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Nanà di Svegliati amore mio, a chi è ispirato il personaggio di Sabrina Ferilli

Nanà Santoro è la protagonista di Svegliati amore mio. Interpretata da Sabrina Ferilli, lavora come parrucchiera, ma la sua vita viene stravolta dalla diagnosi di leucemia della figlia di soli 12 anni. La malattia sembra essere collegata ai veleni prodotti dall’acciaieria che incombe sul paese. Inizia così la lotta di Nanà che si imbatte in coloro che ogni mese devono decidere se morire di fame o morire di lavoro. A ispirare i registi Simona Izzo e Ricky Tognazzi, una storia vera.
A cura di Daniela Seclì
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Nanà Santoro, personaggio interpretato da Sabrina Ferilli, è la protagonista della serie tv Svegliati amore mio. È una mamma la cui vita viene stravolta dalla malattia della figlia Sara, colpita dalla leucemia. Grazie a una dottoressa, Nanà scopre che la causa potrebbe risiedere nell'inquinamento ambientale provocato dall'acciaieria Ghisal, che incombe sul paese e lo cosparge di velenosa polvere rossa. Così, inizia la sua lotta per la giustizia. Ma quanto c'è di vero nella storia di questa donna coraggiosa? La sua storia è frutto di una confidenza ricevuta dai registi Simona Izzo e Ricky Tognazzi, ma è anche lo specchio del calvario che tanti genitori hanno vissuto e stanno vivendo, costretti a vedere i loro bambini lasciare i giochi e gli amici per affrontare lunghe degenze in ospedale, piccoli guerrieri contro malattie causate dal disastro ambientale agevolato da chi ha avuto a cuore più il denaro che la salute della comunità.

Chi è Nanà Santoro

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Partiamo dal personaggio di Nanà Santoro, interpretato da Sabrina Ferilli. È una parrucchiera che vive in un paesino funestato dalla polvere rossa dell'acciaieria, in cui lavora anche il marito Sergio come operaio. Nanà, che è impiegata nel salone di un'amica, si rimbocca le maniche per guadagnare i soldi necessari per mettersi in proprio. I suoi sogni, però, vanno in frantumi quando scopre che sua figlia Sara ha la leucemia. Mentre la bambina lotta coraggiosamente contro la malattia, Nanà scopre un mondo fatto di genitori piegati dal dolore per i figli scomparsi prematuramente. Comprende che se la malattia si sta insinuando sempre di più in quelle giovani vite, è colpa dei veleni sprigionati dall'acciaieria. Così, dà il via a una lotta contro il mostro.

Ispirata a una storia realmente accaduta

Come Simona Izzo e Ricky Tognazzi hanno spiegato, il personaggio di Nanà nasce da una storia vera. I due registi hanno avuto modo di incontrare una donna, che ha raccontato loro il dramma vissuto in famiglia. La persona in questione ha preferito mantenere l'anonimato. Tognazzi ha fatto sapere che è del Sud, ma ha evitato di specificare se sia originaria di Taranto. Di certo, vive in uno dei luoghi d'Italia in cui si trova un'azienda siderurgica. La storia che la donna ha confidato ai registi e agli sceneggiatori, ritrae in principio una famiglia felice. Poi il racconto si fa doloroso. La famiglia naviga nel mare funesto della malattia e del rischio della disoccupazione. Infine, riesce a raggiungere un porto sicuro e a riconquistare la serenità.

La terribile scelta tra morire di fame o di lavoro

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Simona Izzo e Ricky Tognazzi, dopo avere ascoltato la vicenda di quella donna, hanno deciso di puntare i riflettori sul dramma di chi è costretto a scegliere, come si dice anche nella serie, "tra morire di fame o di lavoro". Hanno riconosciuto l'urgenza di sensibilizzare su un tema come quello dell'inquinamento ambientale, si sono confrontati con i medici che ogni giorno curano adulti e bambini devastati dalle malattie causate dai veleni degli impianti industriali, hanno ascoltato la voce delle associazioni che si schierano accanto a chi si sente costretto ad accettare un lavoro necessario per permettere ai propri figli di mangiare, ma anche in grado di avvelenarli lentamente. Tognazzi e Izzo raccontano quella vergognosa dicotomia – che mai dovrebbe esistere – tra diritto alla salute e diritto al lavoro, che si instaura quando in nome del denaro si getta un'ombra venefica su un intero Paese.

Perché la serie non è ambientata a Taranto

Quando si parla di disastro ambientale, il caso che viene subito alla mente è quello dell'Ilva di Taranto. Ha sorpreso molti, il fatto che la serie sia stata girata a Roma e la trama ambientata in un paese del Sud non meglio precisato. I registi hanno spiegato il motivo. Il problema dell'inquinamento ambientale e delle conseguenti malattie anche tra i giovanissimi, non è limitato alla Puglia, ma è ormai un dramma di portata mondiale. Non era loro intenzione puntare il dito contro un'azienda specifica, ma favorire un risveglio delle coscienze: "Il dato che più ci ha sconvolti, è stato scoprire che l’incidenza dei tumori infantili in prossimità di un’azienda siderurgica, è superiore al 30% rispetto alla media nazionale". Infine, Simona Izzo e Ricky Tognazzi hanno spiegato perché hanno deciso di ambientare la trama nel 2002: "Erano anni in cui non si aveva ancora la totale contezza di quanto potessero essere letali le polveri emesse dalle aziende siderurgiche. All’epoca, nessuno ancora perseguiva i colpevoli, sebbene alcuni operassero in aperto contrasto con le norme, già vigenti, sulle emissioni provocate dagli impianti industriali".

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