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Massimo Giletti a Fanpage.it: “Ho pensato di lasciare la Tv”

Il conduttore torna con Non è l’Arena, che passa dalla domenica al mercoledì. In una lunga intervista a Fanpage.it racconta dell’estate di riflessione che lo ha convinto ad andare avanti, parla della scorta, della scomparsa dolorosa del padre e chiude definitivamente le porte alla Rai: “La mia riconoscenza per Cairo e La7 va oltre qualsiasi tipo di tentazione, anche romantica, come quella di tornare nel luogo in cui sono cresciuto”.
A cura di Andrea Parrella
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La strada è diversa, l'auto la stessa. Dal 29 settembre Massimo Giletti debutta al mercoledì in prima serata su La7, lasciando quella domenica in cui aveva detto la sua nel corso delle ultime quattro stagioni, accendendo una serata fino a quel momento spenta per la rete di Cairo. Non è l'Arena cambia giorno dopo un periodo di riflessione del conduttore e giornalista, tra i nomi più discussi e chiacchierati della Tv recente, che spiega a Fanpage.it le ragioni di questo cambio di rotta.

Giletti, veniamo da un'estate in cui abbiamo saputo solo all'ultimo momento quello che avrebbe fatto. Ha avuto divergenze con la rete?

Per la prima volta ho firmato un contratto a settembre, non era mai successo in 30 anni di lavoro. Mi sono preso un paio di mesi per capire bene cosa fare perché è stato un anno complicato, usurante. È dura lavorare quando ricevi quasi ogni domenica querele con richieste di risarcimento. Inoltre vengo da un periodo complesso, in cui ho perso mio padre e con i miei fratelli abbiamo preso in mano un'eredità pesante, visto che mandiamo avanti l'azienda di famiglia. Un insieme di cose che mi ha costretto a fermarmi.

Ha pensato anche di lasciare, o senza Tv non sa stare?

Ho riflettuto su cosa fare, la tv è un animale che ti entra dentro, ti prosciuga l'anima per come la faccio io. Lasciarla, però, è faticoso, fa parte di te anche per ragioni di narcisismo. Questa è una parte che pesa nella decisione di abbandonare, che non avevo escluso del tutto. Nella mente di ognuno di noi ci sono mille fantasmi, tante debolezze che possono portare a sconvolgimenti. Io ho preso tempo e questo tempo mi ha detto di lavorare meno per lavorare meglio. 

C'erano in ballo proposte di altre aziende?

No, non si trattava di lasciare La7 e andare da un'altra parte. Mi sono dovuto fermare per chiedermi se avesse ancora senso andare avanti, capire se avessi ancora le energie per fare questo mestiere nel modo in cui lo faccio io. Con Cairo, alla fine, ci siamo visti più volte e sono lentamente giunto a una decisione. 

Ha proposto lei il mercoledì?

Sì, l'idea del mercoledì nasce perché credo che un programma, per fare inchieste, debba durare meno di quanto durassimo noi alla domenica, quando non facevo solo il mio programma come gli altri serali, bensì ci aggiungevo anche un'ora dell'access di Lilli Gruber. Non avevo un traino e quell'ora in più vuol dire moltissimo lavoro in più. La qualità non va d'accordo con la lunghezza di un programma. 

Non è l'Arena cambierà molto?

Come io non sono più la stessa persona che è arrivata a La7 anni fa, anche il programma non sarà più lo stesso. 

Lasciando la domenica si smarca anche dalla concorrenza di Fabio Fazio e Barbara D'Urso, che avevano inevitabilmente condizionato il suo programma.

Siamo più "liberi" di costruire e plasmare un Dna diverso di Non è l'Arena, che sarà sempre meno talk e sempre più inchiesta. Proveremo ad andare oltre, più a fondo nelle vicende. 

Insomma, ha fatto un lavoro sporco alla domenica che le ha permesso, grazie agli ascolti, di fare richieste precise all'azienda.

Il fatto che La7 in questi anni sia diventata la terza rete della domenica sera, talvolta la seconda e, storicamente, una volta anche la prima, ha intimorito Cairo e Salerno all'idea che passassi al mercoledì. È un discorso imprenditoriale che comprendo, ma a me servivano sfide nuove. 

Poche settimane fa parlava, con rammarico, di aver ricevuto poca solidarietà dai colleghi di La7 come Floris e Gruber. Continua a sentirsi un pesce fuor d'acqua in questa azienda?

Ho avuto solidarietà da Cairo, Salerno e Mentana, poi è ovvio che io sono un battitore libero, l'unico conduttore a non avere un procuratore. Si sa che chi nuota da solo deve imparare a stare a galla anche in acque difficili, senza aspettarsi aiuti esterni. Ogni tanto queste solitudini fanno male e quindi uno può dire una parola di più e preferisco guardare al domani. Ognuno risponde sempre alla propria coscienza. 

Covid, Green Pass, No Vax, temi che continueranno a dettare la linea. Lei sceglierà la linea della responsabilità, oppure darà spazio anche ad altre voci?

Nella prima puntata ospiterò un'eretica, il vicequestore della polizia Nunzia Alessandra Schilirò al centro delle polemiche, essendo salita su un palco a San Giovanni per dire no al green pass. Ecco, io sono per dare spazio a chi la pensa diversamente, non credo che noi viviamo in una democrazia sospesa, non credo che ci sia un grande vecchio che complotta. Credo però che bisogna soffermarsi sul rischio che le libertà individuali non vengano tenute in considerazione. E voglio dare spazio anche a chi fa emergere certe cose. Il dibattito serve alle democrazie e la verità non è solo quella che ci viene propinata dal mainstream. Sennò non avrei fatto la battaglia contro le scarcerazioni dei mafiosi non impedite da Bonafede. 

Quindi l'idea resta quella di un programma in cui la linea del conduttore è lasciare spazio a tutti i punti di vista, anche quelli più osteggiati e problematici.

Io non sono mai stato ideologico, sono andato contro regioni gestite dalla destra come dalla sinistra. Devo dare a chi mi guarda degli strumenti di riflessione, se ci riesco ho fatto il mio, altrimenti avrò fallito. 

Da due anni vive sotto scorta, è diventata normalità?

Intanto ho grande rispetto per le persone che condividono con me le giornate, metto loro in mano la mia vita, sapendo quindi che è a rischio. Si entra psicologicamente in un vortice che può far male ed è importante non pensarci. Ribadisco che per me sarebbe importante fare una riflessione a livello nazionale chiedendosi perché chi combatte la mafia debba finire sotto scorta. 

Immagina un'alternativa?

In tanti lottano ogni giorno, sono tutti a rischio. Io ho un nome famoso, ma penso a chi è in prima linea e senza un cognome famoso fa il suo dovere. 

La percepisce come una disparità?

Semplicemente penso di non essere a rischio, a differenza di tanti che fanno il loro lavoro quotidianamente. La mia domanda resta: perché chi parla di mafia finisce sotto scorta? Nessuno mi risponde. 

Pochi giorni fa è andato in onda lo scherzo di cui è stato vittima a Scherzi a Parte. Si è arrabbiato molto e non era in studio, come mai?

Intanto è uno scherzo di due anni fa, si capisce dal fatto che non avevo la scorta. Non ero in studio per rispetto ad un contratto con La7, ma l'arrabbiatura era ampiamente smaltita. Anzi, devo dire che sono stati molto bravi a fare lo scherzo, hanno avuto un'ottima idea.

L'anno prossimo Mara Venier lascerà Domenica In. La stuzzicherebbe un ritorno nella storica fascia de L'Arena, o si è messo il ritorno in Rai definitivamente alle spalle?

Io ho vissuto anni straordinari lì, ho portato un programma a fare il 23% con 4.5 milioni di telespettatori. È stato un successo che fa parte della mia vita, ma guardo al domani e devo molto a Cairo. Per me la riconoscenza è qualcosa che va oltre qualsiasi tipo di tentazione, anche romantica, come quella di tornare nel luogo in cui sono cresciuto.

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