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Made in sud su Rai2, perché tradurre le battute in italiano?

Il laboratorio di comici napoletano è sbarcato su Rai2 da qualche settimana. Dall’enorme successo delle precedenti edizioni, adesso fatica a decollare: forse perché, “nazionalizzandosi”, ha smarrito parte della sua identità?
A cura di Andrea Parrella
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Rai2 riempie la sua seconda serata del mercoledì con Made in sud, nato come un prodotto locale, che fino all'anno scorso era trasmesso da Comedy Central e che negli ultimi tempi aveva riscosso un successo di dimensioni molto ampie, non a caso nell'ambito partenopeo. Col debutto istituzionale avvenuto da qualche settimana, i dati Auditel sono stati altalenanti, si è oscillati in un range che va dai 500.000 telespettatori, sino a superare il milione nella seconda puntata e poi installarsi attorno ai 600.000. C'è una certa facilità al tormentone, a quelle battute che danno l'impressione, in alcuni casi, di affrontare un sistema chiuso in cui ride solo chi è diventato schiavo di quelle frasi ricorrenti. Ma è una condanna che non va fatta a Made in Sud in quato è su questa impostazione che, da più di dieci anni, vengono basati tutti i laboratori comici che riescono ad avere una certa eco in televisione.

I motivi di un successo a singhiozzo – Made in sud ha alcuni personaggi validi, si porta idealmente sulle spalle la tradizione della comicità meridionale degli ultimi quindici anni, quella sdoganata in tv per mezzo di programmi similari spesso registrati agli studi Rai di Napoli. Una tradizione che ha dato vita ad alcuni personaggi permeati definitamente nella scena nazionale. E' ricettivo di un meridionalismo spinto, che sarebbe il marchio di fabbrica di tutta la carovana. E' anche il tentativo di una rete, Rai2, con un pubblico tradizionalmente "nordico", di conquistare ascolti in bassa Italia. Va ammesso che funzioni, anche perché altrimenti non si riuscirebbe a spiegarne il successo. Il fatto che non sia trascendentale ed entusiasmante, e che non registri ascolti eccezionali, è dovuto ad una serie di fattori. Tra i principali credo si possa mettere in evidenza una sorta di freno linguistico.

Se il dialetto di "italianizza" – La meridionalità, nei confronti di un pubblico nazionale, può costituire la solita lama a doppio taglio. Per superare il valico della linea di Roma, Made in sud si costringe ad attenuarla quell'origine, attutirla per farsi capire. In poche parole si spersonalizza per ammorbidire la sua sostanza dialettale, si italianizza (parola che anche solo a dirla è paradossale). Quando una cosa nasce in dialetto, il tentativo di adattarla non può essere che fallimentare, perché la veracità è la componente primaria e pure la prima a sparire se qualcosa si adatta. Sentire alcuni comici limitarsi in una battuta palesemente rivista è sintomatico e, a dire il vero, pure leggermente imbarazzante se uno fa comicità in napoletano, quella è, punto. E' evidente che non rientri nella loro volontà, che si tratti di ordini di scuderia, eppure accade. Sarebbe molto bello se non si costringesse Made in sud a vivere la propria anima meridionale come un elemento segregante, quindi a mediarla per esternarla. Perché forse in questo modo potrebbe diventare qualcosa di importante, un reale laboratorio e non essere solo una chimera.

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