Luisa Ranieri: “In Lolita Lobosco ci sono tante donne, è lontana da ogni stereotipo”
Domenica 21 febbraio sbarca su Rai1 Lolita Lobosco. In un momento d'oro per la fiction di Rai1, che ha aperto il 2021 con i grandi successi di Mina Settembre e Il Commissario Ricciardi, arriva un nuovo poliziesco ispirato ai racconti di Gabriella Genisi. La protagonista è Luisa Ranieri, che torna in Tv con un ruolo che ha come obiettivo dichiarato quello di mettersi alle spalle cliché e luoghi comuni. Un progetto in cui si è tuffata completamente, visto che è coinvolta anche come produttrice insieme al marito Luca Zingaretti. In questa intervista l'attrice racconta a Fanpage.it il progetto.
Lolita Lobosco è un personaggio dalle premesse descrittive a tinte forti. Questa donna ti somiglia o ti ha appassionata per essere totalmente distante da quello che sei?
Secondo me in Lolita Lobosco ci sono molte donne. Credo che in tante si ritroveranno nei suoi diversi aspetti. È una donna volitiva, in grado di gestire con autorevolezza gli uomini che lavorano con lei, ma è anche una donna morbida, con le sue dolcezze, debolezze. Racchiude una serie di donne, ma si tiene ben lontana dagli stereotipi. Un po' come le donne è tutto il contrario di tutto. Per forza di cose un po' mi ci riconosco anch'io.
Essendo produttrice della serie questo personaggio lo hai di fatto scelto. Come è nata l'idea di acquistare i diritti dei romanzi di Gabriella Genisi?
È nata da Luca che è un avido lettore. Aveva letto questi romanzi, restandone folgorato. "Tu lo faresti da dio", mi ha detto, sottolineando come in Lolita si trovassero tradizione e modernità, così come la durezza e la morbidezza. Quando l'ho letto sono impazzita e mi sono detta che fosse pazzesca. La scrittura di Massimo Gaudioso (sua la sceneggiatura, mentre la regia è di Luca Miniero, ndr), che ne ha fatto una trasposizione sullo schermo, riesce a racchiudere tutti i colori di questo personaggio e credo che siamo arrivati a un buon risultato che mette insieme ironia, sentimenti e un personaggio in chiave molto moderna per come affronta la vita e i rapporti.
È un personaggio dal forte retaggio letterario, in questa fiction quanto c'è della Lolita Lobosco dei libri?
Io credo resti abbastanza fedele ai romanzi. C'è di diverso un retroscena d'invenzione condiviso con l'autrice Gabriella Genisi, più adatto a un racconto per immagini, che ci ha permesso di sviluppare di più la parte personale di Lolita Lobosco, più che il caso in sé da risolvere. Ci interessava molto il suo privato, il modo in cui lei si relazioni agli altri, il suo rapporto con la famiglia di origine, con il padre. Credo che abbiamo trovato un buon compromesso.
La televisione è un proliferare continuo di ispettrici, commissari, vicequestori e il successo di questi personaggi sembra eterno. Da cosa dipende?
Il ragionamento è letterario. Di base la detection interessa, incuriosisce si presta naturalmente al racconto delle storie. Ci piace e non riguarda solo il racconto di fiction in Italia, ma anche a livello internazionale.
Bari è protagonista delle vicende di Lolita Lobosco. Una nuova fiction meridionale che sembra sfuggire agli stereotipi. È così?
Io penso che il sud in generale si presti molto a raccontare l'Italia, perché è un concentrato di tante sfaccettature del paese. In questo caso Lolita si muove in un sud che non è iconico, un sud che potrebbe essere qualsiasi sud e questo secondo me dà più spazio al racconto, restituendo un'idea di normalità.
Spiragli per una seconda stagione di Lolita Lobosco?
Questa prima stagione riprende quattro dei racconti di Gabriella Genisi. Ce ne sono altri, ma per ora attendiamo di capire come andrà.
Ti cimenti nel dialetto barese e da napoletana sai quanta suscettibilità possa esserci da parte di chi sente parlare il proprio accento da chi non è conterraneo. Hai fatto i conti con questa cosa?
Mi è accaduto anche quando ho fatto il siciliano e la paura di sbagliare c'è sempre. Allo stesso tempo gli attori interpretano e si prendono delle licenze. Con il regista ho cercato un barese che fosse comprensibile da Bergamo a Lecce e questo perché non volevo escludere nessuno dal racconto e soprattutto perché nei nei momenti emotivi del personaggio volevo evitare di utilizzare un dialetto che potesse risultare comico. Lo uso in maniera molto asciutta, anche a differenza di tanti personaggi intorno a me, perché una protagonista deve reggere un prodotto di respiro nazionale. Abbiamo quindi diluito l'accento, provando a renderlo credibile. Ai posteri l'ardua sentenza, ma Lunetta Savino, che pure è molto critica, mi dice che ho fatto un buon lavoro. Chiaramente non si sentirà di che parte specifica della Puglia.
Sulla fiction televisiva c'è sempre stato un grande pregiudizio. Il tuo primo lavoro in Tv risale al 2000, cosa è cambiato in questi 20 anni?
Secondo me non è cambiato tanto. Per molto tempo si è pensato che il cinema fosse la sola forma d'arte nobile. Noi facciamo questo mestiere per un pubblico vasto, se non va più al cinema credo sia inutile darsi i pizzichi sulla pancia, raccontandosi quanto si è bravi. La televisione si può fare bene, basta lavorarci con la stessa serietà con cui si fa il cinema. Si è capito col tempo che la televisione è una chance mentre prima, forse, veniva vista come un limite.
Molto è cambiato nella scrittura.
Col tempo la televisione, credo non a caso, ha iniziato a servirsi di romanzi proprio perché ha bisogno di struttura, di un racconto lineare e approfondimento. Le cose vanno date al pubblico nella modalità in cui è pronto a riceverle, perché siamo qui per loro.
Sei stata volto di Boris, una serie che ha fatto a pezzi una certa serialità televisiva.
Quella era un'esasperazione della serialità intesa come soap opera, mi sono divertita tantissimo a farlo. Mai prendersi troppo sul serio e io sono pronta a mettere sempre in discussione tutto e ricominciare da capo. Alla fine del giorno siamo giullari, mai dimenticarselo.
Nei romanzi Montalbano "compare" come un vecchio amore di Lolita Lobosco. Non posso non chiederti se qui lo ritroveremo in qualche modo.
No, non ci sarà, state tranquilli, spero l'assenza non addolori troppo.