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Lea Garofalo, la donna che si ribellò alla ‘ndrangheta raccontata da Marco Tullio Giordana

Dopo aver narrato la storia di Peppino Impastato nel film “I cento passi”, Marco Tullio Giordana racconta un altro esempio di coraggio. Nella fiction “Lea”, in onda il 18 novembre su Rai1, il regista ripercorre il vissuto di Lea Garofalo, mamma coraggio che si ribellò alla ‘ndrangheta.
A cura di Daniela Seclì
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Il 18 novembre su Rai1 andrà in onda la fiction "Lea", che celebrerà il coraggio di una donna che non ha avuto paura di ribellarsi alla ‘ndrangheta. Lea Garofalo era nata con un destino già segnato. Il fratello, infatti, era il capocosca locale. Il compagno della donna, Carlo Cosco, era il suo braccio destro. Ma lei non voleva accettare di vivere nell'ingiustizia, con i tempi scanditi dallo spaccio e dall'usura che suo marito gestiva a Milano per una cosca calabrese.

In nome della libertà a cui aspirava per sé e per la figlia Denise, Lea raccolse tutto il suo coraggio e dopo aver interrotto la relazione con Carlo Cosco andò a denunciare i suoi traffici. Per due volte fu posta sotto protezione ma fu tutto inutile. Il 24 novembre 2009 si persero le sue tracce.

Denise decise di seguire l'esempio della madre. Temendo che potesse esserle successo qualcosa di grave, denunciò il padre permettendo così agli inquirenti di seguire la pista giusta. I resti della donna furono ritrovati in un campo, era stata sequestrata in zona Arco della Pace a Milano, uccisa e data alle fiamme.

Carlo Cosco e altri tre complici furono condannati all'ergastolo. Un quarto, invece, ebbe una riduzione di pena a 25 anni. Alcuni anni dopo il delitto, Cosco ha dichiarato di sperare nel perdono della figlia Denise:

"Mi assumo la responsabilità dell’omicidio, merito l’odio di mia figlia. Io adoro mia figlia, merito il suo odio perché ho ucciso sua madre. Guai a chi sfiora mia figlia, prego di ottenere un giorno il suo perdono”.

Il 19 ottobre 2013 furono celebrati i funerali pubblici a Milano per omaggiare il coraggio di Lea Garofalo. In quell'occasione, la figlia Denise si collegò con la città da una località segreta dove vive sottoposta ad un programma di protezione:

"La mia cara mamma ha avuto il coraggio di ribellarsi alla cultura della mafia, la forza di non piegarsi alla rassegnazione e all’indifferenza. Il suo funerale pubblico è un segno di vicinanza non solo a lei, ma a tutte le donne e agli uomini che hanno rischiato e continuano a mettersi in gioco per i propri valori, per la propria dignità e per la giustizia di tutti".

A sinistra i funerali di Lea Garofalo, a destra Peppino Impastato
A sinistra i funerali di Lea Garofalo, a destra Peppino Impastato

Marco Tullio Giordana: "Peppino Impastato e Lea Garofalo non sono vittime, la loro forza supera la morte"

15 anni dopo aver raccontato la storia di Peppino Impastato nel film "I cento passi", Marco Tullio Giordana torna a raccontare il coraggio di opporsi alla criminalità. Intervistato da AskaNews, il regista ha dichiarato:

"Sono storie abbastanza simili, anche lì c'è un contesto familiare, c'è una ribellione rispetto a questo contesto familiare, c'è la punizione tremenda, ma nel caso di Lea c'è qualcosa che non aveva Peppino Impastato, cioè una figlia, che ha avuto il coraggio di assumere quello che era stato fino ad allora il ruolo di ribelle della madre e di andare contro i suoi assassini, e quindi di reggere il peso del processo, della solitudine, il coraggio, che è una qualità rara".

Il regista, però, ne è certo. Peppino Impastato e Lea Garofalo non sono vittime:

"Nella vittima c'è l'idea della fatalità, del destino, di un incidente. Queste sono persone che sono state eliminate, perché erano degli ostacoli, dei pericoli per i criminali, e sono dei caduti, e la loro forza rimane anche dopo la loro morte".

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