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La storia di Giorgio Ambrosoli: “Pagherò a caro prezzo, ma non ho paura. Lo farò per il Paese”

La docufiction di Rai1 ‘Giorgio Ambrosoli – Il prezzo del coraggio’ ripercorre con Alessio Boni la storia dell’avvocato assassinato l’11 luglio del 1979. Nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, non ebbe paura di affrontare un sistema finanziario corrotto pur di restituire ai piccoli risparmiatori il denaro perso.
A cura di Daniela Seclì
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Rai1 ripercorre la storia eroica di Giorgio Ambrosoli nella docufiction con Alessio BoniIl prezzo del coraggio‘. Nel 1974, l'avvocato venne nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Le istituzioni lo lasciarono solo mentre tentava di difendere gli interessi dei piccoli risparmiatori contro un sistema finanziario corrotto e aggrovigliato con la politica. L'11 luglio 1979 venne assassinato con quattro colpi di pistola. Questa è la sua storia.

Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana

Il 25 settembre del 1974, il Governatore della Banca d'Italia Guido Carli, affidò un importante incarico all'avvocato Giorgio Ambrosoli. La Banca Privata Italiana di Michele Sindona era fallita e Ambrosoli era stato nominato commissario liquidatore. Per l'avvocato quel compito diventò una vera e propria missione. Era pronto a fare tutto ciò che era in suo potere per evitare che i piccoli risparmiatori vedessero andare in fumo i soldi accumulati con grandi sacrifici. Anche la Guardia di Finanza fu chiamata a indagare sulle ombre che caratterizzavano l'impero economico di Sindona e fu così, che Ambrosoli conobbe il maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre, suo braccio destro in questa pericolosa missione.

Sindona scappa, i legami con politica e Vaticano

Michele Sindona venne accusato di “falsità in scritture contabili, false comunicazioni e illegale ripartizione degli utili”. Mentre cresceva la tensione tra i risparmiatori, che non potevano più prelevare dai loro conti, il finanziere riuscì a sfuggire alla giustizia italiana, andando a vivere in un lussuoso hotel di New York. Venne avanzata una richiesta di estradizione, mentre Sindona si difendeva ammettendo solo errori tecnici ma assicurando di non avere mai commesso dei reati. Dalle indagini sul suo conto, intanto, emerse che il potente uomo d'affari avrebbe finanziato la Democrazia Cristiana e aperto una serie di conti sui quali ogni mese veniva accreditata una somma per il partito. Quando avvenne il crack, anche il Vaticano chiese di essere rimborsato per i soldi investiti nelle banche di Sindona, ma Ambrosoli si rifiutò di ammettere lo IOR tra i creditori. Marco Magnani, dirigente della Banca d'Italia, ha spiegato: "Lo Ior, come altri istituti e persone, vengono esclusi dai rimborsi perché considerati dei soci di Sindona e quindi non meritevoli di essere rimborsati". 

Michele Sindona
Michele Sindona

Ambrosoli vittima di pressioni e minacce

Ambrosoli era cosciente di essersi messo contro un uomo molto potente. Una volta assunto l'incarico di commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, infatti, non mancarono tentativi di corruzione, minacce e denunce fatte al solo scopo di demolire l'immagine dell'avvocato. Le istituzioni mantennero il silenzio anche quando lo stesso Sindona, in un'intervista, denigrò Ambrosoli. Lasciato solo a combattere mentre le minacce di morte si moltiplicavano, decise di percorrere il sentiero della sua missione fino in fondo. Non ebbe paura di respingere il piano di salvataggio proposto da Sindona, che mirava a scaricare i costi del fallimento sui contribuenti e che era sostenuto anche da persone autorevoli come Giulio Andreotti.

11 luglio 1979 – L'omicidio di Giorgio Ambrosoli

Un uomo coraggioso e con un forte senso della giustizia come Ambrosoli, non poteva essere messo a tacere con proposte di avanzamento di carriera o con minacce di morte. Così, decisero di segnare l'epilogo della sua storia con una 357 magnum. Era l'11 luglio del 1979. Giorgio Ambrosoli andò a cena con degli amici, poi raggiunsero tutti insieme l'appartamento dell'avvocato per vedere una partita. A fine serata, Ambrosoli ha accompagnato fuori i suoi ospiti, poi ha posteggiato l'auto vicino casa. Un uomo, William Joseph Aricò, lo chiamò ed esplose contro di lui quattro colpi di pistola.

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L'assenza delle istituzioni e le parole di Giulio Andreotti

Nel giorno dei funerali di Giorgio Ambrosoli, l'assenza dei rappresentanti del Governo fece molto rumore. Colpirono le dichiarazioni rilasciate nel 2009 da Giulio Andreotti nel corso di un'intervista al programma ‘La storia siamo noi': "Perché Ambrosoli è stato ucciso? Questo è molto difficile, io non voglio sostituirmi né alla polizia, né ai giudici. Certo era una persona che, in termini romaneschi, direi che se l'andava cercando".

Michele Sindona, la condanna all'ergastolo e la morte

Michele Sindona è stato estradato in Italia. Nel 1986 è stato condannato all'ergastolo come mandante dell'omicidio di Giorgio Ambrosoli. Due giorni dopo la sentenza, il finanziere bevve un caffè al cianuro. Si è spento il 22 marzo di quello stesso anno, dopo un'agonia durata due giorni. Intanto, grazie all'operato di Giorgio Ambrosoli, i creditori della Banca Privata Italiana vennero rimborsati.

La lettera che Ambrosoli scrisse alla moglie Annalori

Al fianco di Ambrosoli, durante la sua battaglia, c'è sempre stata la moglie Annalori Gorla e i figli Francesca, nata nel 1968, Filippo, nato nel 1969 e Umberto nato nel 1971. Nel 1975, l'avvocato scrisse la seguente lettera alla moglie:

"Anna carissima, è il 25.2.1975 e sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I. (Banca Privata Italiana) atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. Non ho timori per me perché non vedo possibili altro che pressioni per farmi sostituire, ma è certo che faccende alla Verzotto e il fatto stesso di dover trattare con gente di ogni colore e risma non tranquillizza affatto. È indubbio che, in ogni caso, pagherò a molto caro prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. […] Con l’incarico, ho avuto in mano un potere enorme e discrezionale al massimo ed ho sempre operato – ne ho la piena coscienza – solo nell’interesse del paese, creandomi ovviamente solo nemici perché tutti quelli che hanno per mio merito avuto quanto loro spettava non sono certo riconoscenti perché credono di aver avuto solo quello che a loro spettava: ed hanno ragione, anche se, non fossi stato io, avrebbero recuperato i loro averi parecchi mesi dopo. I nemici comunque non aiutano, e cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria, e purtroppo, quando devi firmare centinaia di lettere al giorno, puoi anche firmare fesserie.  Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e sono certo saprai fare benissimo. Dovrai tu allevare i ragazzi e crescerli nel rispetto di quei valori nei quali noi abbiamo creduto […] Abbiano coscienza dei loro doveri verso se stessi, verso la famiglia nel senso trascendente che io ho, verso il paese, si chiami Italia o si chiami Europa. Riuscirai benissimo, ne sono certo, perché sei molto brava e perché i ragazzi sono uno meglio dell’altro […] Sarà per te una vita dura, ma sei una ragazza talmente brava che te la caverai sempre e farai come sempre il tuo dovere costi quello che costi".

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