Oggi è un altro giorno, Serena Bortone: “Amo la psicanalisi”, il suo segreto per il successo in tv
Oscar Wilde, fuoriclasse in fatto di aforismi, disse che non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta. Lo sa bene Serena Bortone, che la sua prima volta su Rai1 l'ha giocata benissimo, visto il successo della prima stagione di Oggi è un altro giorno, che chiude con la puntata del 25 giugno e che è già stato confermato nei palinsesti Rai del prossimo autunno. Con lei è cambiato il volto del pomeriggio della prima rete Rai, grazie ad un programma che ha saputo coniugare informazione e leggerezza attraverso una formula vincente, di puntata in puntata, finendo per essere uno dei titoli sorpresa di questa stagione. La conduttrice, giornalista "allevata" dalla Rai e approdata sulla prima rete dopo una lunga gavetta, racconta questo successo inatteso, i pregiudizi della vigilia, l'essere diventata personaggio senza volerlo.
Serena, si parla di lei come rivelazione dell'anno televisivo. Si fa bastare di essere una sorpresa, o dopo una carriera trentennale preferirebbe si parlasse di una conferma?
Mi viene da sorridere se penso alla parola ‘rivelazione', ma in fondo ha un senso, dopo molti anni a Rai3 ero un'assoluta sorpresa per il pubblico di Rai1. Ho lavorato in modo molto artigianale, con il fine ultimo di essere terminale di un lavoro di squadra. L'ho abbracciata come una sfida e il fatto che molte persone mi abbiano scoperta mi fa piacere perché hanno scoperto il nostro modo di lavorare e fare televisione. Era importante trasmettere l'impianto valoriale che volevamo dare a questo programma.
Ancora informazione in un orario di svago. Inizialmente c'era molto scetticismo verso Oggi è un altro giorno.
Era ovvio e più in generale è plausibile che all'inizio le persone ti guardino con curiosità, devono capire se gli piaci o meno. Succede tra persone, figuriamoci in televisione.
Oltre alla giornalista è emerso il personaggio Bortone, anche con vezzi e difetti.
Credo sia stato il luogo a favorire questa dinamica. Fare l'arbitro della politica come facevo ad Agorà è ben diverso dall'essere padrona di casa che accompagna il vasto pubblico di Rai1 dopo pranzo. Metti in gioco altre parti di te, ma fortunatamente nessuno di noi è una cosa sola. Io mi ritengo una persona piena di curiosità, con tante sfaccettature. Parlare con me a cena è come parlare con me in televisione, forse questa è stata una chiave di empatia con il pubblico.
In Tv lei gesticola in modo vistoso, Barbara Foria ha fatto la sua imitazione proprio in questa chiave. Ha lavorato per limitare questa cosa o l'ha accentuata?
In molti all'inizio mi invitavano a non farlo, ma qui subentra un problema. Io nella vita gesticolo, anche adesso mentre siamo al telefono. Le strade erano due, o io mi frenavo e stavo attenta a controllare i movimenti delle mie mani, ma sarei stata ingabbiata e non sarei stata io. Ho preferito concentrarmi su ciò che dico e ciò che ascolto, ho scelto il male minore perché la rigidità sarebbe stata peggio.
La difficoltà di un programma del genere è tenere insieme la politica e l'attualità con la leggerezza.
Poteva essere un punto di debolezza, è diventato un punto di forza. Con gli ascolti siamo andati ben oltre ogni aspettativa, abbiamo raggiunto anche il 16% di share in questa ultima settimana. Desideravo che l'attualità e la politica coinvolgessero quelle stesse persone interessate all'intervista al personaggio noto. Credo nella forza del racconto e nella necessità di rendere fruibile tutto per tutti, “Oggi è un altro giorno” è un programma che ha cercato di rendere qualsiasi contenuto sinceramente popolare.
Dopo le prime settimane di trasmissione avete capito che qualcosa non andava. Cos'è cambiato?
All'inizio facevamo dei mini talk, a metà tra il costume e la ricorrenza. Dopo una settimana ho detto alla squadra che mi annoiavo e se mi annoiavo io si sarebbero annoiati anche a casa. Abbiamo deciso quindi di puntare sulle storie, che è ciò che piace a me. Non amo la futilità fine a se stessa, il chiacchiericcio, ma credo che le persone vogliano conoscere, essere stimolate. Questo può succedere con un sacerdote di un oratorio, una persona che ha deciso di cambiare sesso, o il racconto della vita di un vip.
A differenza di altri programmi quotidiani, avete trattato raramente la cronaca nera.
Ne abbiamo fatta poca e solo in casi eclatanti, ad esempio quello del Mottarone, dove era necessario fare chiarezza su questioni di sicurezza. Oppire la vicenda di Saman, scomparsa nelle ultime settimane. Quando lo abbiamo fatto non è stato per morbosità, avevamo la convinzione che una storia ci permettesse di parlare in modo strutturale di certi temi che altrimenti è complesso affrontare.
Molte interviste hanno colpito per la sua capacità di coinvolgere gli ospiti. C'entra la sua passione per la psicoanalisi?
Io sono una patita di psicoanalisi, ho fatto un mio percorso, ho un'infinità di rapporti interpersonali profondi che sono nati proprio psicoanalizzandosi a vicenda. Cerco di portarla sul lavoro, strutturando le mie interviste con quell'approccio. È interessante per avere delle chiavi di lettura delle persone che intervisto. Provo ad accompagnarle in un percorso, evitando di castigarle e schiacciarle, di essere prevaricante. Chi viene da me deve raccontarsi nel profondo, sta facendo uno sforzo. Io sto lì e un po' alla volta le persone decidono di aprirsi. A volte termina l'intervista e mi chiedono "ma è già finita?".
Anche il direttore di Rai1 Coletta ha la stessa passione, era stato lui a lanciare Massimo Recalcati in Tv. La particolare amicizia che vi lega è cosa nota, all'inizio era quasi un problema.
Io e Stefano ci siamo conosciuti sul lavoro, da inviati di Lubrano. Come me, lui ha fatto tutta la gavetta, poi io ho scelto di proseguire verso il giornalismo politico e la conduzione, lui verso le direzioni. La sua iniziale scelta di chiamare me per Rai1 aveva generato molto chiacchiericcio: "Arriva la giornalista politica, noiosa, amica di Coletta", si scriveva. I dubbi iniziali sono comprensibili, non mi scandalizzavano allora e non mi scandalizzano ora. Però è chiaro che tutto questo aveva generato un grande senso di responsabilità in me, perché non c'ero solo io in gioco. Lui però era molto convinto che sarebbe andata bene.
Oggi è un altro giorno è stato confermato per l'anno prossimo. Come intende cambiarlo?
Sono una persona che si annoia presto, fa parte del mio modo di essere e il cambiamento è intrinseco alla mia modalità di lavoro. Ce ne saranno sicuramente, anche considerando i limiti di quest'anno come il non poter avere molti ospiti in studio, la paura delle persone a muoversi. È facile capire che un collegamento è più penalizzante di un’intervista in studio. E quindi mi auguro prima di tutto di poter avere uno studio più ricco di persone. Per il resto sarà l'attualità a dettare la nostra linea.
I virologi hanno invaso la Tv. Lei come ha approcciato la questione?
Ancora ricordo quando ad Agorà, a inizio 2020, mi dissi che era necessario avere un virologo che spiegasse la situazione, in un periodo in cui noi qui la vivevamo ancora con serenità.
Dunque è stata la prima a portare i virologi in Tv?
Non lo so, ma sicuramente una delle prime. La confusione nell’analisi di una malattia sconosciuta è stata inevitabile, è connaturata con la scienza, che procede per dubbi. Avere un riferimento scientifico e di ricerca è stato indispensabile nella comprensione di ciò che accaduto. Soprattutto non ne condanno la presenza, i virologi in Tv ieri erano dei, oggi sono diventati quasi una figura osteggiata.
Un'intuizione che rivendica di questa prima edizione?
Invitare scrittrici e scrittori. Siamo molto fieri di questo elemento, poter dare una mano all'industria culturale è stato per me un punto di forza. Noi abbiamo avuto quasi tutti i finalisti del premio Strega, prima che arrivassero in cinquina. Siamo stati bravi? Non lo so, forse sì. Però mi piace l’idea che abbiamo sfatato il luogo comune – anzi il pregiudizio – secondo cui un pubblico popolare non è interessato alla letteratura.
Qual è il suo segreto per fare televisione?
Credo che l'autenticità sia tutto, nella televisione come nella vita. Se non si è autentici non si è felici, non si entrerà mai davvero in contatto con gli altri. La libertà e l'autenticità sono la chiave del vissuto: ecco perché gesticolo. Resto convinta dell'idea che tu possa lavorare su te stessa quanto vuoi, ma se non corrispondi alla tua essenza non bucherai.
Jessica Morlacchi, Massimo Cannoletta, Gigliola Cinquetti, Memo Remigi, Oggi è un altro giorno è ormai abitato da alcune presenze fisse.
Avevamo ospiti fissi all'inizio, anche per ragioni di Covid, li chiamavamo affetti stabili. Poi abbiamo cambiato col tempo. Jessica è venuta a raccontarci la sua storia complessa, una fragilità che l'aveva tenuta fuori dal mondo per tanto tempo. Chiacchierando ho scoperto una simpatia assoluta e ho pensato funzionasse. Massimo è nato da un'intuizione per un'ospitata che fece dopo L'Eredità, i suoi Cinque minuti credo siano un bel modo di variare i piani. Memo è una persona di enorme vitalità e contribuisce, come Gigliola, a creare un clima di armonia.
Oltre al primo pomeriggio, si vede anche in altri programmi Tv?
Per mia natura non faccio mai progetti a lungo termine, li ritengo uno spreco di energie. Passare la vita a programmare può essere asfissiante e nella mia vita professionale quello che deve accadere, accadrà. Faccio mio ciò che disse il maestro Carlo Maria Giulini a una cantante lirica che aveva fretta di debuttare: meglio un anno dopo che una settimana prima.