Leo Gullotta: “Mi tolsero il ruolo di Don Puglisi perché sono omosessuale, fu uno schiaffo tremendo”
Leo Gullotta è uno degli attori più stimati in Italia. La sua brillante carriera, che dura ormai da 54 anni, ne è la prova. Oggi ha 74 anni e mantiene intatte la serenità, la curiosità e l'umiltà che gli hanno permesso di approcciarsi in modo positivo a un mestiere carico di incognite. Gullotta si è raccontato in un'intervista rilasciata a Il fatto quotidiano, spaziando dai pregiudizi subiti perché omosessuale, alla situazione del teatro in Italia durante l'emergenza Coronavirus.
Leo Gullotta e il ruolo che gli tolsero perché omosessuale
Dopo aver fatto coming out nel 1995, nel 2019 Leo Gullotta ha annunciato di aver sposato il suo compagno. Ne ha parlato a cerimonia avvenuta perché non intendeva usare un suo fatto privato per farsi pubblicità. Nonostante l'immenso talento artistico, nel corso della sua carriera gli è capitato che gli togliessero un ruolo solo perché aveva dichiarato di essere omosessuale:
"Dovevo interpretare Don Puglisi in un progetto importante, stavamo per iniziare a lavorarci quando il regista mi chiamò: pensavo che si trattasse dei soliti ritardi, invece mi disse che il mio nome era saltato. A qualche funzionario della Rai suonò il campanello d’allarme per la propria carriera: ‘Chissà cosa dirà il Vaticano se scegliamo un omosessuale dichiarato per interpretare Padre Puglisi'. Fu uno schiaffo tremendo, ma non mi arresi".
Il teatro ai tempi del Coronavirus e la risposta della politica
"Viviamo in un momento di follia totale": ha commentato Leo Gullotta riguardo all'emergenza Coronavirus. Secondo l'attore, è difficile in questo momento riuscire a prevedere il destino del teatro in Italia. Tutto è fermo da mesi e Gullotta ha l'impressione che a nessuno interessi davvero che migliaia di persone non abbiano più un lavoro per provvedere alle loro famiglie:
"La risposta della politica? Non pervenuta. I politici non conoscono la macchina dello spettacolo e si capisce da come sono stati scritti alcuni protocolli, che sono insensati. In più ci scontriamo con regole sindacali vecchie che vanno ridiscusse: è un sistema fragile che va ripensato completamente e in chiave ambiziosa. La cultura dà lavoro ma molti lo pensano come un passatempo".