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La storia vera di Svegliati amore mio, Tognazzi e Izzo: “Una madre ci parlò della figlia malata”

Svegliati amore mio è la miniserie di Canale5 con Sabrina Ferilli nel ruolo di Nanà Santoro. La trama è ispirata alla storia vera di una donna che si è confidata con Ricky Tognazzi e Simona Izzo durante un incontro casuale. I registi, intervistati da Fanpage.it, hanno svelato che rimasero colpiti da quella madre coraggiosa ma anche straziata dal dolore nel vedere la sua bambina di soli 5 anni lottare contro la leucemia. Tognazzi e Izzo hanno rivolto un appello alla donna: “Vorremmo sapere come sta la figlia”.
A cura di Daniela Seclì
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La serie tv Svegliati amore mio è stata accolta con grande affetto. La trama delle tre puntate è ispirata alla storia vera di una donna che si è confidata con Ricky Tognazzi e Simona Izzo. I registi, intervistati da Fanpage.it, hanno raccontato questo incontro avvenuto per caso e hanno svelato come è nato il personaggio di Nanà Santoro. L'idea alla base della miniserie di Canale5 con Sabrina Ferilli è germogliata dalla dolorosa quanto ostinata lotta di una madre per la sua bambina, che a soli cinque anni si è ammalata di leucemia. Oggi, Tognazzi e Izzo, rivolgono un appello a quella donna: "Vorremmo sapere come sta sua figlia".

3.814.000 spettatori hanno seguito la prima puntata di Svegliati amore mio. Come avete accolto questo riscontro?

R.T: Con grande soddisfazione. È la prima volta, in questi ultimi anni, che Mediaset vince la serata con una fiction. Già questo è motivo d'orgoglio. Quasi 4 milioni di persone sono tante. Non è un risultato scontato dato che si affronta un tema non facile. Si parla di realtà tragiche come quelle che si vivono nei pressi di una quarantina di acciaierie sparse in tutta Italia. Industrie che hanno portato prima benessere, lavoro, speranza e poi veleno, morte e disoccupazione. Un tema duro, che però la gente ha seguito con interesse e passione.

Come siete venuti a conoscenza della storia che ha ispirato la trama della miniserie? 

S.I: Un giorno una signora ci è venuta vicino. Stava ripartendo per la Calabria e anche noi eravamo diretti lì. Aveva lasciato la sua bambina di 5 anni, malata di leucemia, all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Nel luogo in cui viveva, non poteva curare la piccola. Questa madre era divisa tra il Bambin Gesù e altri tre figli che aveva lasciato in Calabria.

Cosa ricordate dell'incontro con quella donna? 

S.I: Era straziata. Diceva: "Lascio un pezzo di cuore qui". Una tragedia. Poi ci ha chiesto: "Voi che fate i film e siete cantastorie, vi prego raccontate questa ma non dite chi sono". Da lì ci siamo imbattuti in tante altre storie. Le racconto cosa è successo tre giorni fa. Una signora, A.M. che da sposata fa di cognome Santoro, mi ha contattato per dirmi: "Io ho lo stesso cognome che Nanà ha nel film, ho perso una bimba di 5 anni che si chiama Miriam, ho altre due figlie e una di loro si chiama Sara (come la figlia di Nanà, ndr)". Mi ha raccontato queste coincidenze. Ci sono tanti bambini che lottano con la malattia causata anche dell'inquinamento ambientale, tra cui Marco, che a 11 anni aspetta il midollo per il trapianto. È veramente difficile, purtroppo non tutti vogliono donare il midollo perché fa paura. Invece più doniamo e più salviamo. Una madre poi mi ha detto una frase che non dimenticherò mai: ‘Donate il sangue perché i nostri figli sono spesso sottoposti a trasfusione, per i nostri bambini il sangue è come il latte'.

Siete rimasti in contatto con la donna che ha ispirato la serie?

S.I: Non mi ha mai ricontattato, ma sono certa che lei abbia visto Svegliati amore mio e abbia capito che parlo di lei. Ripenso a quella madre e alla sua bambina. Sta ancora lottando? Non lo saprò mai. Anzi, faccio un appello per sapere come sta.

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Il titolo Svegliati amore mio, non è solo il grido di una madre che incoraggia la figlia a lottare contro la malattia, ma è anche un invito al risveglio delle coscienze.

R.T: Sì, Nanà riesce a risvegliare le coscienze attorno a sé. Questo è l'augurio che ci facciamo tutti, che si esca da questo torpore. Non si parla abbastanza degli operai, delle fabbriche, delle morti sul lavoro che continuano. È un dramma molto serio. Quindi sì, penso che sia ora che si risvegli una coscienza civile.

Come mai avete scelto di ambientare la serie in una località non specificata? C'è chi ritiene sia mancato il coraggio di fare un preciso riferimento al caso dell'Ilva di Taranto.

R.T: Ovviamente siamo informati su quello che avveniva a Taranto. Ambientarla lì sarebbe stato per certi versi anche più realistico. Però, preferivamo puntare i riflettori su un problema che riguarda tutto il Paese, non solo la Puglia. Inoltre, il Covid ci ha precluso la possibilità di girare fuori Roma. Potevamo girare solo nei dintorni o avremmo dovuto rinunciare alla serie.

Nella serie sviscerate il bivio drammatico davanti al quale molte persone in Italia si trovano, scegliere se morire di fame o morire di lavoro.

R.T: È un paradosso terribile. All'interno di una famiglia, si crea questo cortocircuito. Un padre porta a casa la pagnotta avvelenata, una madre si rende conto che la pagnotta è avvelenata ma deve dare da mangiare ai figli. Tutto ciò crea all'interno del microcosmo un conflitto…sanabile? Speriamo di sì.

S.I: Le mamme d'acciaio, io le chiamo così, sono tantissime in Italia e nel mondo. Difendono i loro figli. Non chiedono la chiusura delle aziende, ma la bonifica. Vogliono lavorare in sicurezza. È questo il grande problema di cui bisogna parlare. Non si può accettare che per lavorare si possa morire.

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Prosegue il sodalizio con Sabrina Ferilli. Cosa vi ha spinto a puntare su di lei per il ruolo di Nanà? 

R.T: È la terza volta che lavoriamo con Sabrina (Vite strozzate, L'amore strappato e Svegliati amore mio, ndr). Le miniserie sono avventure, sono burrascose, devi affrontare mari in tempesta in tempi brevi. Avere accanto una combattente come Sabrina è un privilegio. È veramente potenza pura.

Per concludere, Simona ha visto il caos che ha creato con il video in cui dice che la serie narra la storia di una madre che "combatte e vince"? L'hanno accusata di aver spoilerato il finale.

S.I: Certo, ho visto. Ma io ho detto semplicemente che Nanà avrebbe vinto la sua battaglia. Se la vincerà anche la figlia, lo scopriremo vedendo la serie. Il nostro accento lo poniamo sulla speranza che i bambini continuino a correre nel vento quello giusto, quello che viene dal mare, che non porta la diossina. Non spoilero il finale, spoilero la speranza che le fabbriche vengano bonificate.

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