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La vera storia di Chiara Lubich, Capotondi: “Con i focolarini ho portato doni e amore ai bisognosi”

La vera storia di Chiara Lubich è raccontata nel film in onda su Rai1 Chiara Lubich – L’amore vince tutto. La fondatrice del Movimento dei Focolari ha speso la sua vita in nome della fratellanza universale, diventando un simbolo del dialogo interreligioso e interculturale. A interpretare Chiara Lubich è Cristiana Capotondi che ne ha parlato in un’intervista rilasciata a Fanpage.it.
A cura di Daniela Seclì
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Chiara Lubich e Cristiana Capotondi
Chiara Lubich e Cristiana Capotondi

La vera storia di Chiara Lubich è raccontata nel film di Rai1 Chiara Lubich – L'amore vince tutto. A interpretare la maestra elementare, fondatrice del Movimento dei Focolari, è Cristiana Capotondi. L'attrice ha raccontato a Fanpage.it il suo incontro con i focolarini e ha rimarcato come il messaggio di Chiara sia fondamentale anche ai tempi del Covid. Ma prima conosciamo meglio la storia di questa donna, che il Presidente Giorgio Napolitano – nel giorno della sua morte avvenuta nel 2008 – definì "una delle figure più rappresentative del dialogo interreligioso e interculturale", in grado di confrontarsi con il mondo laico "sulla base della supremazia degli ideali umani della solidarietà, giustizia e pace fra popoli e nazioni".

Chi era Chiara Lubich

Nata il 22 gennaio del 1920 a Trento, Chiara Lubich (all'anagrafe Silvia, ndr) è la fondatrice del Movimento dei Focolari, che si basa sul versetto del Vangelo secondo Giovanni: "Perché tutti siano una sola cosa". Era una maestra delle scuole elementari, quando la Seconda Guerra Mondiale ridusse in macerie la sua città. Mentre le bombe generavano morte, odio e divisione tra i popoli, Chiara rivolse lo sguardo a Dio e riconobbe in Lui l'unico ideale in grado di non sgretolarsi tra le mani sanguinose della guerra. Il 7 dicembre del 1943, fece voto di castità e adottò il nome della santa di Assisi. Nel 1944, un bombardamento distrusse la casa dei Lubich. La famiglia fu costretta ad allontanarsi dalla città ma Chiara decise di restare a Trento e con un gruppo di amiche si spese per la comunità, con un occhio particolare a chi aveva perso tutto. Nacque così, il primo focolare.

Il Movimento dei Focolari

Chiara Lubich spiegò come decise di fondare il movimento su uno specifico versetto del Vangelo: "Era la festa di Cristo Re e c'era scritto nella Messa: ‘Chiedete e vi darò in eredità tutte le genti'. Io dicevo alle mie compagne: ‘Arriveremo in tutto il mondo‘. Abbiamo pregato insieme di poter essere strumenti per portare questo spirito d'amore, di luce, in tutto il mondo. Noi dovevamo realizzare la preghiera di Gesù: ‘Che tutti siano una cosa sola, che tutti siano una famiglia‘". Non mancarono gli ostacoli. Mentre sempre più persone si raccoglievano attorno a Chiara, il Sant'Uffizio volle vederci chiaro ma nel 1962, Papa Giovanni XXIII diede la prima approvazione al Movimento con il nome di Opera di Maria, approvazione diventata definitiva nel 1964 con Paolo VI. Chiara Lubich pretese e ottenne che a capo ci fosse sempre una donna e questa regola vale ancora oggi. Il Movimento, intanto, iniziò a estendersi in tutto il mondo accogliendo anche persone che professavano una diversa religione o non credenti che però si riconoscevano nei principi dell'amore universale, dell'unità umana, della fratellanza, della pace.

L'eredità di Chiara Lubich e le controversie

Chiara Lubich è morta il 14 marzo 2008. Aveva 88 anni. Nel corso della sua vita ha ricevuto numerose onorificenze e in questi anni è stato avviato anche il processo di beatificazione. Quando le fu chiesto quale eredità intendesse lasciare, replicò: "Se dovessi lasciare un'eredità direi: amatevi a vicenda come Gesù ci ha amati, siate pronti a morire l'uno per l'altro, siate una famiglia. Questo direi, è tutto qua". Negli anni non è mancato chi ha deciso di lasciare il Movimento dei Focolari. Il caso più noto è quello dell'ex focolarina Renata Patti (qui il video della sua testimonianza). Dopo 31 anni nel Movimento, la donna descrisse così la sua esperienza: "Pensavo di trovare l'amore reciproco e invece sono stata spesso maltrattata psicologicamente". Secondo quanto sostiene, l'unità predicata da Chiara Lubich in alcuni casi non sarebbe stata vissuta "come comunione" ma come "assorbimento e annullamento della propria personalità nell'autorità e nel gruppo nel quale ci si deve fondere a tutti i livelli".

Papa Giovanni Paolo II e Chiara Lubich
Papa Giovanni Paolo II e Chiara Lubich

Intervista a Cristiana Capotondi

Cristiana, quale elemento ti ha colpito di più quando ti sei accostata alla storia di Chiara Lubich?

Ho ammirato questa giovane donna che, nel momento in cui vede la propria città, Trento, bombardata dagli alleati, decide di rispondere a questo grande dolore unendo le forze a un gruppo di amiche e poi coinvolgendo quasi tutta la città, per aiutare i più bisognosi. Ecco, mi ha colpito la sua visione, la sua generosità, la sua spiccata civiltà. Le venne naturale prendersi cura e donarsi alle persone che non avevano più niente. Leggendo e praticando il Vangelo, capì che il senso della sua vita era realizzare la fratellanza universale.

Hai avuto modo di visitare la sua casa a Rocca Di Papa. Cosa ti ha raccontato quel luogo di Chiara?

È un vero e proprio focolare. Poche cose di buon gusto. Aveva un equilibrio molto particolare rispetto all'avere. Se ad esempio entrava in casa un vestito nuovo, annotava subito sul suo taccuino a chi regalarlo. Non le piaceva accumulare le cose. Aveva sempre la casa pulita, con dei fiori. Poi aveva una postazione dalla quale già a cavallo tra gli anni '80 e '90, comunicava con tutti i focolari del mondo. Le installarono un'antenna particolare, per rimanere accanto alle persone che aderendo al Movimento dei Focolari facevano del bene nelle proprie città. Non faceva sentire nessuno escluso. Mi ha sorpreso questa sua intuizione comunicativa.

Nel raccontare la storia di Chiara, vi siete attenuti fedelmente alla realtà o ci sono delle differenze tra film e storia vera?

La trama rispecchia come sono andate le cose. Certo, alcuni personaggi e alcuni dialoghi sono un po' frutto della penna degli sceneggiatori, ma la dinamica principale è assolutamente quella. È una storia tratta dalla vita di Chiara Lubich, non c'è niente di inventato.

Aprendosi al dolore degli altri e perseguendo un ideale di unità, Chiara affronta un periodo incerto come quello della Seconda Guerra Mondiale. Anche oggi, sebbene per motivi diversi, siamo in preda a grandi insicurezze. In che modo il messaggio di Chiara è attuale?

Credo che questi siano tempi in cui la sua idea di ecumenismo, di tenere tutti insieme per l'obiettivo di una fratellanza universale, si possa prendere in prestito immaginando una sorta di ecumenismo politico che si dia l'obiettivo di superare la crisi sociosanitaria portata dal Covid. Dovremmo farlo tutti insieme, senza distinzioni di lingua, di cultura, di appartenenza religiosa perché è una pandemia che investe in modo orizzontale tutto il mondo e non fa certo distinzioni.

Tua madre è ebrea, tuo padre cattolico. Qual è il tuo rapporto con la fede? Ha influenzato in qualche modo la tua interpretazione?

Ho sviluppato una visione abbastanza personale della religione. Il matrimonio misto dei miei genitori è stato molto felice. Mio padre e mia madre si sono sempre rispettati. Credo di aver preso il buono di questa convivenza, per questo l'idea di Chiara Lubich di mettere insieme tutte le religioni non mi sembrava poi così folle. Avevo un esempio positivo in casa. Però comprendo che non sia stata un'impresa facile per lei. Ha dimostrato forza e intelligenza. Interpretarla di certo mi ha toccato da un punto di vista esistenziale. Da un punto di vista religioso, ho avuto un'educazione cattolica per cui sono entrata in un ambito che conoscevo.

Come ti spieghi che una maestra elementare sia riuscita a creare un movimento che si è diffuso in tutto il mondo?

Parliamo di una sola donna con un'intuizione iniziale che poi è riuscita a coinvolgere un sacco di gente. La cosa più bella di Chiara è la sua straordinaria capacità di coinvolgimento. Faceva sentire ogni persona partecipe di un percorso, di una visione, di un progetto. Credo che questo sia stato il suo punto di forza.

Negli anni c'è anche chi ha lasciato il Movimento dei Focolari perché si sarebbe sentito costretto ad annullare la sua personalità.

Io non ho contezza delle storie a cui fai riferimento e non ho un'esperienza tale da poter commentare. Penso, però, che le scelte individuali valgano sempre. Se alcune persone hanno deciso di cambiare strada e fare altre scelte, benissimo. Il movimento, da quello che ho potuto vedere, lascia libertà pur avendo delle regole, ma questo significa appartenere a una comunità. E ci sta che qualcuno a un certo punto non ne abbia più voglia.

Nella realizzazione del film hai avuto modo di relazionarti con alcuni focolarini. Quale è stata la tua esperienza con loro?

È stata un'esperienza molto bella perché sono andata con loro da una famiglia bisognosa, ho portato dei doni, ci hanno raccontato la loro storia, ho portato amore, quindi è stata anche un'occasione di relazione con persone che magari non avrei mai avuto l'opportunità di contattare in maniera così personale. Eravamo con dei giovani laureandi che con noi portavano dei regali. È stato un bellissimo scambio. Spesso ci chiudiamo nelle solite amicizie, dimenticando quanto sia importante capire e conoscere mondi diversi. Io trovo che questo sia un valore.

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