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La storia di Nome di donna, il film di Marco Tullio Giordana contro la violenza di genere

Questa sera, 25 novembre, andrà in onda su Rai1 “Nome di donna”, il film di Marco Tullio Giordana interpretato da Cristiana Capotondi che racconta la violenza di genere negli ambienti di lavoro. La pellicola è nata a ridosso del movimento #MeToo e si propone di raccontare la battaglia di una giovane donna che cerca di far valere i suoi diritti dinanzi alla prepotenza di un sistema patriarcale e viziato dall’omertà delle altre donne, vittime non solo degli abusi ma anche della paura.
A cura di Ilaria Costabile
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Andrà in onda stasera, 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne il film "Nome di donna", diretto da Marco Tullio Giordana e interpretato da Cristiana Capotondi. Nel giorno in cui si ricorda che la violenza di genere va combattuta ad ogni costo, la Rai ripropone uno dei grandi titoli del cinema italiano che ricalca in maniera puntuale cosa si nasconde dietro la costante e martellante umiliazione che le donne devono subire quotidianamente sulla loro pelle, vittime non solo di violenza fisica, ma anche di pressioni psicologiche e ricatti meschini.

Cosa racconta Nome di donna

La storia è quella di Nina Martini, una donna che trasferitasi in Brianza insieme alla sua bambina, cerca di iniziare una nuova vita. In poco tempo trova lavoro in una residenza per anziani, dove viene assunta dopo un breve periodo di prova, grazia alla sua incredibile dedizione e diligenza. Ben presto, però, l'amena struttura si tramuterà in un luogo da incubo, teatro di abusi sessuali e di poter da parte del direttore della casa di cura ai danni delle sue dipendenti. Nina dovrà combattere non solo contro la prepotenza del suo datore di lavoro, ma anche contro l'omertà delle sue colleghe che da anni subiscono in silenzio le angherie e i soprusi da parte di un uomo che compra il loro silenzio con la paura di perdere la loro unica fonte di sostentamento. Con l'aiuto di un avvocato appassionato e supportata anche dal suo compagno, Nina si ribella ad un sistema torbido e patriarcale, ricevendo finalmente giustizia, importante non solo per sé stessa, ma anche per quelle donne che dopo di lei dovranno affrontare situazioni scomode e pericolose.

L'accoglienza del film alla sua uscita nelle sale

Il film di Marco Tullio Giordana si innesta in un momento culturale particolarmente preciso. È il 2018 e da poco è scoppiato il caso Weinstein e il conseguente movimento #MeToo, con il quale le donne erano chiamate a denunciare coloro che avevano abusato della loro persona, in qualsiasi circostanza, ma ancor di più in un luogo sicuro come quello che dovrebbe essere un ambiente lavorativo. La tematica degli abusi e delle molestie sul luogo di lavoro diventa il fulcro di un discorso molto più ampio e delicato, come è per l'appunto la violenza di genere. Per la prima volta, nel cinema italiano, si costruisce una storia di fantasia basata sulla contemporaneità, affinché l'arte possa veicolare messaggi civili e sociali di vitale importanza. Eppure, c'è da dire, che il film non è stato accolto in maniera propriamente entusiastica alla sua uscita nelle sale, sebbene sia stato candidato anche ai Nastri d'argento. La lotta di Nina in "Nome di donna" è quella che quotidianamente si trovano ad affrontare molte delle donne che vivono sulla loro pelle la frustrazione e la paura di essere le vittime di un gioco al massacro, dove chi ha il potere schiaccia chi cerca di difendersi con i pochi mezzi che ha disposizione.

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