La rivoluzione di Simona Ventura, regina e martire della Rai
Simona Ventura ammette che le piacerebbe rifare Quelli che il calcio su Cielo, o qualcosa di equivalente, se Sky ne acquisisse i diritti. Simona Ventura rimpiange gli anni della Rai, quando si faceva sperimentazione, quando la concorrenza con Mediaset si sentiva davvero e si faceva di tutto per produrre qualità. Ma si starà parlando della persona che conoscono tutti o è un caso di omonimia molto particolare? Il soggetto è quello che ha avuto l'idea luminare di presentare per cinque o sei stagioni che siano un programma di innovazione come un format straniero che contempla di mandare dei non più famosi, bramosi di "famosìa", su un'isola deserta per metterli a dieta?
Ci riferiamo a colei che ha avuto l'intuizione di battezzare televisivamente Dj Francesco rendendolo abile a sentirsi in diritto d'essere un presentatore? Stiamo parlando della stessa persona capace, nonostante Gene Gnocchi e Maurizio Crozza, di mettere in piedi un Sanremo che più che brutto risultò incomprensibile perché senza cantanti? E ancora: si tratta proprio di Simona Ventura, migrata a Sky per tornare a fare esperimenti televisivi che, per ora, consistono nell'aver sperimentato le nuove poltrone che, lo scorso autunno, il "rivoluzionario" Xfactor di Sky ha messo a disposizione dei suoi giudici? Nel prossimo autunno, pensate, è previsto si lanci nell'impervia impresa di testare se le poltrone siano le stesse, oppure no.
Francamente si prova un certo fastidio nei suoi confronti, è un fastidio che nasce dall'illusione di averla creduta diversa. La strada di Simona Ventura è stata segnata per anni da collaborazioni di qualità, il piglio intelligente di una donna capace a sposare progetti televisivi che guardassero oltre l'ascolto come unico obiettivo, senza però dissociarsene nei risultati finali. Gli anni con la Gialappa's, gli inizi con la carovana di Zelig, facciamo cabaret, quando era ancora in seconda serata. E poi, ancora a Mediaset, ottime cose come Matricole, affiancata da diversi partner. Il passaggio in Rai la mise a dura prova, costretta a prendere lo scettro di un programma, Quelli che il calcio, che era ben rodato. Lei si è scelta la compagnia giusta, riproponendo per alcuni anni momenti molto gradevoli.
Non si sa quando si sia verificata l'inversione di tendenza, fatto sta che d'improvviso la Ventura si sia sottomessa a logiche che non decidessero più di veicolare il gradimento del pubblico verso mari lieti (sarebbe il dovere di chiunque faccia televisione), bensì di accomodarsi pienamente su un trend, apponendo su ogni cosa il marchio di qualità della sua faccia importante. Poi, d'improvviso, a giugno 2011 decide di schierarsi contro la Rai politicizzata che ti impedisce di lavorare. Il culmine di questo processo di disinfestazione della propria immagine è stata l'intervista a Servizio Pubblico, luogo simbolicamente avverso alle sorti recenti della Rai.
Quello che Simona Ventura dovrebbe capire è che il disappunto del pubblico che non paga il canone non viene dall'ultimo anno di Rai, dalle vicende più recenti: la degenerazione dell'azienda comincia in una data molto lontana, comprendendo un lasso di tempo che tiene conto, almeno, dell'ultimo decennio. Decennio di cui, lei, è stata regina indiscussa. Ha partecipato attivamente, accettando le condizioni in gioco, lanciandosi in un gesto di apparente ribellione quando troppi anni erano passati. Onestamente, e lo si dice a malincuore, lei non ce ne voglia, in questo nuovo ruolo indipendente non ha troppa credibilità. L'impressione è che adesso se lo possa semplicemente permettere: ma l'indipendenza si rincorre e si professa soprattutto quando non se ne possiede.
E soprattutto, se lei rivendica, come nel video, di aver difeso strenuamente delle idee, potremmo discutere apertamente della qualità di queste idee…