paga il prezzo più alto, ma lui è l'eroe che ha dovuto ammazzare l'amore per il dovere.
Il quarto: Drogon che distrugge il Trono di Spade. Come avevamo pronosticato, è stato un messaggio simbolico fortissimo. Il potere assoluto viene distrutto, quello stesso potere che Tyrion dissolve con il suo ragionamento, introducendo una proto-democrazia ed eliminando la discendenza diretta nel regno, Drogon lo liquefa con le sue fiamme. Quel Trono è la causa di tutto, anche della morte di sua madre. Quel Trono non deve più esserci nel mondo che verrà. Perché Drogon non uccide Jon Snow, quando scopre sua madre riversa a terra priva di vita? Sono queste le domande a cui non ci è chiesta una risposta e non va pretesa a chi scrive e racconta storie. Non tutto ciò che viene mostrato deve per forza di cose essere spiegato. Se si è stati in grado di andare avanti otto stagioni con storie che mischiano cappa e spada, sesso e intrigo, misticismo, fantastico e horror, si può fare uno sforzo ulteriore e restare ai potenti simboli che questa serie ci ha lasciato. Non serve molto, in fondo, per godere di questo spettacolo: basta solo un po' di fantasia.