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Leosini: “Donne responsabili se restano con chi le picchia”, centri antiviolenza: “La Rai la fermi”

Franca Leosini ha intervistato Sonia Bracciale nel corso del programma Storie Maledette. La donna è stata condannata con l’accusa di essere la mandante dell’omicidio dell’ex marito. In merito alle violenze che la Bracciale avrebbe subito dall’uomo, la Leosini ha commentato: “Lei ha un quoziente di responsabilità come ce l’hanno tutte le donne che al primo omaggio di uno schiaffone non mollano l’uomo che si è permesso di darglielo”. La frase ha suscitato indignazione. Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in rete contro la violenza, ne ha parlato su Fanpage.it.
A cura di Daniela Seclì
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Franca Leosini nella puntata di Storie Maledette del 14 giugno
Franca Leosini nella puntata di Storie Maledette del 14 giugno

Franca Leosini ha intervistato Sonia Bracciale nel corso del programma Storie Maledette. La donna è stata condannata a 21 anni di reclusione perché accusata di essere la mandante dell'omicidio dell'ex marito Dino Reatti. Bracciale, che si dichiara innocente, sostiene di aver subito più volte violenze da parte dell'uomo e ha mostrato le immagini di lividi e fratture. La giornalista Franca Leosini, che pure ha rimarcato l'orribile trattamento subito, le ha detto: "Lei ha un quoziente di responsabilità come ce l'hanno tutte le donne che al primo omaggio di uno schiaffone non mollano l'uomo che si è permesso di darglielo". L'approccio avuto dalla conduttrice ha suscitato la ferma reazione di Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, Donne in rete contro la violenza e rappresentante di una rete di 81 organizzazioni che gestiscono centri antiviolenza e case rifugio. Fanpage.it l'ha intervistata.

Partiamo dalla frase pronunciata da Franca Leosini che ha scatenato le polemiche.

Si è rivolta a Sonia Bracciale quasi come fosse stata una stupida a non lasciare l'uomo al primo schiaffone. Diciamo che tutta l'intervista è intrisa di stereotipi, insinuazioni sul presunto comportamento della donna che avrebbe fatto irritare, arrabbiare il marito, dunque quasi colpevole di aver provocato la violenza. Si ripresentavano, durante l'intervista, giudizi moralistici, etici, sul comportamento che aveva "suscitato passioni in altri uomini". Nel complesso la Leosini divide le donne in due gruppi, secondo un antico stereotipo di genere.

Che distinzione ritiene che Franca Leosini faccia?

Da una parte ci sono le donne perbene, che si comportano come si devono comportare secondo un'immagine di un patriarcato che impera e dall'altra le donne che seguono le loro passioni, i loro desideri. Leosini disconosce la libertà femminile. Le donne devono stare al loro posto, che è il posto di moglie e madri ubbidienti. Se fanno di testa propria devono accettare tutte le conseguenze, come a dire: "Te la sei cercata". È proprio quando una donna esercita la sua libertà femminile, che si scatena la violenza. Lasciare spazio a tale libertà è l'unico mezzo per contrastare la violenza maschile.

Sonia Bracciale aveva anche denunciato l'ex marito, come la stessa Leosini ha ricordato.

Sì, ma le denunce non sono servite a nulla. Come accade spesso. La giornalista, se così possiamo dire, non ha colto l'occasione per approfondire perché ancora oggi in Italia, troppe volte le donne che denunciano non sono credute, i processi si trasformano in calvario. Sul banco degli imputati va a finire proprio chi ha subito violenza. Si dovrebbe parlare molto di più del cattivo funzionamento della Giustizia.

In base alla sua esperienza, perché le donne non denunciano subito come Franca Leosini auspicherebbe?

Ogni donna ha una storia a sé, non si può semplificare come è stato fatto in una trasmissione come quella a cui abbiamo purtroppo assistito sul Servizio Pubblico, sulla Rai. Si rende conto della pericolosità delle cose che questa signora è andata a dire e quanta gente l'ha ascoltata? I motivi possono essere diversi. Ci sono ricatti di natura economica o psicologica, la paura per i figli minori che a volte sono testimoni di violenze reiterate. Inoltre, la donna pensa spesso che quell'uomo che ha amato, che ha sposato, con cui ha stabilito una relazione di intimità possa ravvedersi. Le nostre esperienze da oltre 30 anni a questa parte, hanno dimostrato che non è possibile.

Quale crede che sia il ruolo della Rai in questa vicenda?

Il programma è registrato. Mi chiedo come mai nessuno della Rai lo abbia visionato prima. Come mai non hanno riconosciuto la vittimizzazione secondaria e il sessismo. La Leosini si è comportata esattamente come tanti avvocati che nelle aule di tribunale difendono i maltrattanti e tempestano le donne che denunciano la violenza con domande che sembrano dire: "Sei stata tu a provocarlo". Un programma così impostato non doveva andare in onda. Tra l'altro non rispetta la Convenzione di Istanbul, che chiede un'attenzione particolare da parte dei media per evitare di riproporre stereotipi di natura sessista.

Si aspetta una reazione da parte della dirigenza Rai?

Mi auguro che il dibattito e le proteste che sta suscitando il programma della Leosini, servano ad aprire gli occhi alla dirigenza. Mi auguro che venga un attimo fermata. Preciso che non ho niente di personale contro la Leosini. Non la conosco. Dico semplicemente che il suo messaggio reca un forte danno a chi da anni si batte per l'affermazione della libertà delle donne dalla violenza. La visibilità di un programma del genere è tale che potrebbe danneggiarci. È il messaggio che veicola che ferisce. Credo sia importante che la Rai si assuma la responsabilità e stigmatizzi i contenuti del programma.

Antonella Veltri, presidente D.I.RE
Antonella Veltri, presidente D.I.RE

Tornando alla violenza sulle donne, qual è il primo campanello d'allarme a cui si dovrebbe prestare attenzione?

Esiste un ciclo della violenza. Si parte dal mancato rispetto della dignità e volontà della donna, aspetti a cui non diamo molto peso. Un ricatto economico, il controllo dello smartphone, l'eccessiva presenza e pressione sulla vita della donna indipendente dalla relazione. Quando questo controllo diventa più esasperato, siamo alle prime manifestazioni di violenza che possono essere verbali. Poi i primi maltrattamenti, strattonamenti, si alzano le mani. E via, via una escalation. In Italia ci sono 150 femminicidi all'anno, un numero stabile che non accenna a diminuire. Il 78% delle donne assassinate erano tra le mura domestiche e il 28% aveva già denunciato.

Sonia Bracciale è stata condannata come mandante dell'omicidio dell'ex marito. Più in generale, quando una donna vittima di violenza diventa in qualche modo carnefice, perde il diritto alla compassione?

La compassione può attraversarci a prescindere dall'episodio. Non mi sento di risponderle con un'affermazione, né con una negazione. Certamente credo che questa donna abbia subito molto. Questo non legittima un omicidio. Andava fermato prima questo percorso malsano, le cui radici si trovano in fenomeni di sopraffazione dell'uomo sulla donna.

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