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L’ultima intervista di Carlo Petrini a Le Iene [VIDEO]

Nell’ultima intervista concessa alla Iene qualche mese prima della sua morte avvenuta il 16 aprile di quest’anno, l’ex calciatore Carlo Petrini denunciava l’utilizzo di sostanze dopanti nel mondo del calcio. Oggi, quando ormai sul mondo del pallone infuria la polemica anche a causa della morte di Morosini, la trasmissione di Italia 1 ripropone quel momento.
A cura di Stefania Rocco
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Nell’ultima intervista concessa alla Iene qualche mese prima della sua morte avvenuta il 16 aprile di quest’anno, l’ex calciatore Carlo Petrini denunciava l’utilizzo di sostanze dopanti

La morte di Carlo Petrini sarà stata certamente una liberazione per tutti quelli hanno a lungo cercato di ridurlo al silenzio, preoccupati che le poltrone sotto di loro potessero tremare e trascinarli nel fango, scosse dalle rivelazioni dell’ex calciatore. L’uomo, la cui morte è quasi passata sotto silenzio perché avvenuta in concomitanza con la tragedia di Piermario Morosini, denunciò l’obbligo di assumere sostanze dopanti da parte dei calciatori. Poco prima di morire, condannato alla cecità da un terribile glaucoma e alla morte certa da tumori ormai sparsi al cervello, ai polmoni, al rene e al colon, l’ex sportivo ha deciso di rilasciare un’intervista alle Iene, l’ultima che lo mostra in tv, per tornare sull’argomento che più gli sta a cuore e contro cui si è battuto fin da quando, nel 2000, pubblicò la sua autobiografia Nel fango del dio pallone, il primo libro in cui raccontava a chiare lettere la sua vita vissuta in funzione dello sport e il rapporto che per anni l’ha vincolato ad assumere sostanze che gli hanno rovinato la salute, pur garantendogli una resa impeccabile sul campo.

Petrini svela tutto: dai medici che lo rassicuravano sull’origine delle sostanze da lui assunte  alla sua ignoranza in materia che lo ha spinto a credere alle parole dei sanitari, fidandosi ciecamente di loro anche se, in cuor suo, si era già accorto che qualcosa non andava. Queste presunte sostanze dopanti, anfetamine e punture varie, gli venivano iniettate poco prima delle gare, trasformando la sua resistenza in un cumulo di energia difficile da arginare. Petrini attribuisce le terribili malattie che l’hanno colpito proprio a quanto ha assunto in quel periodo della sua vita e si autodefinisce carne da macello, un ragazzino di appena vent’anni la cui salute non interessava a nessuno. Oggi è morto ma le sue parole continuano a rimanere sospese come una spada di Damocle sul capo dei potenti del calcio affinchè siano gli stessi sportivi a invocare controlli maggiori.

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