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Nicole Minetti assolta a Domenica live per insufficienza di prove

L’intervista con Alessio Vinci la assolve per mancanza di prove. La sua bijoutteria iconica è il sintomo di un distacco siderale tra l’apparenza e la sostanza, pubblico e privato: il problema è che per lei non è un problema.
A cura di Andrea Parrella
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LA TRASMISSIONE TV DI CANALE CINQUE, DOMENICA LIVE

In uno studio che, oltre a sembrare quello che di Matrix era, è veramente quello che era di Matrix, si consuma una parziale riabilitazione nell'intervista a Domenica Live di Nicole Minetti, l'ampiamente discussa consigliera di già sappiamo quale regione, accusata di già sappiamo cosa, che è stata già sappiamo con chi e che ha sfilato già si sa quando. Alessio Vinci, in un'intervista vis à vis con l'igienista dentale, tenta di colpirla ai fianchi, attaccandola con dolcezza, garbo e simpatia, senza troppa aggressività, che è poi il modo giusto, almeno per non fare diventare Domenica-Matrix un tribunale dell'inquisizione 2.0 .

Perché la ventisettenne ex valletta la si vorrebbe capire, più che accusare, lo dimostra proprio Vinci, che ha sbandierato la sete di sapere del suo nuovo programma, con le sue comprensibili domande. Cioè, forse prima di incontrarla si immagina un percorso in cui la si prenda per mano conducendola all'ammissione, quella che tutti vogliono sentire. Ma è un'ipotesi che Nicole non contempla nemmeno nel novero delle possibilità. Si crea dunque una situazione nella quale una ragazza preparatissima a dare le risposte che dà (o ha uno spin doctor geniale che le infonda concetti a menadito, oppure ciò che dice, di base lo pensa), decisa nel negare l'aspetto criminoso della sua posizione professionale, la mancanza di merito che non le concederebbe di star lì. Le si potrebbe perdonare anche l'unico lapsus, ovvero aver confuso il concetto di ddl (disegno di legge) con Pdl, digla che non ha bisogno di specifica.

La chiave della questione sta nel braccialetto che ieri ostentava durante la diretta, affiancato all'oramai risaputo oggetto di bijoutteria rappresentante il tricolore. Lo si è intravisto da una breve inquadratura: era fatto di tasselli con su disegnati volti sacri, dalla Madonna a Papa Wojtyla. In quell'oggetto risiede l'idea di scollamento, il distacco assoluto tra la sfera pubblica e quella privata che è di proporzioni insanabili e si percepisce dalle stesse parole della Minetti, qualcosa del tipo: "un conto è ciò che faccio nella mia sfera privata, un altro è quando sono nelle vesti di consigliere". Ecco, che qualcuno ora provi a farle capire che un cittadino, per fidarsi di un proprio rappresentante pubblico debba avere, volendo, la facoltà di contargli anche i peli nel naso, è una cosa superflua, alla quale la Minetti continuerà ad opporsi strenuamente.

Ed avrà ragione a farlo, perché in fondo, cosa dovrebbe guidarla all'esperienza se non la realtà? E cosa dice la realtà in cui vive? Che una nomina, una carica, si ottiene per grazia ricevuta, senza step antecedenti ma per una sorta di sistema feudale nel quale qualcuno te la concede in vassallaggio. Oppure per meriti che, formarmelmente, non sono proprio compatibili ad un ruolo pubblico come il suo. Ma in buona sostanza il personaggio si riabilita per questo: non si trova un motivo uno che costringa lei, di sua sponte, ad un pentimento, un'ammissione di colpa. E' un'assoluzione per insufficienza di prove. Ed in fondo, il fatto stesso che per una settimana si sia atteso il momento televisivo di ieri pomeriggio, rende questa conclusione molto più logica di quanto possa sembrare.

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