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Marino Bartoletti dice addio a Facebook: “Alcuni mi mancheranno, ma è un incivile campo di battaglia”

Il giornalista Marino Bartoletti ha deciso di lasciare Facebook. Con un lungo post ha annunciato che dopo cinque anni trascorsi condividendo riflessioni e ricordi, ricevendo non sempre commenti graditi, il suo tempo è stato “sprecato” a combattere su quello che lui stesso ha definito “un incivile campo di battaglia”, senza rinnegare gli scambi positivi che si sono susseguiti in questi anni.
A cura di Ilaria Costabile
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Marino Bartoletti ha deciso di abbandonare Facebook. Il noto giornalista con un lungo post pubblicato sulla sua pagina ha salutato il popolo del noto social network, che lo ha accompagnato in cinque anni di condivisioni, di pensieri e riflessioni che, però, non sempre sono state accolte con il giusto rispetto. Una decisione sofferta che, però, rappresenta il volere del giornalista, stanco di dover combattere "su un incivile campo di battaglia".

Il congedo di Marino Bartoletti

Un giornalista a tutto tondo Marino Bartoletti, che nella sua lunga carriera ha avuto modo di incontrare grandi esponenti dello spettacolo e dello sport, e che negli anni ha continuato a commentare con occhio attento e con grande affetto tutto quello che in questi cinque anni è accaduto nel nostro Paese, condividendo ricordi, esprimendo giudizi sempre pacati e signorili. Eppure dopo cinque anni di attività costante e sempre manierata, il giornalista ha deciso di congedarsi, dopo essersi imbattuto in un ambiente sempre più inquinato:

Nell’estate del 2016 aprii questa pagina pubblica con entusiasmo, serietà, passione e voglia di condivisione, pensando di trasferirvi le mie riflessioni, i miei sentimenti, i miei ricordi e quel minimo se non di competenza perlomeno di esperienza maturata in decenni di lavoro. E l’ho sempre tenuta viva, stringendo i denti, anche quando avrei avuto ragionevolmente ben altro a cui pensare.Non volevo certo cambiare il mondo: però speravo che la mia fatica – sincera, disinteressata e ovviamente aperta a tutti – fosse un pochino più contagiosa sul piano della civiltà e della voglia di reciproco arricchimento (allora l’aggettivo “contagioso” era più facilmente sdoganabile). In parte credo di esserci riuscito: ma purtroppo solo in parte.

Il giornalista ha poi continuato manifestando il suo dispiacere nell'aver incontrato sul suo cammino personaggi che lo hanno insultato, commentando ingiustamente e talvolta in maniera ingiuriosa i suoi ricordi, le sue riflessioni, apostrofato anche in malo modo. Motivo per cui ha deciso di lasciarsi alle spalle questa esperienza:

È vero, ho trovato tantissimi compagni di viaggio meravigliosi che mi hanno seguito nello spirito e nel piacere di un fertile scambio. Ma ho anche trovato una massa – a un certo punto per me incontrollabile – di personaggi sostanzialmente votati all’infelicità (oltre che all’insolenza, all’ignoranza, alla maleducazione gratuita, alla provocazione, alla ricerca dell’attimo di gloria, alla negazione dell’evidenza, all’anonima vigliaccheria, al vittimismo, alla grafomania perniciosa, al fanatismo, all’odio insensato, in alcuni casi alla barbarie) “grazie” ai quali ho capito che il mio tempo era assolutamente sprecato. E, dunque, che il piccolissimo tentativo di “civilizzazione” era naufragato.Ho cercato il dialogo in tutte le sue forme: a volte mi sono morso la lingua, a volte no (e me ne scuso). Nella pagina pubblica più aperta al confronto che credo ci sia, mi sono sentito apostrofare con epiteti spesso ingiusti (se non addirittura pesantemente ingiuriosi) solo perché, al limite della sopportazione, ogni tanto mi sono “permesso” di replicare a commenti poco simpatici (o fuori tema): come se non ne avessi il diritto. Forse si può cercare di sconfiggere la volgarità (o perlomeno di ignorarla): ma non la tigna di voler apparire a tutti i costi pur di fare i bastian contrari (e spesso i fenomeni), ma soprattutto l’italianissimo “benaltrismo”, vero tumore di ogni forma di confronto costruttivo.

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