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La Rai dice basta al Blackface, rivoluzione a Tale e Quale Show dopo le accuse di razzismo

Il programma di Carlo Conti è stato accusato di promuovere il Blackface, un’antica consuetudine razzista che vede artisti bianchi truccati e travestiti per sembrare neri. La Rai si impegna oggi a evitare nuovi casi: per questo motivo, a Tale e Quale Show non dovrebbero più apparire imitazioni di artisti come Whitney Houston o Louis Armstrong.
A cura di Valeria Morini
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Svolta rivoluzionaria per la Rai e in particolare per Tale e Quale Show, in cui nel futuro non dovremmo più vedere concorrenti truccati da artisti di colore (o almeno, non come li abbiamo visti finora). La consuetudine molto comune nello show di Carlo Conti sarà abbandonata dopo alcune accuse contro il programma, che avevano parlato esplicitamente di "Blackface", una pratica razzista in cui bianchi si truccano da neri che cercano di accentuarne le caratteristiche fisiche e vocali. La Rai si è impegnata a evitare ulteriori situazioni di questo tipo, nel rispetto delle varie etnie e culture.

Le proteste contro Tale e Quale Show

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Fu in particolare Ghali a lamentarsi, quando Sergio Muniz vestì i suoi panni nella stagione 2020 di Tale e Quale Show (il cantante era stato imitato anche da Vladimir Luxuria): "Non c’è bisogno di fare il Blackface per imitare me o altri artisti. Non mi sono offeso, davvero. Ma nemmeno ho riso". Già in precedenza, comunque, il programma aveva sollevato critiche, per esempio quando Roberta Bonanno fu presa di mira per la sua imitazione di Beyoncé. Nelle dieci edizioni del programma di Rai1, sono tantissimi gli artisti afroamericani o afrobritannici imitati, da Stevie Wonder a Louis Armstrong, da Michael Jackson a Nat King e Natalie Cole, da Gloria Gaynor a Whitney Houston e Tina Turner.

L'annuncio della Rai

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Dopo il caso delle proteste di Ghali, a gennaio alle autorità della Rai e allo stesso Conti era stata inviata la lettera “Invito ad abbandonare la pratica del Blackface dalle trasmissioni di intrattenimento del servizio televisivo pubblico“, sottoscritta da diverse associazioni anti-razziste (Lunaria, #Italianisenzacittadinanza, Cospe, Arci e Il Razzismo è una brutta storia). Questa la risposta dell'azienda pubblica.

Nel merito della vicenda per la quale ci avete scritto, diciamo subito che assumiamo l’impegno – per quanto è in nostro potere – a evitare che essa possa ripetersi sugli schermi Rai. Ci faremo anzi portavoce delle vostre istanze presso il vertice aziendale e presso le direzioni che svolgono un ruolo nodale di coordinamento perché le vostre osservazioni sulla pratica del Blackface diventino consapevolezza diffusa.

Cos'è il Blackface

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Con Blackface si intende un fenomeno ben preciso nato nato nell'800: è uno stile di makeup teatrale con il quale artisti bianchi si truccavano in modo da assumere le sembianze stilizzate e stereotipate di una persona nera. Nonostante fosse chiaramente utilizzato per evidenziare alcuni archetipi del razzismo americano (come quello dell'happy-go-lucky Darky delle piantagioni), fu una tradizione molto comune nel teatro americano e prese piede anche in Europa, utilizzata soprattutto nei Minstrel show. I bianchi si truccavano il volto di nero con sughero bruciato, cerone scuro o lucido per scarpe, portando spesso frac o abiti da straccione, producendo caricature che hanno contribuito a diffondere e a far radicare immagini e atteggiamenti razzisti (paradossalmente, persino alcuni attori neri recitarono in Blackface). Esisteva anche un genere musicale, la coon song, in cui l'artista nero veniva presentato con derisione, come un dandy impacciato. La consuetudine si estese poi in parte al cinema: il primo film sonoro di sempre, Il cantante di jazz, vedeva l'attore Al Jolson nei panni di un ragazzo bianco che si dipinge la faccia di nero per diventare jazzista, e attori come Bing Crosby e Judy Garland recitarono in blackface, senza dimenticare il caso di "Nascita di una nazione", film spartiacque del periodo muto ma certamente pervaso di un messaggio razzista. Oggi il Blackface e la cosiddetta iconografia "darky" sono un tabù negli Stati Uniti ma non mancano controversie in Europa, dove personaggi folkloristici come l'olandese Zwarte Piet sono oggetto di discussioni.

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