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Marino Bartoletti ricorda Maurizio Mosca: “Giornalista generoso e preparato, molti lo sfruttarono”

A dieci anni dalla scomparsa di Maurizio Mosca, Marino Bartoletti ricorda il collega restituendo di lui un ritratto diverso dalla vulgata comune: “Se Maurizio giocava con pendolini e caricaturalità era perché aveva una profonda conoscenza delle cose di cui parlava e su cui scherzava. Era sincero a volte fino all’incoscienza: ma sapeva sempre farsi perdonare”.
A cura di Andrea Parrella
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Il 3 aprile sono trascorsi dieci anni esatti dalla morte di Maurizio Mosca, giornalista sportivo che ai più giovani è noto prevalentemente per le sue eccentriche comparizioni televisive, rese in particolare memorabili dalla Gialappa's Band. Un personaggio, Maurizio Mosca, dalle mille sfaccettature, che è stato omaggiato da Italia 1 con uno speciale televisivo realizzato alcuni anni fa. Non solo il pendolino e le liti al Processo del Lunedì condotto da Aldo Biscardi, ma anche una carriera da giornalista che molti colleghi avevano apprezzato

A ricordarlo con particolare tenerezza è Marino Bartoletti, che poche ore fa ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un omaggio a Maurizio Mosca, ritagliandone un ritratto atipico, non senza un pizzico di critica verso chi nei suoi confronti si sia mostrato in un certo qual modo irriconoscente, sostanzialmente sfruttandolo:

"Si era ritagliato uno spazio particolare in una narrazione sportiva che la televisione stava cominciando a rendere scivolosa – scrive Bartoletti – Era un giornalista generoso e preparato, cresciuto alla Gazzetta dello Sport alla scuola di grandissimi maestri. L’entusiasmo con cui interpretava la professione gli fece prendere strade nelle quali sarebbe rimasto invischiato, a volte per eccesso di disponibilità e di bontà".

Bartoletti, famoso soprattutto come esperto non solo di sport, ma anche per la conoscenza a dir poco enciclopedica del mondo dello spettacolo, Festival di Sanremo su tutti, ricorda anche le esperienze comuni con Maurizio Mosca:

Con lui ho avuto momenti di straordinario affetto (fui l’unico a dargli una mano offrendogli una rubrica sul “Guerin Sportivo” quando troppi lo avevano dimenticato): altri di incomprensione. Di certo gli ho voluto molto bene, come non si poteva non voler bene a una creatura simile. E soprattutto, specie durante la collaborazione al Guerino, l’ho difeso come avevo fatto solo con Vladimiro Caminiti con cui condivideva la purezza, la passione, la franchezza e la nobile testardaggine dell'onestà.

Quindi la critica a chi oggi tesse le lodi di Mosca, pur non avendolo trattato bene quando era in vita: Mi fanno un po’ ridere i critici austeri (e ipocriti) che oggi lo beatificano avendolo disprezzato e massacrato per tutta la vita.

Abbiamo fatto tante, ma proprio tante cose insieme. La più folle e la più geniale (per merito suo), direi quasi indescrivibile per chi non l’ha assaporata, fu l’”Appello del Martedì”, una corte dei miracoli dove alla fine si parlava di sport con una profondità e una “serietà” (le virgolette sono d’obbligo, ma tutt’altro che denigratorie) che altrove era ignota. Una cosa è giusto che si sappia: se Maurizio giocava con pendolini e caricaturalità era perché aveva una profonda conoscenza delle cose di cui parlava e su cui scherzava. Era sincero a volte fino all’incoscienza: ma sapeva sempre farsi perdonare. E soprattutto sapeva perdonare. Purtroppo non sempre si è accorto di quanti lo abbiano sfruttato. Bastava una carezza per conquistare il suo amore.

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