L’Inghilterra riparte, Giorgio Locatelli: “Fiducia in vaccino Astrazeneca, l’unico modo per uscirne”
Il Regno Unito ha superato le 43 milioni di dosi di vaccino anti-Covid somministrate e nelle ultime 24 ore i nuovi casi sono stati 3mila su oltre 1,6 milioni di tamponi. Solo 4 i morti e il numero di ricoveri negli ospedali è ridotto a circa 2mila. In questo clima di maggiore distensione si sono fatte largo le riaperture di lunedì scorso dopo un lungo lockdown che durava dall'8 dicembre 2020.
Abbiamo raggiunto Giorgio Locatelli in Inghilterra a Londra, dove vive nella zona di Camden Town, e dove gestisce la sua stellata Locanda Locatelli sulla Marylebone High Street, la strada dove si dispongono le boutique indipendenti e i ristoranti più eleganti della capitale. Pronto a tornare con Masterchef 2021/2022 (casting aperti sul sito ufficiale Sky) insieme ad Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri, lo chef Locatelli è ripartito con il suo ristorante e quando lo abbiamo contattato era in procinto di fare la seconda dose di Astrazeneca.
Ciao Giorgio, avete riaperto dopo un lungo lockdown. Dall'Italia abbiamo visto scene commoventi: tavoli pieni di gente nei dehors, assembramenti, abbracci e baci senza mascherine. Ci spieghi meglio e senza pericolose semplificazioni com’è la situazione lì?
C’è un sentimento di sicurezza basato sul fatto che abbiamo più di 40 milioni di persone vaccinate, la gente si è sentita liberata ma continua a rispettare le regole. Noi ristoratori non facciamo entrare nessuno nei locali se non tramite l’app dell’NHS (sistema inglese per tracciamento contatti) e più in grande si parla di passaporti vaccinali. Resto convinto che l’unico modo di uscire è vaccinarsi. In questi giorni quando sono sceso a lavorare ho visto il risveglio del quartiere con i proprietari di locali e negozi intenti a pulire e riempire le vetrine. Mi ha fatto effetto, ho pensato che alla fine ce la stiamo facendo a venirne fuori.
Avete vissuto diverse fasi dall'inizio della pandemia e non sempre con la gestione Johnson è andato tutto liscio…
Beh sì, siamo la nazione d’Europa che ha avuto il tasso più alto di mortalità, la situazione all'inizio non è stata gestita bene, tant'è che siamo finiti in total lockdown dall’8 di dicembre con solo i take away aperti e questo ha sicuramente pagato in termini di efficacia nel contenimento dei contagi, ma non ha giovato al nostro umore. Dopo però c’è stata una svolta, dovuta probabilmente a una coesione politica, visto che all’annuncio del secondo lockdown non c’è stata alcuna forma di opposizione. Cosa che ho visto accadere in Italia, dove mi è sembrato che con aperture e chiusure e le zone di tutti i colori sia stata fatta una gran confusione. Insomma, in Inghilterra la pandemia non mi è sembrata così tanto politicizzata come da voi.
È un momento difficile per qualsiasi imprenditore, soprattutto per la gestione di dipendenti e stipendi. Un carico emotivo che pesa quanto quello economico. A te com'è andata?
Bene, sono stato fortunato. Qui una cosa che ha funzionato benissimo è stato il furlough, ovvero la vostra cassa integrazione. A seguire, per le attività più piccole o in difficoltà, sgravi fiscali e sugli affitti, oltre ai prestiti garantiti con interessi più bassi possibili, hanno dato la possibilità a chi stava annegando di tenersi a galla. Perché è vero che siamo nello stesso mare in burrasca ma con una barca differente: un ristorante come il mio che ha 70 o 80 persone di personale e fattura in proporzione è completamente differente da un ristorante a conduzione familiare. Queste agevolazioni hanno creato un clima più pacifico perché non abbiamo dovuto assistere alla disperazione di dipendenti con famiglie a carico, lasciati scoperti per mesi dai ristori.
Cos'altro ti ha dato fastidio?
L’aver sentito che l’Inghilterra sta andando meglio perché è fuori dall’Europa, non sono tanto convinto di questo, anzi nei prossimi anni avremo problemi più grossi. Stiamo assistendo a una crescita incredibile dei prezzi della roba importata, il doppio di quello che importavamo prima dall’Italia, un danno incredibile. E per quanto riguarda la pandemia, le scelte sarebbero state uguali se fossimo rimasti in Europa, è stata una strumentalizzazione ridicola dire il contrario.
Nel Regno Unito la vaccinazione con Astrazeneca è stata massiva. Quale reazioni avete avuto alla luce delle limitazioni e blocchi adottati da molte nazioni europee, inclusa l'Italia?
I numeri qui parlano chiaro, le trombosi vengono ugualmente. Io ho 58 anni, oggi pomeriggio alle 14.50 vado a fare la seconda iniezione del vaccino Astra e sono serenissimo. La gente qui si fida, fa la coda per vaccinarsi, non c’è stato nessun gioco politico.
Cosa credi abbia fatto la differenza?
Ti dico una cosa: io ho anche un ristorante a Dubai, uno a Cipro e uno in Montenegro. A Dubai hanno fatto solo il vaccino cinese e per le attività se ne sono fatti carico i datori di lavoro. In sostanza, a tutti i ristoranti e gli hotel hanno permesso l’apertura solo con piano vaccini completo al proprio personale. Da noi, nel complesso dell’Atlantis, ci sono 4.800 dipendenti e in due giorni li hanno vaccinati tutti. Stessa cosa a Cipro. Il vaccino, qualunque sia, è l’unica soluzione reale per riaprire.
Alla luce di queste riaperture, è possibile auspicare un reale ritorno alla normalità o vedi le persone ancora molto impaurite?
Noi al momento abbiamo solo il dehors del locale aperto con 40 coperti invece di 90. La gente, nonostante le limitazioni, è felice di essere tornata ad una pseudo normalità ed è anche più contenta di prima di uscire. Anche ieri sera è stato bellissimo, un feeling travolgente, sebbene faccia ancora un po’ freddo e le persone semmai sostano meno al tavolo. Motivo per il quale abbiamo predisposto funghi riscaldanti, coperte e boule dell'acqua calda, in attesa che arrivi davvero l'estate.
In questo momento storico così difficile, ti va il merito di aver contribuito all’intrattenimento televisivo con Masterchef. Oltre al sorriso, credi nel valore della cucina come terapia domestica?
In questa pandemia a fine giornata non ci rimanevano che la tv e la cucina. L’ultima edizione di Masterchef è stata volutamente più dolce, inclusiva, godereccia, un ritratto dell’Italia che abbiamo adesso. E il suo successo penso sia derivato anche da questa identità in cui riconoscersi, non solo dal fatto che le persone fossero isolate in casa. Lato team sono stato fortunato: abbiamo registrato a ridosso del primo lockdown e devo dire che quel clima ci aveva trasmesso un bel po’ di paura. Sono stati mesi duri, ma abbiamo rispettato rigidi protocolli e alla fine non è uscito nemmeno un positivo. Un bel sospiro di sollievo.
È stata un'edizione anche molto variegata lato personaggi: Maxwell, Aquila, Jia Bi Ge, Monir, ognuno ha contribuito con la sua cultura e la sua diversità.
Assolutamente, un cast selezionato con quelle intenzioni. Quest’anno c’è stato anche meno narcisismo e competizione, hanno vissuto la gara con grande empatia, c’era rispetto tra i concorrenti, è stato bello assistere a quel tipo di show dei sentimenti. Sai una cosa di Monir? Sono stato l’unico a credere davvero in lui. Il suo enorme seguito su Instagram è lo specchio dell’Italia del futuro, dove anche la cucina avrà sempre più un occhio sul mondo. Monir è un gran survivor, dietro le quinte lo chiamavo coackroch, ossia scarafaggio, l'unico essere che quando accadrà la guerra nucleare riuscirà a sopravvivere.
Chef televisivi che poi si sono improvvisati come giudici o conduttori in altri programmi. Lo farai anche tu?
Beh sai, quando ho iniziato a fare lo chef non avrei mai immaginato che sarei finito a fare televisione. È stato un processo molto naturale che ha cavalcato il mio carattere e le mie attitudini, oltre a godere di un momento favorevole per i cooking show. A me piace lavorare in tv, arrivare nelle case di milioni di persone esalta uno come me che è già esaltato dalle 100 persone che arrivano nel suo ristorante. Sicuramente mi piacerebbe continuare nella documentaristica, come ho già fatto per cinque anni in Italy Unpacked della BBC. Una nazione si vede dal cuore, dalla testa e dalla pancia, ecco io vorrei attraversare tutto questo in Italia e portarlo all’estero, mostrare la nostra enorme ricchezza culturale.
La tua indole poco solitaria ti ha aiutato in questo?
A me la gente piace, a star da solo non sono capace, faccio fatica. Mia moglie dice invitiamo almeno tre o quattro persone a cena altrimenti non sei contento (ride, ndr). “C’è abbastanza audience stasera per i tuoi gusti?”, a casa mi prendono in giro così.
Si è liberato un posto come conduttore di x Factor, ci vuoi pensare?
Sulla musica sono scadente. Come ruolo, mi sento già sul filo per quanto riguarda la cucina, non mi permetterei mai di giudicare altro. Riuscire a trasmettere le mie emozioni in un programma però mi piace molto, per questo vorrei spingere l'Italia nella documentaristica culinaria. Perché l’Italia è una nazione complessa, ho attraversato nazioni anche più sviluppate ma con un carattere più lineare, noi invece siamo tutti artisti. Questo crea un valore incredibile ed è un peccato se non venisse esportata bene questa capacità di sentirsi così diversi dagli altri.