La sorella di Lisa Fusco: “Daniela Del Secco d’Aragona non è marchesa, vendeva creme per calli in tv”
Anna, sorella di Lisa Fusco, ha sollevato pubblicamente un gran numero di interrogativi circa l’identità della marchesa Daniela del Secco d’Aragona. “Non è una marchesa, il titolo se lo è auto attribuito. Vendeva creme per calli sulle reti laziali” ha attaccato la giovane, piccata in seguito a quelle che ritiene siano state delle mancanze di rispetto nei confronti della sorella. In effetti, la storia della marchesa d’Aragona è singolare e, secondo Dagospia, fantasiosa al punto giusto.
Chi è davvero la marchesa d’Aragona
Nata a Roma nel 1951, Daniela del Secco si iscrive all’ordine dei giornalisti e collabora attivamente con numerose testate negli anni 90. Sempre in quegli anni realizza alcune televendite per una televisione privata romana dove si presenta semplicemente come “Daniela Del Secco”. In tv sponsorizza prodotti cosmetici sfruttando la sua esperienza di ex estetista (sebbene lei si definisca estetologa). La popolarità arriva qualche anno più tardi, quando Daniela comincia a frequentare i più blasonati salotti televisivi fregiandosi del suo titolo nobiliare. È Pechino Express che fiuta il personaggio e la trasforma nella singolare esponente della vecchia nobiltà che il pubblico ha imparato a conoscere.
La storia del titolo nobiliare
La storia del suo titolo nobiliare vantato dalla marchesa è ancor più singolare. Non esisterebbe alcuna famiglia nobile italiana corrispondente al nome di “Del Secco d’Aragona”. Sull’Albo d’Oro è possibile ritrovare, invece, i Secco d’Aragona, stirpe milanese alla quale Daniela non apparterrebbe. Semplicemente, avrebbe sfruttato le similitudini tra i nomi in questione per confezionare il suo personaggio. Pare che la nobiltà italiana, quella vera, sia consapevole da sempre della maschera sfoggiata dalla marchesa, che si spaccerebbe per un’aristocratica pur senza averne titolo. I “pari” avrebbe preciso di chiudere un occhio, probabilmente travolti dalla simpatia del personaggio, salvo poi sussurrare la vera storia della marchesa di orecchio in orecchio al fine di ristabilire quanto di vero ci sia – poco, a giudicare da quanto emerso – in questa storia.