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Oslo de La casa di Carta: “Non sono rimasto intrappolato nel personaggio, vi dimostrerò chi sono”

Tutti lo conoscono come Oslo, uno dei protagonisti de La casa di carta, ma il vero nome è Roberto Garcia. L’attore spagnolo è stato uno dei personaggi più amati della serie spagnola targata Netflix, diventata un caso internazionale. Ai microfoni di fanpage.it Garcia ha spiegato quanto sia stata importante la sua parte e la sua voglia di dimostrare quello che può fare.
A cura di Francesco Raiola
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Roberto Garcia, Oslo de La casa di carta
Roberto Garcia, Oslo de La casa di carta

Tutti lo conoscono come Oslo, uno dei protagonisti de La casa di carta, ma il suo vero nome è Roberto Garcia. L'attore spagnolo è stato uno dei personaggi più amati della serie spagnola targata Netflix, diventata in poco tempo un caso internazionale. Ai microfoni di Fanpage.it Garcia ha spiegato quanto sia stata importante la sua parte in una serie che nessuno immaginava potesse avere questo seguito e di come la sua voglia sia, però, quella di andare oltre Oslo, oltre il personaggio della Casa di carta, mostrando a tutto il mondo quello che può fare: "Non sono rimasto intrappolato nel personaggio di Oslo, mi dedico anche ad altri progetti, anche se la gente vuole vedere Oslo. Voglio solo dimostrare alla gente che mi vedono in altri tipi di interpretazioni, e voglio che dicano: ‘Ehi, ma quello è Oslo e non sembra lui!'".

Come nasce il personaggio di Oslo?

Come per tutti i lavori di recitazione, è un personaggio che ti propone un regista. Lo sceneggiatore cercava un profilo in particolare insieme alla produttrice, e avevano ben chiaro l’aspetto fisico che doveva avere il personaggio. Hanno fatto un casting, cercavano un attore che sapesse parlare con lo sguardo, che fosse in grado di trasmettere qualcosa semplicemente con la sua presenza. Per me, a livello personale, come attore, è stata una sfida molto impegnativa.

Hai detto subito sì?

Sono stato indeciso se interpretarlo perché non parlo praticamente mai, però sono chiamato a trasmettere un sacco di sensazioni. La gente doveva sapere che tipo fossi, ma io non potevo raccontarglielo. È stato difficile. Io preferisco imparare a memoria tre pagine di copione e sapere che ciò che dico sta arrivando allo spettatore, piuttosto che arrivare alla persona attraverso lo sguardo, attraverso un gesto o un movimento. È stata una sfida rispetto a quello che avevo fatto prima. Ci ho pensato su, ma poi il copione della Casa di Carta mi è piaciuto molto. Ho lavorato molto davanti allo specchio. Poiché non dovevo parlare, potevo vedere quello che la gente avrebbe visto. Lo specchio quindi mi ha allenato tanto per questa serie.

Immagino che non avreste mai immaginato il successo della serie a livello internazionale…

Né io, né nessun altro, avremmo potuto immaginare quello che è successo, perché questo capita con una serie tv, a un produttore, una sola volta nella vita. È molto difficile che succeda, perché in giro ci sono moltissime serie e moltissima concorrenza. Non immaginavamo che avrebbe avuto tanto successo fuori e dentro la Spagna. Vorrei spezzare una lancia in favore del mio amico Enrique Arce, il famoso Arturito. Una persona fantastica. Mi ha sempre detto: “Lo sai cosa stiamo creando? Una serie diversa da quello che viene normalmente prodotto in Spagna. Non è una commedia, non è una serie per famiglie, è molto più maturo rispetto ai prodotti che siamo abituati a trasmettere. Questa serie farà molto parlare di sé”. Io però non credevo che attirasse così tanto la gente, fino al mio primo viaggio in America Latina. Non mi aspettavo tutto questo affetto, né di arrivare a così tanta gente.

Ovviamente Oslo ha anche cambiato la vita di Roberto Garcia, no?

Questo ha cambiato tutto per me. Io ho alle spalle 15 anni da attore, sono salito iniziando dai gradini più bassi, mi mancava solamente lo step definitivo. La Casa di Carta mi ha dato la spinta per farmi conoscere. Ci sono così tanti attori, e tutti molto bravi, che vorrebbero farsi conoscere. Sono stato fortunato perché la Casa di Carta mi ha dato questa opportunità a livello non soltanto nazionale. Io ho un fisico molto caratteristico, voglio distinguermi. Di solito in un’agenzia trovi 200 attori belli, biondi, e io credo di distinguermi dalla massa. Porto i capelli in un certo modo solo per esigenze di copione, in altri progetti sono rasato a zero. Il fisico palestrato, da culturista, è un tipo di fisico che in Spagna è faticoso ottenere.

Ma con La Casa di carta le cose sono cambiate…

Però, certo, ora che sono ne La Casa di Carta tutti mi chiamano, prima non mi chiamava nessuno. Ho la fortuna di avere un’agenzia di rappresentanza internazionale che lavora in tutto il mondo. Quindi sto avendo la possibilità di lavorare in Paesi che non avrei mai immaginato.

Dopo la serie a cosa stai lavorando?

La mia agenzia mi ha fatto ottenere un progetto proprio in Spagna, il film uscirà al cinema alla fine dell’anno prossimo. Iniziamo a girare i primi di novembre in Spagna, a Malaga, è un progetto interessante e molto originale. A me è piaciuto molto perché rompe un po’ gli schemi del cinema spagnolo a cui siamo abituati. Non posso dire il titolo, devo mordermi la lingua.

Come hai scoperto che Oslo sarebbe morto?

È stata una giornata dura quando mi hanno passato il copione. A noi i copioni arrivavano ogni settimana, non si anticipava nulla per non interferire nella tua interpretazione settimanale. Se sai fin da subito di dover scomparire, la cosa può condizionarti. Quando mi hanno passato il copione della settimana in cui mi colpivano e io scomparivo dalla serie perché Oslo muore, mi sono venute le lacrime agli occhi. Non perché avrei perso il lavoro, anche se avrei smesso di lavorare… perché eravamo una famiglia, lavoravamo insieme da tempo, e in questo modo avrei lasciato i miei amici, la mia famiglia. Proprio mentre giravamo questa scena… tutti i fan la ricorderanno, io sono su un divano, mio cugino dice che ho avuto l’influenza, le persone si sono emozionate tanto, gli addetti alle luci, i cameramen, i tecnici del suono, perché stavo lasciando la serie, e io stesso mi sono emozionato moltissimo. Loro si sono emozionati perché me ne stavano andando e mi hanno dimostrato che gli è piaciuto molto lavorare con me. Mi è dispiaciuto moltissimo. È stato un momento davvero commovente.

È vero quindi che tutti i colleghi ti sono stati molto vicini quando hanno saputo che non avresti più partecipato agli impegni pubblici della serie?

Sapevamo già che dovevo girare questa scena per tutta la settimana precedente, quindi già era palpabile la tristezza, io non ero più lo stesso. In seguito, in un sacco di interviste chiedevano ai miei colleghi cosa avesse significato lavorare con Roberto García, e la loro risposta mi emozionava molto. Non immaginavo di aver toccato così tanto il cuore dei miei colleghi, e allo stesso modo loro sono stati importantissimi per me.

Ti sei posto il problema del rischio di rimanere intrappolato nel personaggio di Oslo?

Per me è molto importante dedicarmi ad altri progetti perché mi piace un sacco il mio lavoro, ne ho bisogno perché mi riempie. Non sono rimasto intrappolato nel personaggio di Oslo, mi dedico anche ad altri progetti, anche se la gente vuole vedere Oslo. Voglio solo dimostrare alla gente che mi vedono in altri tipi di interpretazioni, e voglio che dicano: ‘Ehi, ma quello è Oslo e non sembra lui!'. Voglio che vedano che mi hanno dato un altro ruolo, un altro personaggio, in questo caso il prossimo progetto. Ho un sacco di dialoghi nel copione. Questo personaggio non somiglia per niente a Oslo, ma nonostante questo continueranno a chiamarmi “Oslo”. Non mi importa, possono continuare a chiamarmi Oslo per altri vent’anni, però vedranno che posso interpretare ruoli molto diversi.

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