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Michele Misseri a Domenica Live: da carnefice a vittima in pochi minuti

Il contadino di Avetrana, ospite a Domenica Live, racconta in lacrime la sua infanzia contrassegnata da episodi di violenza. E’ giusto che la tv dia ancora spazio a personaggi simili?
A cura di Daniela Seclì
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misseri domenica live

Come ogni domenica, parte il circo mediatico di Domenica Live e dopo il dibattito di rito sulla crisi, arriva l’intervista in diretta a Michele Misseri. Scatta l’operazione “mettiamo le mani avanti” con la precisazione da parte dell’ospite, con tanto di espressione sofferente, che non ha intascato un centesimo per l’intervista e con la promessa, che si spera venga mantenuta, di non comparire più in televisione. Tutto condito da un bel giuramento sulle ossa della povera Sarah, come se la sua memoria e la sua dignità non fossero state violate già abbastanza.

Barbara D’Urso allora ripercorre il vissuto di Misseri iniziando dall’infanzia, precisamente da quando Michele aveva 7-8 anni. Parte il momento “drammatico”. Michele Misseri, con il volto rigato dalle lacrime – le stesse che mostrava ai tg quando sosteneva di aver trovato per caso il cellulare della nipote Sarah − rivela di aver avuto un’infanzia difficile, con una madre che definisce “una Santa donna” ma con un padre che era solito legarlo ad un albero di fico e picchiarlo, per poi lasciarlo alla mercé di terze persone che, lascia intendere, abusavano di lui. Il popolo di twitter insorge, perché ciò che è andato in onda, è sembrato un tacito scambio di favori. Misseri rilasciava qualche dichiarazione esclusiva che facesse fare il botto di ascolti e in cambio provava a ripulirsi l’immagine, impietosendo il pubblico con storie che richiamano alla pedofilia. Ad onor del vero, Barbara D’Urso ha più volte precisato, nel corso dell’intervista, di non voler fare dietrologia imputando a drammi infantili la causa della colpevolezza in un omicidio o quanto meno di una complicità nell’evento.

Tralasciando il caso Misseri nello specifico e focalizzandoci sulla programmazione che la tv odierna ci propone, è lecito chiedersi se sia giusto dare tanto spazio a personaggi che dovrebbero discutere le loro verità nei tribunali. Non andrebbe soddisfatta la loro vanità, trasformandoli in piccoli divi. Ma ora la realtà televisiva sembra andare così, l'intervista di Schettino a Quinta Colonna docet. La tv non si limita più ad intrattenere o informare, ma va ben oltre, indagando e scavando nel passato di persone che nei tribunali, una volta sì e una no, si avvalgono della facoltà di non rispondere, ma quando si accende la lucina rossa si raccontano come fossero in un confessionale. I processi si fanno in diretta, dai casi di violenza più atroce vengono tratti dei film, come nel caso di Amanda Knox, andato in onda nei giorni scorsi su canale 5. Vengono pubblicati libri come se piovesse con cui si monetizza su drammi e tragedie.

Mettendo per un attimo da parte la distinzioni tra Rai e Mediaset, la tv che permette a persone che si autoaccusano di omicidio di avere spazio e raccontare la loro verità è la stessa che poi punta il dito scandalizzata contro una comica torinese che ha la sola colpa di aver detto, davanti ad una telecamera, quello che gran parte dell’Italia pensa. Luciana Littizzetto è diseducativa, si dice dall’alto. Il dilemma è: è più diseducativo puntare un riflettore sul malcontento degli Italiani con una battuta colorita o permettere ad una persona che ribadisce di avere ucciso una ragazzina di raccontarci i suoi drammi?

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