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LOL potrebbe far ridere tantissimo ma sceglie di non far ridere

Il primo format comico di Amazon Prime, condotto da Fedez e Mara Maionchi, ha il vantaggio di non essere sporcato dalla televisione e tutti i pregiudizi che la accompagnano. Ma è un format che rischia di impantanarsi sulla premessa dalla quale parte: far ridere senza ridere. Un’ambizione enorme, controintuitiva, che confonde i ruoli di chi guarda e chi partecipa al programma.
A cura di Andrea Parrella
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Una sfida fra dieci comici professionisti che dovranno restare seri per sei ore consecutive provando, contemporaneamente, a far ridere i loro avversari. Così si presenta "LOL – Chi ride è fuori", primo format comico di Amazon Prime, con Fedez affiancato da Mara Maionchi a dirigere un cast di personaggi dalla cifra comica indiscutibile, ognuno nel suo ambito, ognuno per motivi diversi.

Come funziona LOL

Una scommessa complessa, non solo perché ambisce a creare un proprio filone comico italiano nella galassia delle piattaforme streaming, ancora inesplorata da questo punto di vista. È complessa perché si tratta di un format che aspira a far ridere mettendo in scena personaggi impegnati a non ridere pur dovendo far ridere gli altri. Ha i caratteri del paradosso, o della sceneggiatura di un film di Christopher Nolan, ma è così.

La libertà di parola(ccia)

Vari elementi rendono interessante questo esperimento, prima di tutto la libertà di turpiloquio: parolaccia libera e niente bip di copertura. Aspetto che fa quasi sorridere venga sottolineato ma che non è affatto irrilevante se rapportato agli standard televisivi italiani. La differenza tra la televisione e la piattaforma streaming non è, dunque, solo tecnologica, ma anche linguistica e, quindi, culturale. Questo spiega, in parte, l'entusiasmo che ha accompagnato LOL nei primi giorni di uscita, accolto come un titolo rivoluzionario, dal carattere messianico: LOL non è sporcato dalla televisione, la piattaforma ne pulisce i peccati. Lo si guarda sospinti da un liberatorio "finalmente!".

Altro dato decisamente intrigante di LOL è quello di assistere a comiche e comici messi sistematicamente, per sei ore, davanti alla circostanza più avvilente per chiunque svolga questo mestiere: un pubblico che non reagisce. È la materializzazione del dramma, l'horror vacui che imbarazzerebbe non solo chi sta sul palco, ma anche chi sta in platea.

Un cast micidiale, che non può ridere

Al netto dei pregi ci sono dei limiti. Quello principale di LOL è che sceglie di non far ridere, pur essendo nelle condizioni di far ridere tantissimo. Il programma resta incastrato nel suo stesso regolamento, che è controintuitivo rispetto all'obiettivo di base di uno show comico. La libertà totale concessa ai protagonisti, fare qualsiasi cosa per far ridere gli altri a patto che non si rida, impone un limite congestionante sia per i partecipanti che per chi guarda il programma. La risata è il frutto di un meccanismo apparentemente semplice, in cui i ruoli di chi deve generarla e chi manifestarla sono interconnessi. In questo caso vengono completamente stravolti, sparigliando le carte in un modo che finisce per risultare confusionario.

LOL non premia l'onestà

Infine: quale effetto si cerca nello spettatore? Chi guarda il programma deve ridere oppure no? Tra gli effetti collaterali di LOL c'è il rischio di essere un antidoto alla sincerità di giudizio verso cosa meriti di suscitare una risata e cosa no. Se l'unica regola trasversale è non ridere, passa l'idea che la barzelletta raccontata da Pintus sia simpatica quanto quella di Lillo, che il balletto di Ciro Priello sia divertente quanto quello di Michela Giraud, che la gag di Caterina Guzzanti sia spassosa quanto un monologo di Luca Ravenna. Insomma che tutto sia potenzialmente divertentissimo, però "scusa, mi dispiace, fa ridere tantissimo ma il regolamento mi vieta di farlo". Invece non è così e quanto sarebbe bello se a LOL si aggiungesse il vincolo di onestà. Cambio titolo suggerito: LOL – Ridi solo se fa ridere.

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